Il caviale e la carne di storione di provenienza europea in un caso su due non rispettano le norme vigenti. Talvolta non sono neppure di storione, ma di altre specie. E si tratta di una violazione molto estesa, nonostante già dalla fine degli anni Novanta siano state introdotte norme che teoricamente obbligherebbero a vendere solo prodotti derivanti da acquacoltura. In tutta evidenza, le regole sono in gran parte ignorate e le pratiche illegali dominano ancora il mercato.
Caviale e storione: solo quattro specie selvatiche in Europa
Lo hanno dimostrato i ricercatori del Leibniz Institute for Zoo and Wildlife Research di Berlino, in Germania, in uno studio pubblicato su Current Biology. Gli scienziati hanno analizzato 149 campioni provenienti da Bulgaria, Romania, Ucraina e Serbia, cioè da Paesi bagnati dal Danubio in cui rimangono popolazioni selvatiche di storione e, quindi, potenzialmente a rischio di raccolta di frodo. In Europa, infatti, i quattro tipi di storione rimasti (Beluga o Huso huso, russo o Acipenser gueldenstaedtii, stellato o Acipenser stellatus, e sterleto o Acipenser ruthenus), vivono solo nel basso fiume Danubio e nel Mar Nero. E proprio a causa della raccolta indiscriminata, nel 1998 queste quattro specie sono state incluse nella lista della CITES, la Convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate di estinzione. Nel 2000, poi, sono state emanate le regole internazionali per l’etichettatura, che dovrebbero servire a tracciare in modo chiaro, dettagliato e omogeneo quanto venduto.
Per verificare se la realtà rispettasse quanto prescritto, i ricercatori tedeschi si sono procurati 91 campioni di carne di storione e 58 di caviale dalle più diverse fonti: internet, ma anche ristoranti, bar, acquacolture, mercati locali e pescatori dei Paesi scelti per l’indagine. Gli scienziati hanno effettuato su di essi una serie di analisi genetiche e sulla presenza di isotopi per stabilire quale fosse la specie reale e quale la provenienza geografica.
I risultati dello studio
L’esito è stato preoccupante: il 21% dei campioni proveniva da storioni selvatici e questo tipo di prodotti era venduto in tutti i Paesi controllati. Inoltre, circa uno su tre violava le disposizioni CITES su commercio ed etichettatura. Per esempio alcuni riportavano una specie di storione che non corrispondeva a quella identificata. Altri indicavano un Paese di origine diverso da quello reale. Un altro 32% presentava un’etichettatura ingannevole, per esempio quando un prodotto dichiarava che il contenuto proveniva da storione selvatico, quando invece arrivava da un’acquacoltura. Infine, tre campioni romeni non contenevano affatto storione, ma pesce gatto europeo (Silurus glanis) e pesce persico del Nilo (Lates niloticus), mentre uno ucraino in realtà era una miscela di pesci da acquacoltura cinesi quali Acipenser schrenckii e Huso dauricus.
La situazione sembra quindi ancora molto lontana da quanto previsto dalle regole CITES, per lo meno in tutta la zona del Danubio del sud. Quest’area, però, è anche quella da cui proviene una porzione molto significativa del caviale e dello storione venduti in Europa.
Troppi pochi controlli nei Paesi di produzione
Secondo gli autori, i motivi sono relativamente chiari. I pescatori locali, probabilmente, non hanno fonti di guadagno alternative sufficienti, né incentivi adeguati per rinunciare a raccogliere caviale o a pescare storioni selvatici. I controlli, d’altronde, sono a dir poco blandi, “non in cima alle priorità di quei governi” scrivono, e non sempre adeguati. Analisi come quelle effettuate a Berlino infatti non sono ancora disponibili ovunque o, quando lo sono, costano molto, e sono quindi condotte con parsimonia. La consapevolezza di non incorrere in multe o altre pene, inoltre, alimenta a sua volta il mercato illegale, in un circolo vizioso dal quale si potrebbe uscire solo intensificando i controlli e obbligando i Paesi candidati all’ingresso in UE ad adeguarsi velocemente agli standard previsti.
Se si vuole che gli storioni europei abbiano un futuro – concludono poi gli autori – è necessario anche il contributo dei consumatori, che devono smettere di chiedere caviale di storione selvatico, ricordando che è possibile consumare solo quello proveniente da acquacoltura.
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Giornalista scientifica