Come mai sulle confezioni di carni suine ed equine acquistate nei supermercati non viene precisato l’allevamento o la provenienza come invece succede per le carni bovine o il pollame?
Claudio.
L’indicazione dell’origine (da esprimersi precisando il Paese/i di nascita, allevamento e macellazione) è stata introdotta solo per la carne bovina con i regolamenti (CE) n. 1760 e 1825/00. Questa misura risultò particolarmente onerosa per gli operatori della filiera essendo abbinata a un rigoroso sistema di tracciabilità “a passaporto”, che parte dal marchio auricolare dell’animale e termina allo scaffale. Dopo il clamore legato alla vicenda della mucca pazza, che causò meno vittime di una banale salmonellosi, ma provocò una terribile ricaduta negativa sui consumi di carni bovine, l’inserimento dell’origine servì a restituire fiducia ai consumatori.
Per le carni avicole invece l’indicazione d’origine è stata introdotta con l’ordinanza 26 agosto 2005 del Ministro della salute, nel periodo in cui si diffuse il timore dell’influenza aviaria, per rassicurare i consumatori sull’italianità del pollame.
Sulle etichette delle carni di maiale, di cavallo e di altre specie (eccetto eventuali DOP o IGP) non è obbligatorio indicare l’origine sino all’entrata in vigore del nuovo regolamento UE n. 1169/2011 sull’informazione al consumatore relativa ai prodotti alimentari (vedi e-book “L’etichetta“).
Il nuovo regolamento ha esteso l’obbligo dell’origine alle carni fresche, refrigerate e congelate – delle specie suina, ovina, caprina e avicola. Con le sole dimenticanze di quelle equine, di quaglie e conigli. Le modalità di indicazione verranno definite dalla Commissione europea nei due anni successivi all’entrata in vigore del nuovo testo, avvenuta il 13 dicembre 2011.
Va altresì detto che a titolo volontario i produttori possono sempre indicare l’origine della carne.
Dario Dongo
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