Donna con espressione entusiasta tiene in mano tavoletta di cioccolato

Il cioccolato del futuro, o almeno parte dell’offerta commerciale, potrebbe essere arricchito da molte sfumature aromatiche, più salutare oppure senza cacao, per chi rifiuta quello tradizionale a causa dell’impatto ambientale e dello sfruttamento dei lavoratori. Sono molte le novità attorno a uno dei prodotti più amati a ogni latitudine che, però, risente di una filiera di coltivazione e lavorazione in parte da rinnovare, anche a causa del suo stesso successo. Lo testimoniano due studi pubblicati quest’anno e una nuova start up che punta a sostituire le fave di cacao con altri vegetali più sostenibili.

Il primo studio, pubblicato sul Journal of Agricultural and Food Chemistry dai ricercatori del Virginia Tech e dell’Università dell’Illinois, mette in evidenza un aspetto finora trascurato: la tostatura, passaggio fondamentale della lavorazione che segue la fermentazione e rende possibile la lavorazione, modifica profondamente l’aroma. Nel cacao tostato, infatti, alcuni composti volatili, come quelli che conferiscono un aroma simile a quello di nocciola e di caramello, sono aumentati, mentre altri, che conferiscono aromi descritti come fruttati, floreali o addirittura simili a quello del peperone, risultano mascherati. In altri termini, il classico profumo di cioccolato, che oltretutto subisce modifiche anche durante la fermentazione, è qualcosa di diverso dall’autentico aroma del cacao. Questo, inoltre, risente del terreno e delle condizioni climatiche e acquisisce quindi innumerevoli sfumature a seconda della posizione della coltura, analogamente a ciò che succede con il vino e i diversi terroir. Ciò significa che si può proporre cioccolato ottenuto da cacao meno o non tostato (alcuni artigiani e marchi lo fanno già) ma, in compenso, con una gamma di aromi finora mai sentiti nei prodotti commerciali e, a seconda dei casi, come ha fatto notare un panel di esperti sensoriali, di volta in volta più dolce o più amaro.

Mani piene di fave di cacao prelevate da un sacco di fave di cacao
Saltare il passaggio della tostatura delle fave di cacao permette di preservare aromi floreali e fruttati, mascherati da quelli di caramello e nocciola che si sviluppano durante la tostatura

Il secondo studio, pubblicato a gennaio su Applied Materials & Interfaces dai ricercatori dell’Università di Leeds, nel Regno Unito, si focalizza invece su un altro aspetto sensoriale: la palatabilità, la morbidezza che rende il cioccolato irresistibile per molti. Come hanno dimostrato gli autori, servendosi di una lingua artificiale ottenuta con una stampante 3D e progettata appositamente per questo genere di studi, le prime sensazioni dipendono dallo strato di grassi più in superficie. Interagendo con la saliva, questo trasmette istantaneamente al cervello una sensazione gradevole, che va ad attivare i centri nervosi della ricompensa. E il processo non cambia se il cioccolato ha un quantitativo più o meno elevato di grassi, perché ciò che conta è la formazione delle primissime goccioline di cioccolato sciolto nella saliva. Ciò significa che, in questo caso, si potrebbe pensare a produrre cioccolato con un gradiente di grasso che diminuisce dalla superficie via via verso l’interno, che permetterebbe di mantenere intatto il piacere, assumendo però meno grassi. Tra l’altro, con lo stesso approccio si potrebbero ottenere nuove formulazioni di altri prodotti quali i gelati.

