I cibi crudi per cani e gatti, sempre più popolari, costituiscono un’importante fonte di diffusione di infezioni alimentari. Di conseguenza, sono pericolosi tanto per gli animali quanto per i loro proprietari e, in generale, per gli esseri umani. Dal momento che, al di là delle pubblicità e delle leggende che circolano in rete, non è mai stato dimostrato alcun vantaggio nutrizionale rispetto agli alimenti tradizionali, sarebbe opportuno evitare di comprarli e darli ai propri animali da compagnia.

La conclusione di uno studio olandese pubblicato su Vet Record, rivista del gruppo del British Medical Journal non lascia molto spazio ai dubbi.  La ricerca per la prima volta riporta un’analisi realizzata dai veterinari del National Institute for Public Health and the Environment di Bilthoven, su cosa realmente contengono 35 prodotti crudi per pet distribuiti da otto grandi marchi nei supermercati, nei negozi specializzati e dai veterinari olandesi,  realizzati con carni, ossa e sottoprodotti della lavorazione di manzi, pollame, anatre, agnelli e cavalli.

Il 40% dei campioni contiene Escherichia coli in concentrazioni superiori a quelle ritenute pericolose per l’uomo. Nel 23% sono state riscontrate quantità significative del ceppo più temuto di E. coli, quello denominato 0157, responsabile di molte epidemie tra le quali, per esempio, quella veicolata dalla lattuga negli Stati Uniti, che nelle ultime settimane ha fatto registrare due decessi e una cinquantina di ricoveri in tutto il Nord America.

Oltre ai colibatteri, poi, gli autori hanno rilevato la presenza di altri due germi pericolosi, il Sarcocystis cruzi e il Toxoplasma gondii rispettivamente nell’11 e nel 6% dei campioni, nonché di Listeria e Salmonella, rispettivamente nel 43 e nel 20% dei cibi verificati.

Nei campioni di cibo crudo per cani e gatti sono stati riscontrati patogeni come E. coli O157, Salmonella e Listeria

Anche se il numero di alimenti controllati non è molto grande, la ricerca conferma i dati di un’altro studio simile condotta negli Stati Uniti su 196 campioni di cibi crudi.  I riscontri su oltre un migliaio di alimenti per animali domestici analizzati per verificare la presenza di Listeria (trovata nel 32% dei cibi crudi, e in nessuno degli altri), e di Salmonella (presente nel 15% dei campioni crudi, e in nessuno di quelli cotti) oltre a diversi altri patogeni, ha portato i ricercatori a ritenere le contaminazioni molto più probabili nei prodotti crudi  rispetto a quelli tradizionali, che sono sempre cotti e sterilizzati.

Dopo la pubblicazione di questi dati, la Food and Drug Administration ha emanato un comunicato ritenendo reale la presenza di rischi. Il proprietario dell’animale può infatti contaminarsi anche solo maneggiando il cibo o le feci, e in generale la presenza di un’elevata carica batterica può favorire la diffusione di infezioni tra animali e gli uomini, nonché la selezione di ceppi resistenti.

L’FDA consiglia  di fare molta attenzione e tenere questi alimenti separati dagli altri, chiusi, coperti e di riporli subito nel congelatore se la confezione non viene usata interamente, di non far colare alcun liquido al di fuori della confezione. Si raccomanda poi di lavare e disinfettare i materiali che entrano in contatto come i lavandini, i taglieri, le ciotole, le forchette, i forni a microonde usati per scongelarli e gli stessi congelatori, e poi le mani. Infine non baciare mai il proprio animale soprattutto nella zona della bocca e in particolare dopo che ha mangiato.

