La Corte di giustizia dell’Unione Europea ha condannato la Repubblica Italiana per avere mantenuto una legislazione nazionale che garantisce ai consumatori la possibilità di distinguere il “cioccolato puro” – cioè realizzato con il solo burro di cacao – rispetto ad altri cioccolati di minor pregio, prodotti con grassi vegetali tropicali diversi dal burro di cacao.

Per comprendere la vicenda è necessario fare un passo indietro: il cioccolato è sempre stato prodotto lavorando le fave di cacao, come appare logico e naturale. Così, quando nel 1973 il legislatore europeo per la prima volta ne disciplinarnò la produzione, fu previsto che il cioccolato potesse venire creato solo con il burro di cacao.

Tuttavia, quando l’Inghilterra e l’Irlanda entrarono a far parte della Comunità Economica Europea, fu aperta una breccia nella tradizione, introducendo una deroga per consentire ai produttori di quei Paesi di classificare come cioccolato anche il prodotto ottenuto con una minima parte di grassi vegetali alternativi.

Da quel momento, si è scatenata la “battaglia del cioccolato”: da una parte i Paesi mediterranei (Italia, Francia e Spagna in testa), arroccati a difesa della ricetta autentica (solo burro di cacao come materia grassa), dall’altra i Paesi del Nord con il 5% di grassi vegetali diversi dal burro di cacao.

Alla fine, l’ultima direttiva comunitaria ha segnato la sconfitta dei custodi della tradizione introducendo la possibilità di impiegare fino al 5% di grassi vegetali alternativi rispetto al burro di cacao (dir. 2000/36/CEE). In Italia la questione è diventata un lutto nazionale anche, se nessuna azienda ha modificato la ricetta e si è continuato a produrre senza aggiungere grassi estranei al cacao.

Il Parlamento e il Governo italiani, nel recepire la direttiva comunitaria, hanno previsto la possibilità di distinguere il cioccolato “fatto solo con burro di cacao” dall’altro, aggiungendo la parola “puro” sull’etichetta (d.lgs. 12.6.03, art. 6). Per una volta, un esempio di informazione chiara, sostenuta dai consumatori e dai produttori industriali e artigianali per offrire maggiore trasparenza in etichetta.

La Commissione europea si è tuttavia presa la briga di contestare questo bell’esempio di informazione – si noti bene, volontaria –  e di trascinare l’Italia davanti alla Corte di giustizia per vedere affermata la sconfitta di una pur piccola, ma importante, battaglia a garanzia della qualità.

La questione del cioccolato puro non sembra però destinata al dimenticatoio. C’è già chi sta pensando a una nuova dicitura per indicare sull’etichetta l’impiego solo di burro di cacao come materia grassa. In ogni caso, i produttori possono sempre precisare che il loro cioccolato è puro nelle scritte a fianco del marchio, per valorizzare il prodotto in vendita.

Per dovere di cronaca, va detto che il cioccolato puro oggi si usa solo nelle tavolette, nelle uova di Pasqua e nei cioccolatini di puro fondente. Tutti gli altri tipi di cioccolato, le creme spalmabili e altri prodotti simili contengono sempre una parte di grassi diversi dal burro di cacao.

Dario Dongo

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