La carne coltivata potrebbe arrivare presto nei supermercati, come dimostra il fatto che, negli Stati Uniti, sono in via di realizzazione grandi stabilimenti per la produzione su vasta scala. Ma il pubblico, e soprattutto i giovani, sono pronti a comprarla e ad assegnarle un ruolo nella propria alimentazione? La domanda è molto importante per chi ha deciso di puntare anche su questa fonte di proteine, perché da essa dipende il futuro di tutto il settore, e perché è fondamentale capire se ci sono spazi di miglioramento e quali sono.
Per questo due ricercatrici del Curtin University Sustainability Policy Institute dell’omonima università di Perth e del Centre for Advanced Food Enginomics dell’Università di Sydney, in Australia, hanno compiuto un’indagine quantitativa su un campione di oltre 200 giovani della cosiddetta generazione Z, cioè quelli nati tra il 1995 e il 2010 (5 milioni in Australia e due miliardi a livello globale), residenti a Sidney, e hanno raccolto anche una serie di commenti e spunti. Oltre alla carne coltivata, sono state poste domande dirette e di confronto anche sugli insetti e sui sostituti vegetali. L’Australia è un paese dove il consumo di carne pro capite è molto elevato e dove è tradizionalmente associata all’idea di virilità, di forza, oltre che di benessere economico.
Come riferito su Frontiers in Nutrition, la maggior parte degli intervistati, e cioè il 72% del campione, non è pronta a mangiarla, anche se quattro persone su 10 pensano ci sia bisogno di una valida alternativa alla carne. Un intervistato su tre, inoltre, rifiuta sia la carne coltivata che gli insetti, e si dice propenso a passare eventualmente ai sostituti vegetali, percepiti come più naturali. Spicca poi la preoccupazione che passando alla carne coltivata si “tradisca” l’Australia in quanto paese produttore di carne di alta qualità, a riprova dell’importanza della carne nella cultura alimentare.
In generale, emerge una forte preoccupazione per l’ambiente, il clima, il pianeta e anche il benessere animale: ben il 59% dei giovani pensa che gli allevamenti intensivi abbiano un effetto negativo sull’ambiente, anche se non tutti sanno bene in che modo esso si esplichi, né quali siano i singoli fattori (per esempio le emissioni o il consumo di acqua) associati all’impatto ambientale. Inoltre, più che l’aspetto, per ora non sempre invitante, ciò che interessa ai ragazzi sono i risvolti tecnici: come è realizzata, che impronta ha, qual è il suo impatto, qual è il rapporto con quello della carne tradizionale e così via.
Non mancano preoccupazioni legate al gusto, alla sicurezza, agli effetti sula salute umana, così come non mancano, anche in questo campione, gli adepti delle teorie della cospirazione. Una parte degli intervistati, infatti, afferma che la carne coltivata è il frutto di un complotto dei più ricchi e potenti del pianeta a scapito degli altri, e si dice decisa a non mangiarla per nessun motivo. Un’altra parte invece non è sicura che essa sia conveniente dal punto di vista ambientale rispetto a quella tradizionale.
Una serie di numeri descrive ancora più in dettaglio l’orientamento di questi ragazzi:
- Il 17% rifiuta qualunque alternativa alla carne, compresa quella coltivata, giudicandole tutte frutti di un eccessivo procedimento industriale e derivati della chimica;
- L’11% respinge qualsiasi alternativa animale e preferisce aumentare il consumo di alimenti vegetali;
- Il 35% rifiuta sia carne coltivata che insetti, ma accetta sostituti vegetali della carne, perché sono più “naturali” e “normali”;
- Il 28% si dice pronto ad accettare la carne coltivata già oggi, oppure quando saranno introdotte alcune modifiche per esempio su aspetto e gusto;
- Il 9% è favorevole agli insetti ma non alla carne coltivata, perché i primi sono “più naturali” della seconda.
Grossomodo, secondo gli autori, i giovani si possono suddividere un due grandi categorie: quelli contrari, che pensano che la carne coltivata sia una delle tante cose dalle quali la loro generazione si dovrà difendere e si chiedono che bisogno ci sia di ricorrere a essa; e quelli a favore, che ritengono il denaro investito nella ricerca sia stato ben speso, e che essa rappresenti un significativo passo in avanti nella giusta direzione.
La generazione Z, comunque, appare molto consapevole dei danni del modello di sviluppo che ha portato alle conseguenze attuali, con gli interessi dei più ricchi messi in primo piano, ed è preoccupata per la direzione che l’umanità prenderà nei prossimi anni, comprese le scelte nel settore alimentare. Emerge però anche una certa ignoranza o comunque l’influenza dei pregiudizi e delle percezioni: su questi aspetti si dovrà lavorare molto nei prossimi anni, se si vuole che i consumatori di domani facciano scelte consapevoli.
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Giornalista scientifica
Comunque, per legge (Reg. 853/2004, Allegato 1, punto 1.1) la “carne” coltivata non è carne.
Qualcuno ha detto il contrario? Il latte di mandorla è “latte”? E allora? La lana di roccia è lana? E allora? Questioni di lana caprina.
Sono allergico alla lana. Preferisco il pile, è tecnologicamente più avanzato.
pur tenendo in considerazione la tua allergia, la lana è pur sempre un prodotto naturale, il pile deriva dalla plastica e contribuisce alla dispersione delle microplastiche nell’ambiente.
Se il latte di mandorla non è latte perchè qualcuno si ostina a chiamarlo così? chiamatelo con un altro nome.
la carne coltivata, ha ragione Giovanni, non è carne. utilizzare tale denominazione è fuorviante per il consumatore. ciò vale per tutti i prodotti vegani che surrogano prodotti carnei.
chiamateli con un altro nome e se vi piacciono mangiateli! se possibile senza demonizzare chi non la pensa così.
io possiedo un maglione di lana di capra.
In Italia al supermercato le bevande riportano sulla confezione la scritta “bevanda al gusto di soia, di riso o di avena“. La norma non riguarda però il latte di mandorla, il burro di cacao e il latte di cocco che possono continuare a riportare il nome come indicato dall’allegato I, Decisione 2010/791/UE. http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:32010D0791&from=IT
“una certa ignoranza o comunque l’influenza dei pregiudizi e delle percezioni”
Pregiudizi, percezioni… ma soprattutto mancanza di marketing, che ancora non ha affrontato il problema semplicemente perché per la carne coltivata ancora non è il momento di crearne la moda e invadere il mercato.
Quando saranno pronti a lanciarla inizieranno le campagne “educative” a tappeto e la generazione Z (e con lei tutto il resto dell’alfabeto) scoprirà di colpo sui social, in tv e al cine che è il miglior prodotto mai creato, salubre ed ecologico, ma soprattutto che solo gli sfigati non mangiano carne coltivata, e di colpo tutti ne saranno informatissimi ed entusiasti consumatori.
L’abbiamo vissuto enneantamila volte per qualunque prodotto, chi diavolo mai del nostro popolo di entusiasti mangiatori di pane pizza pasta si sarebbe mai sognato, solo pochi anni fa, di sbavare per riso lesso e pesce crudo, o per il vegan, o per il fastfood?