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I consumatori europei sono preoccupati per l’aumento dei prezzi dei generi alimentari, attribuiti in gran parte alla guerra in Ucraina, e stanno cambiando sia le proprie convinzioni che i propri comportamenti, facendo molta più attenzione di prima a cosa acquistano e cercando di risparmiare come possono. La fotografia di un continente preoccupato, quando non traumatizzato, deriva dalla rilevazione Changes in food behaviour in times of crisis, seguito di un’indagine effettuata nel 2020 per valutare le conseguenze della crisi del Covid, e condotta su 5mila cittadini di dieci stati, con la collaborazione di diversi centri di ricerca, sotto il coordinamento dll’Università di Aarhus, in Danimarca.

Più di un intervistato su due (il 54%) pensa che la responsabilità dell’aumento dei prezzi sia dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia e che il sistema alimentare sia diventato più fragile (55%). Secondo percentuali analoghe, gli alimenti che hanno subito i maggiori aumenti sono la carne rossa (55%), il pesce (52%) e i formaggi e i latticini (51%) e per questo quasi quattro europei su dieci (il 37%) affermano di aver acquistato proprio meno carne, per cercare di tenere i conti sotto controllo, mentre un terzo (il 33%) confessa di aver diminuito gli acquisti di pesce e pollo, ma anche frutta e verdura. C’è quindi una diminuzione della quantità di alimenti pregiati acquistati, fatto che di per sé non sarebbe preoccupante, visto che in media gli abitanti dei paesi più sviluppati assumono calorie in eccesso rispetto al fabbisogno giornaliero, lottando poi con sovrappeso e obesità.

Secondo metà dei consumatori, gli alimenti che hanno subito i maggiori aumenti sono la carne, il pesce e i latticini

Se si prosegue nella lettura, tuttavia, si nota che probabilmente si è verificato uno scadimento della qualità delle calorie: un terzo degli intervistati ha infatti dichiarato di cercare gli stessi prodotti di prima, ma con marchi più economici, o in negozi più convenienti rispetto a quelli abituali, fatto che spiega la notevole crescita dei discount e in generale della GDO di fascia più bassa. Che sia così, del resto, lo si vede anche da un altro tipo di comportamento: un europeo su due (il 52%) ora controlla attentamente i prezzi decisamente più spesso di quanto non facesse prima delle crisi ucraina e pandemica, confronta prodotti simili, chiede di vedere (quando possibile) il cibo che acquista per verificarne lo stato, e quattro su dieci acquistano meno di prima in modo non programmato e casuale, per ridurre lo spreco.

Siccome questo tipo di comportamenti facilmente diventa un’abitudine, è probabile che anche nei prossimi mesi e anni la maggiore attenzione sia destinata a perdurare, soprattutto se il cambiamento sarà sostenuto e incoraggiato a livello politico. Anche perché il 53% degli intervistati si dice fortemente preoccupato per il futuro e per gli effetti sulle scorte alimentari determinati dalla guerra, a causa del ruolo fondamentale che Russia e Ucraina hanno nel sistema globale delle filiere alimentari. Gli europei, comunque, sono anche convinti (nel 48% dei casi) che ci sia stata una forte speculazione da parte di chi produce e vende cibo, che avrebbe approfittato della situazione per introdurre rincari spesso non giustificati, almeno nelle dimensioni attuali.

Secondo il 48% dei consumatori c’è stata anche una forte speculazione da parte di chi produce e vende cibo

Secondo Andy Zynga, Ceo di EIT Food, l’Istituto europeo per l’Innovazione e la tecnologia cofondato dalla UE, che ha partecipato all’indagine, “Abbiamo urgentemente bisogno di scalare e sostenere le innovazioni, per affrontare i problemi delle catene di approvvigionamento e garantire che si produca abbastanza cibo nutriente a prezzi accessibili per tutti; tuttavia, dobbiamo farlo in modo sostenibile, equo ed efficiente. Per affrontare e prevenire le sfide future, dobbiamo costruire un sistema che ponga al centro soluzioni resilienti, a prova di futuro e a costi accettabili”. Secondo Klaus G. Grunert, docente di marketing, coordinatore del progetti dell’Università di Aarhus “È anche importante che i responsabili politici continuino a migliorare i significativi progressi compiuti dai consumatori nel compiere scelte alimentari più consapevoli, sane e sostenibili, mentre affrontiamo le crescenti sfide dell’obesità e della sostenibilità”.

© Riproduzione riservata Foto: AdobeStock, iStock, Depositphotos

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Gina
Gina
14 Gennaio 2023 06:50

I consumatori europei sono preoccupati per l insensata guerra tra Russia Ucraina che potrebbe portare ad un escalation del conflitto,per i prezzi speculativi che ne derivano dalla stessa e che oramai si impongono incombenti sui loro acquisti ,per i cambiamenti climatici che stanno già mettendo in serio pericolo la salute di milioni di persone nel mondo ,l per a crisi idrica che sta già mettendo in ginocchio l agricoltura ,e se infine ,in questo quadro alquanto inquietante ,aggiungiamo un sistema nazionale e sanitario andato completamente in tilt per carenza di medici e infermieri nei pronto soccorso o negli ospedali …be’ c’ è da stare sicuramente tranquilli e sereni che i governanti europei e del mondo li risolveranno in breve tempo …

Umberto
Umberto
28 Gennaio 2023 15:18

C’è molta speculazione perché ad esempio non si capisce come ora il prezzo del grano sia diminuito di molto ed i prezzi di pasta e pane siano rimasti invariati e anzi in alcuni casi aumentati a dismisura. Purtroppo non c’è nessun organo competente che possa controllare e limitare questi danni nei nostri confronti. Siamo in balia di pochi. Complimenti ai nostri politici che invece di fare il bene dei Cittadini….pensano a ben altro e l’unica nostra arma per difenderci da chi non ci difende forse é rimasto il voto, che scomparirà di sicuro.