Una lista di consigli che sembra più adatta alla minaccia di un’arma biologica che a un tipo di alimenti per pet. Ma maneggiare cibi che possono contenere elevate cariche batteriche è appunto un po’ come avere a che fare con un’arma biologica, secondo la FDA, che ha anche un’apposita policy di tolleranza zero per la Salmonella negli alimenti per animali. E soprattutto – sottolineano gli autori – non c’è alcun motivo valido per dare ai propri animali alimenti crudi a base di carne o pesce e derivati. Se la scelta è comunque questa, concludono, è indispensabile che si sappia come maneggiare questi alimenti, e sarebbe auspicabile anche che vi fosse un obbligo di indicazione in etichetta dei rischi che si corrono per il proprio animale, per sé e per tutta la comunità.

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Stefania Fei
Stefania Fei
20 Gennaio 2018 21:11

questa sì che è cattiva informazione e allarmismo gratuito, complimenti! rigiratio frittatis magna.

1) l’articolo si riferisce solo a cibi pronti e confezionati in paesi con altre regole igieniche diverse da quelle italiane. le diete a crudo seguono delle regole di prudenza anche eccessive: in italia molti proprietari di pet somministrano carni comprate per uso umano, che subiscono controlli dall’allevamento al consumatore ripetuti e affidabili, quindi rischio batterico tendente a zero, rischio parassiti annullato dal congelamento delle carni.

2) lavarsi le mani prima di toccare cibo e dopo aver toccato feci, umane o animali che siano, è una regola minima di igiene di base che non dovrebbe mancare mai, figuriamoci se le contaminazioni batteriche che vengono paventate possono arrivare al proprietario proprio dalla carne per il proprio pet…vuol dire essersela proprio andata a cercare quell’infezione!

3) la scienza è l’evoluzione: si tratta quindi di rispettare fisiologia e anatomia del carnivoro secondo i canoni di come la dieta è stata concepita dall’evoluzione stessa, ed è questo che le diete a crudo cercano di ricreare al massimo. la mangimistica non è una scienza, è marketing, la moda degli ultimi 80 anni. fino a prova contraria, in ambito scientifico, è chi si allontana dalla regola (prede di elezione e rispetto di anatomia e fisiologia di un pet) che deve dimostrare che può funzionare anche in quel modo, non il contrario; non c’è da dimostrare che l’evoluzione funziona, c’è da dimostrare che i gatti nutriti a croccantini non si ammalino a causa di questi, casomai. quindi non c’è alcun motivo valido per dare una dieta biologicamente non adeguata a un carnivoro. un esempio eclatante: il cibo secco anche delle marche cosiddette premium contiene fra il 30 e il 50% di carboidrati e fino al 70% di ingredienti vegetali. se ci fossero i finanziamenti, (ma non interessa a nessuno dimostrare questi danni, anzi…) si dovrebbe capire quanti e quali danni un tipo di alimentazione aberrante di questo tipo può portare negli anni alla salute di un pet, in particolare a un gatto, che, in natura, assumerebbe una preda che a pancia strapiena, può contenere al massimo un 1-5% di cereali. a sottolineare questo c’è l’assenza della produzione di amilasi sia salivare che pancreatica: mi pare che il confronto sia illuminante.

4) avere proprietari informati sulla natura degli animali che hanno scelto di avere, dovrebbe essere un obbiettivo comune, quindi: studiatevi le diete a crudo e mettetele in pratica. fate passare dall’alimentazione la salute dei vostri pet. è un consiglio con la testa e con il cuore.

karin
karin
20 Gennaio 2018 22:13

Sarebbe stato doveroso da parte vostra , per lo meno specificare e distinguere, quello che è comunque ” pet food”anche se crudo, da quella che è la vera dieta a crudo che viene fatta , con carni controllate a uso umano. Quell’ articolo non è altro che un tentativo di fumo negli occhi….. Vogliamo vedere i recall sul pet food cotto? vogliamo parlare di contaminazioni con PETOBARBITAL, nel cibo per gatti? vogliamo parlar e di contaminazioini di salmonella e coli e tutta la compagnia ? se volete potete controllare sul sito della FDA e vi renderete di quanto è contaminato il PET FOOD COTTO ! https://www.fda.gov/Safety/Recalls/ArchiveRecalls/default.htm