FoodNavigator, infine, dedica un dettagliato articolo alla start up WNWN Foods Labs di Londra, che da anni lavora su possibili alternative al cacao e che sembra essere giunta alla meta: prodotti dedicati a chi ritiene che la filiera del cacao non sia sostenibile, perché associata a gravi danni ambientali, deforestazione, perdita di biodiversità e a condizioni di lavoro spesso tutt’altro che dignitose soprattutto in Africa, continente da cui proviene circa il 70% del cacao mondiale. I due fondatori, Ahrum Pak e Johnny Drain, nel 2020 hanno iniziato a esplorare le possibili alternative, arrivando l’anno scorso al primo cioccolato amaro senza cacao, a base di orzo e carrube (biologiche certificate, provenienti da Italia e Spagna) fermentati cui si aggiungono burro di karité del Ghana, che assomiglia molto a quello di cacao, e zucchero (in quantità inferiori rispetto a quelle medie del cioccolato classico), per procedere poi alla normale lavorazione.

Tavoletta di cioccolato senza cacao WNWN
Tavoletta di cioccolato senza cacao sviluppata dalla start up WNWN a base di orzo, carrube e burro di karité

Mentre si studiano nuovi ingredienti come i grassi derivato dalle alghe, si procede anche dal punto di vista dell’ottimizzazione, per esempio per quanto riguarda il calibro delle particelle di ‘cacao’, che nel cioccolato di alta gamma è compreso tra i 15 e i 19 micrometri, in quello più commerciale è compreso tra i 22 e i 25 micrometri: l’obiettivo è arrivare a 15-50 micrometri, per ottenere il massimo dal punto di vista dell’aroma. Da quello del gusto, ottimizzato per essere perfetto a temperatura ambiente, Pak e Drain sostengono di aver raggiunto un eccellente livello di acidità fruttata, con sfumature finali di frutti di bosco, prugne, burro caramellato, con un sapore del tutto simile a quello che si sprigiona da un cioccolato premium. 

Dopo il cioccolato amaro, considerato il più difficile da riprodurre (soprattutto senza cacao), la WNWN si è dedicata a quello ‘al latte’ che, ovviamente, non contiene affatto latte vaccino ma, piuttosto, una miscela di bevanda d’avena e di zigolo dolce, noto anche come tiger nut (in realtà non si tratta di noci ma di tuberi della pianta Cyperus esculentus, originaria del Nord Africa). Lo zigolo, fornito a WNWN dalla Spagna, cresce con un impatto ambientale nettamente inferiore rispetto, per esempio, alle mandorle, alla soia e alla stessa avena, ed è già utilizzato da moltissimo tempo per le orzate e per diversi impieghi in alcune tradizioni culinarie africane. 

Oggi WNWN sarebbe pronta alla vendita delle sue tavolette, anche se non è ancora chiaro attraverso quali canali cercherà di trovare un suo mercato. Nel frattempo, ha commissionato a un centro di ricerca indipendente uno studio dettagliato sulle emissioni dei suoi prodotti e sta ragionando sull’aspetto su cui puntare: l’assenza di cacao o la presenza di carrubo e di zigolo, che hanno un ottimo profilo di sostenibilità e sono ricchi (soprattutto il primo) di antiossidanti? Le speranze, in ogni caso, sono alte, perché quella del cioccolato senza cacao è una nicchia relativamente povera, dove i prodotti in vendita sono pochi e non del tutto soddisfacenti. 

© Riproduzione riservata Foto: AdobeStock, Fotolia, WNWN

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giova
giova
8 Agosto 2023 21:12

Il cioccolato del futuro è importante quanto quello del presente; e, al momento, non trovo ulteriori informazioni per la sicurezza alimentare:
https://ilfattoalimentare.it/piombo-cadmio-cioccolato-fondente.html

Giovanni
Giovanni
15 Agosto 2023 17:43

Mi interessa molto la possibilità di avere cioccolato amaro senza cacao per la semplice ragione che non posso più mangiare, da quando sono ultrasettantenne, il cioccolato preparato con cacao. Forse per una acquisita intollerabilità non posso più avere il grande piacere di consumare cioccolato. Però spero che il “nuovo” cioccolato entri presto in commercio perché la mia “data di scadenza “ si avvicina pericolosamente……
Grazie