A Bruxelles si è costituito il “Forum di Alto Livello per un migliore funzionamento della filiera agroalimentare” , che si occupera anche delle relazioni contrattuali “business to business” per individuare le pratiche abusive applicate dalla grande distribuzione organizzata (GDO) nei confronti dei propri fornitori.
Il “Coordinamento europeo Via Campesina” (un organismo che dal 2008 raggruppa le organizzazioni europee degli operatori dell’agricoltura) ha appena tenuto la sua Assemblea Generale nella quale sono state messe a punto alcune strategie comuni per lo sviluppo di una politica agricola e alimentare sostenibile in Europa.
Gli oltre 40 delegati nazionali e regionali hanno ribadito la necessità di una nuova Politica Agricola Comune ispirata ai principi della sovranità alimentare, in contrasto con la Pac attuale che privilegia la competitività internazionale.
La liberalizzazione agricola pone i contadini europei in concorrenza con i paesi con costi di produzione più bassi ed enormi differenze salariali. Il valore aggiunto del lavoro agricolo continua a finire nelle casse dell’industria agro-alimentare e della grande distribuzione, a danno dei produttori e dei consumatori.
La priorità data alle esportazioni, resa possibile grazie alle sovvenzioni all’export, porta benefici ai marchi multinazionali agroalimentari e danneggia l’accesso dei contadini del sud del mondo ai loro stessi mercati.
Obiettivo principale del Coordinamento europeo Via Campesina è la battaglia per politiche alimentari più legali, giuste, solidali e durevoli, necessarie in Europa per rispondere alle esigenze di sicurezza, sanità pubblica, di impiego nel mondo agricolo e per affrontare la crisi alimentare globale e il riscaldamento climatico. Al centro del programma c’è lo sviluppo di un’agricoltura legata al territorio e l’applicazione della sovranità alimentare nel quadro di una nuova Pac in linea con quanto evidenziato anche dal Parlamento europeo.
I “campesinos” europei chiedono che la Commissione lavori a fianco degli Stati membri per identificare e combattere le pratiche sleali, grazie alla definizione di idonee procedure e metodi di controllo.
Quanto alle pratiche da vietare e sanzionare, l’organizzazione ne elenca diversi tipi:
a) pratiche con impatto diretto sul prezzo di acquisto (presso il fornitore):
– acquisti sottocosto (il valore delle produzioni deve essere riconosciuto come già evidenziato anche da Ilfattoalimentare.it)
– aste (anche informatiche) tra i fornitori gestite con opacità e asimmetrica informazione per realizzare ribassi esagerati;
– modifiche della destinazione commerciale dei prodotti
b) pratiche con impatto indiretto sul prezzo di acquisto:
– richiesta o imposizione di pagamenti “atipici” (ad esempio i “listing fee”, cioè somme pretese per inserire o mantenere un prodotto sugli scaffali dei supermercati e “sconti fuori fattura” imposti in via arbitraria, anche a distanza di anno dopo le consegne);
– rigetto delle merci, senza ragione giustificabile, come pretesto per rinegoziarne il prezzo,
– onerosi requisiti di certificazione per i prodotti agricoli (es. Global-GAP);
– imposizione di fornire dettagli sui prezzi e sulle condizioni offerte dagli altri distributori;
– imposizione al fornitore di negoziare con intermediari che definiscono solo alcune delle condizioni di fornitura (es. prezzo) vincolanti per valutare gli altri elementi dell’accordo (es. quantità, contributi “atipici”, termini di pagamento).
Il Coordinamento europeo via Campesina chiede alla Commissione di introdurre regole affinché la grande distribuzione non possa distorcere la concorrenza a discapito dei fornitori e dei consumatori ricorrendo a ritardi dei pagamenti, modifiche unilaterali dei contratti, imposizione di sconti, rivendite sottocosto, pretese di quantitativi eccessivamente ampi di forniture o di compensi ingiustificati per l’inclusione nei listini.
Si chiede alla Commissione di valutare se e quanto le centrali e super-centrali di acquisto e il ricorso alle private label (i prodotti a marchio del distributore) possano condurre a fenomeni di concorrenza sleale e a una pressione verso i fornitori finalizzate ad ottenere una riduzione dei prezzi.
L’organizzazione campesina europea sottolinea la necessità di introdurre termini massimi di pagamento delle derrate alimentari, e di sanzionare le pratiche sleali .
Infine, il distributore dovrebbe gestire i prodotti a scaffale – che si tratti di private label o meno – con criteri predeterminati, obiettivi e non discriminatori.
I risvolti di questa situazione ricadono anche sui consumatori con una tendenza a livellare verso il basso la qualità dei prodotti e con una sensibile riduzione dell’offerta.
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(*) Il «Coordinamento Europeo Via Campesina» è stato costituito nel luglio 2008 per rappresentare le organizzazioni già riunite nella «Coordination Paysanne Européenne» (CPE-1986/2008, http://www.cpefarmers.org) e le altre associazioni di produttori locali e dei lavoratori in agricoltura in Spagna, Danimarca, Svizzera, Italia, Grecia, Turchia.
Tra le iniziative dell’Organizzazione se ne segnala una sviluppata proprio in Italia, per i diritti dei lavoratori stagionali in agricoltura: i “black men in black” di cui tutti hanno perso memoria dopo i tragici episodi di Rosarno a inizio del 2010 (http://www.eurovia.org/spip.php?article283).
Avvocato, giornalista. Twitter: @ItalyFoodTrade