agnese codignola
agnese codignola
24 Gennaio 2018 16:15

Nell’articolo non si parla di carne comprata per gli umani e data ai pets, ma di alimenti per pet crudi, venduti come tali; il marchio non conta, conta la tendenza, in atto in tutto il mondo. Quanto a dare la carne macellata per l’uomo ai pets: liberi tutti, basta sapere che è responsabile di una quota non rilevante dei danni da allevamenti intensivi (da un quarto a un quinto), e che tutti coloro che si occupano di sostenibilità dicono che è pura follia. Si cerca di capire come salvare il pianeta e assicurare cibo a tutti e poi lo si devsta per dare il filetto ai pets: scelte.
Le precauzioni sono suggerite dalla Food and Drug Administration, che una qualche voce in capitolo ce l’ha, quando si parla di protezione della salute pubblica. Che siano regole elementari conta relativamente, la FDA fa solo il suo dovere. Quanto al petobarbital, si commenta da sé

Stefania
Stefania
Reply to  agnese codignola
27 Gennaio 2018 17:53

di proprietari che danno il filetto al proprio pet non ne conosco nessuno, in genere si cercano tagli meno pregiati e spesso si prendono accordi con i macellai che mettono da parte pezzi che non venderebbero mai. il pianeta si salva in molti modi, lei pensa che dare cibo industriale ai pet sia meno impattante? è ben peggio e con tutto il giro di soldi che c’è dietro, inoltre. L’fda si concentra sulle regole di buon senso per l’igiene pubblica: per correttezza dovrebbe scrivere anche un articolo sulle regole che l’fda indica per manipolare il pet food industriale, sono proprio le stesse regole igieniche! (e, vivaddio, basta il buon senso dell’individuo, non c’è bisogno che te lo dica un ente ufficiale che dopo aver toccato le feci ti devi lavare le mani).

karin
karin
29 Gennaio 2018 15:18

Sapete quanto impatta , il trasporto , la produzione, l inscatolamento, del pet food che ricicla scarti?? i gatti sono carnivori obbligati, chi dovrebbe rinunciare alla carne non sono loro , bensì gli esseri umani,che hanno altre 1000 risorse di cui cibarsi … Personalmente faccio barf per i miei gatti utilizzando i cosidetti animali fine carriera e i terza scelta ( quelli venduti a pezzetti irregolari e quelli rovinati dalle macchine che sarebbero buttati negli scarti, ma ancora freschi)- Sono Vegetariana.

David Bettio
David Bettio
30 Gennaio 2018 06:57

Il problema delle contaminazioni microbiologiche delle carni è un problema serio ma non va affrontato in modo riduzionistico. Mi chiedo come si possa affermare che le diete a crudo non abbiamo mai, ripeto mai, dimostrato un beneficio sanitario rispetto agli alimenti industriali, che il giornalista definisce erroneamente alimenti ‘tradizionali’, come se il processo industriale che produce pet food fosse così consolidato nei secoli da farne una tradizione. Robe da matti.
Eppure migliaia di veterinari in tutto il mondo ormai hanno constato che una alimentazione a base di cibo crudo sia invece spesso in relazione con uno stato di salute maggiore rispetto ad altri tipi di dieta e che molte volte il solo approccio crudista alla nutrizione possa essere risolutivo di stati patologici, come già affermato da Stodgale: “we find that we can control a number of chronic digestive, allergic, and metabolic problems by using home prepared diets. We find that we can prevent a large number of problems from occurring in our feline and canine patients, including bladder stones and feline lower urinary tract disease (FLUTD), intermittent vomiting or diarrhea, seborrhea sicca, and recurrent ear infections. These diets are individualized to the particular pet and its medical diagnoses, formulated with informed nutritional knowledge, and presented to the owner with nutritional and food safety education” (Stogdale L. dip. ACVIM, D. Garcea. In support of bones and raw food diets. Can Vet J. 2003 Oct; 44(10): 783).
Per non parlare delle esperienze di tantissimi barfisti che possono testimoniare come la dieta a base di cibo crudo sia stata risolutiva per molto problemi clinici che affliggevano i loro cani e gatti.

