Lo scorso 9 maggio, il Parlamento Europeo ha approvato una risoluzione che dovrebbe servire a indirizzare le politiche dell’Unione – e, nello specifico, le decisioni della Commissione – in merito al cibo distribuito nelle mense scolastiche pubbliche dei 27 Paesi membri. Tra i criteri che l’hanno ispirato vi sono la constatazione del fatto che ancora troppi bambini non hanno accesso a cibo di qualità e che circa uno su quattro, nonostante patologie, motivazioni religiose o altre ragioni, non ha alcuna alternativa rispetto ai menu offerti dalle scuole e si trova così in difficoltà (per esempio, se non vuole mangiare carne). Inoltre, il 53% degli europei è in sovrappeso, mentre nell’UE il 20% circa degli alimenti prodotti va perduto o sprecato, a causa delle cattive abitudini delle famiglie, che sono responsabili di metà dello spreco, ed è quindi necessaria un’azione educativa che parta dalle scuole e raggiunga il maggior numero possibile di cittadini.
La risoluzione tiene anche conto della situazione politico-economica del continente, della crisi alimentare innescata dalla combinazione di guerra in Ucraina, crisi climatica e inflazione, cercando di contrastare tutto ciò con un rinforzo delle produzioni locali e con sostegni economici ai più bisognosi, attraverso i pasti assicurati a scuola. Le indicazioni invitano poi in modo netto a dare la precedenza ad alimenti prodotti in Europa, se possibile con indicazioni d’origine europee e riservando una quota del 25% al biologico. Laddove ciò non sia possibile, come nel caso dei frutti tropicali e delle banane, dovrebbe essere data priorità ai prodotti originari delle regioni ultraperiferiche dell’UE. Inoltre, “i prodotti dovrebbero essere diversificati e rispecchiare per quanto possibile la disponibilità stagionale, nonché le abitudini alimentari salutari e i tipi di colture locali” si legge.
Dal punto di vista nutrizionale, le indicazioni invitano a fare affidamento il più possibile sulla Dieta mediterranea, componendola con alimenti semplici e non lavorati; specularmente, chiedono di abbandonare o scoraggiare il più possibile le bevande e gli alimenti ultra-trasformati, con sale, grassi, zuccheri e dolcificanti aggiunti e, come criterio generale, di non basarsi su appalti al ribasso, perché più che il risparmio deve contare la qualità di ciò che mangiano i bambini.
Per sostenere questa impostazione, si invitano gli stati a sfruttare fino in fondo le risorse europee già stanziate, spesso inutilizzate, a dedicare budget specifici a frutta, verdura, latte e derivati. Non sono state incluse, invece, le bevande vegetali, dopo la bocciatura di uno specifico emendamento. Quest’ultima parte, com’era prevedibile, ha suscitato immediate reazioni da parte delle associazioni che promuovono vegetarianesimo e veganesimo come ProVeg International e non si esclude che si possa giungere a un compromesso alla Commissione europea, per esempio ammettendo le bevande vegetali non zuccherate. Tuttavia, per il momento, le bevande vegetali sono fuori dalle indicazioni ufficiali. Vi entrano invece di diritto gli agrumi: tra i suggerimenti, c’è l’installazione di distributori di spremute fresche di arance nelle scuole, che sosterrebbe gli agricoltori di diversi Paesi europei. Migliorando l’apporto di vitamina C e fibre ai bambini.
Gli interventi dovrebbero riguardare tutte le scuole, dagli asili ai licei, e dovrebbero prevedere anche percorsi educativi che coinvolgano gli insegnanti. Per questo aspetto, la Commissione dovrebbe prevedere anche nuovi stanziamenti, affinché “gli Stati membri garantiscano che almeno il 10% dei fondi stanziati ogni anno per il programma scolastico dall’UE e dai sostegni nazionali insieme sia destinato a misure educative, al fine di aumentarne la frequenza e ampliarne la portata, in quanto la semplice distribuzione dei prodotti non è sufficiente a instillare stili di vita sani”. Quanto agli argomenti, le misure educative dovrebbero concentrarsi su “aspetti quali abitudini alimentari sane, sostenibili, diversificate ed equilibrate, alimentazione e competenze culinarie, allergeni alimentari e alternative, agricoltura in generale e agricoltura sostenibile in particolare, compresa l’agricoltura biologica, metodi di produzione integrata, benessere degli animali, sicurezza alimentare, cambiamenti climatici e prevenzione e riduzione degli sprechi alimentari”. Per un programma così vasto, è comunque necessario coinvolgere le autorità nazionali responsabili della salute e della nutrizione, dell’ambiente, dell’agricoltura e dell’istruzione. Se tutto ciò fosse pienamente recepito, l’alimentazione dei bambini e dei ragazzi europei ne trarrebbe un indubbio beneficio, così come le filiere nazionali e quelle continentali, aumentando la resilienza del sistema europeo alle crisi.
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Giornalista scientifica
A me sembra davvero tutta e solo fuffa… piuttosto, perché l’UE non obbliga i Paesi, e dunque la nostra beneamata Italia, a dotare tutte le scuole di ogni livello di idonei impianti sportivi e dei correlati programmi scolastici per una cultura dello sport e del benessere? E, parimenti, perché non preme sui Paesi (Italia…) nei quali la pratica dello sport da parte dei minori in età scolare non rientra tra le attività defiscalizzate o comunque sussidiate?
Così, tanto per combattere davvero l’obesità e le altre problematiche fisiche che i nostri bambini e adolescenti accumulano ormai serialmente.
Quando poi ci si riferisce a come consumare le calorie ingurgitate non è così semplice l’equazione
esercizio fisico = calo ponderale ( sperando siano grassi in meno )
https://www.scientificamerican.com/article/the-exercise-paradox/
EVOLUZIONE
Il paradosso dell’esercizio
Gli studi su come il motore umano brucia calorie aiutano a spiegare perché l’attività fisica fa poco per controllare il peso e come la nostra specie ha acquisito alcuni dei suoi tratti più distintivi.
Buona lettura.