La strada verso un sistema alimentare più sostenibile passa anche dal recupero e dalla valorizzazione degli scarti di produzione, come il pastazzo, cioè le bucce e i residui di polpa prodotti dall’industria dei succhi e delle spremute di arancia. E proprio il pastazzo è finito al centro delle ricerche dell’Istituto per la bioeconomia (Ibe) e dell’Istituto per lo studio dei materiali nanostrutturati (Ismn) del Cnr, che hanno sviluppato un nuovo metodo per estrarre da questo scarto oli essenziali, polifenoli antiossidanti e pectina.
Nello studio, pubblicato sulla rivista scientifica Processes, una soluzione di acqua e pastazzo è stata sottoposta a un processo chiamato cavitazione idrodinamica. Questa tecnica sfrutta variazioni di pressione capaci di formare in un liquido a una temperatura inferiore a quella di ebollizione delle bolle di vapore, che poi implodono. Al momento del collasso, in queste bolle si creano degli hot spot estremamente reattivi, con temperature localmente elevatissime, onde di pressione e getti idraulici. Tutto ciò, spiega Francesco Meneguzzo dell’Ibe-Cnr, è in grado di “intensificare una serie di processi fisici, chimici e biochimici, in modo efficiente e ‘verde’”, quindi senza l’uso di alcun solvente chimico.
“L’esperienza col pastazzo d’arancia conferma che i metodi di estrazione di composti bioattivi basati su processi di cavitazione idrodinamica si stanno dimostrando i più efficienti, rapidi ed economici. – afferma sempre Meneguzzo, che spiega come “Un ulteriore valore aggiunto del processo utilizzato è che consente di preservare interamente la struttura e la funzionalità dei composti bioattivi, come i polifenoli e la pectina.”
Lo smaltimento degli scarti della produzione del succo di arancia è costoso, e fino ad oggi il pastazzo è stato poco valorizzato dall’industria. Con questo metodo, invece, si possono recuperare sostanze che hanno un grande valore alimentare, nutrizionale e farmaceutico. I residui del processo di cavitazione, ricchi di cellulosa ed emicellulosa, una volta polverizzati, possono poi essere avviati alla produzione di biometano.
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Giornalista professionista, redattrice de Il Fatto Alimentare. Biologa, con un master in Alimentazione e dietetica applicata. Scrive principalmente di alimentazione, etichette, sostenibilità e sicurezza alimentare. Gestisce i richiami alimentari e il ‘servizio alert’.