Rimane il fatto che il problema delle contaminazioni del cibo sia una cosa seria. Tanto importante che andrebbe affrontata seriamente e non parzialmente come in questo articolo. Ricordo Looking For The Safest, Healthiest Pet Food? Good Luck With That, pubblicato su Huffinton post (https://www.huffingtonpost.com/entry/pet-food-safety_us_55b67875e4b0a13f9d1976e7) , riportava una ricerca della FDA che addirittura richiamava dal commercio alcuni cibi secchi industriali per contaminazioni da salmonella , listeria ed addirittura fenobarbitale, farmaco usato per le anestesie e le eutanasia degli animali (https://www.fda.gov/AnimalVeterinary/SafetyHealth/RecallsWithdrawals/default.htm)
Tutti i bravi barfisti sanno che le norme igieniche e la catena del freddo sono fondamentali per la gestione del cibo crudo, come già riportato da Efsa che dice : per prevenire la listeriosi, è importante seguire buone pratiche di fabbricazione, prassi igieniche e un efficace controllo della temperatura lungo tutta la catena di produzione, distribuzione e conservazione degli alimenti, anche in ambiente domestico. A casa, si consiglia ai consumatori di tenere bassa la temperatura del frigorifero, al fine di limitare la potenziale crescita di batteri, come Listeria, qualora fossero presenti negli alimenti pronti. Le organizzazioni internazionali, come l’Organizzazione mondiale della sanità, consigliano di refrigerare gli alimenti a una temperatura inferiore a 5 °C (https://www.efsa.europa.eu/it/topics/topic/listeria). Tutte norme igieniche che , almeno a casa, i barfisti osservano con attenzione.

Forse l’articolo del il Fatto Alimentare, si riferisce a tutta la filiera della carne , ma non ci è dato sapere se il problema microbiologico è solo a carico del utilizzatore finale, oppure se le cause siano da ricercare più a monte della filiera, cioè nel processo di produzione industriale della cane e del sua lavorazione, che coinvolge, come già documentato da FDA sia il cibo crudo che secco.
Dr. David Bettio

stefano dell'orso
stefano dell'orso
31 Gennaio 2018 10:24

Non capisco il vero scopo dell’articolo. Cui prodest ? Rafforziamo la cultura del croccantino e della scatoletta cotta (italiana) ? Pensiamo invece NON ai nostri amici a quattro zampe, da noi sicuramente snaturati sia a livello alimentare che ambientale e pensiamo alla vera condizione animale, quella dei randagi che si nutrono nei cassonetti, o predano o che si cibano di carogne. Fate fare uno studio sulla valenza nutrizionale e sull’habitat microbico di una carogna o dei rifiuti alimentari dei cassonetti e poi ditemi lo scopo di questo articolo.
Io, snaturando i miei gatti, in inverno li tengo in garage dove ci sono sempre almeno 10 C°. I vicini invece, hanno dei gatti che non sono mai ammessi in casa. Questa ovviamente è anche una questiona affettiva, non soltanto igienica. Tutto il resto del mondo però vive all’addiaccio, senza cappottini e quant’altro. E’ questa la vera natura animale. E a quelli che dicono che al proprio gatto bisogna cambiare frequentemente l’acqua della ciotola perché deve essere sempre fresca e pulita (dimostrando di non capire nulla della natura dei propri animali) vorrei tanto far osservare che i gatti sono felici ed hanno l’abitudine di dissetarsi nelle pozzanghere e nei sottovasi … prediligendo in assoluto l’acqua piovana.
Come al solito, il vero problema degli animali è il “Padrone”.