La vicenda della carne di cavallo macinata aggiunta alle lasagne ha coinvolto venti Paesi europei. Sui giornali sono apparsi centinaia di articoli, ma c’è una domanda che resta senza riposta. Perché utilizzare la carne di equino che costa più di quella bovina per preparare hamburger, ripieni per tortellini o carne trita per lasagne?
Se siamo di fronte a una truffa vuol dire che qualcuno trae degli illeciti vantaggi economici. Ma questa storia ha tutte le caratteristiche di un’operazione in perdita che difficilmente può interessare. Basta dire che fino a qualche mese fa nessuna azienda ricercava carne di cavallo nel ripieno di lasagne e tortellini. Le analisi di routine erano focalizzate alla ricerca eventuale di carne di suino, di pollo di tacchino (dal costo inferiore) mentre il cavallo era del tutto escluso.
Ma allora perché qualcuno decide di fare questa operazione fraudolenta? Non siamo di fronte a un dispetto né tanto meno a una beffa. Le autorità sanitarie non danno risposte chiare, c’è chi parla di origine sconosciuta, altri lanciano strali sull’etichetta poco chiara facendo finta di ignorare che il Paese di origine non rappresenta un elemento di prova!
La tesi portata avanti da Il Fatto Alimentare dall’inizio dello scandalo, è che la carne di cavallo utilizzata provenga dal circuito delle corse sportive. Si tratta di animali classificati come “non dpa”, ovvero non destinati alla produzione di alimenti che quando arrivano a fine carriera, per legge devono essere mantenuti fino alla morte naturale e poi inceneriti. La loro carne non può essere utilizzata nemmeno per il cibo destinato agli animali. Questi cavalli rappresentano un costo elevato per i proprietari costretti a mantenerli per 10-15 anni. È lecito ipotizzare che qualcuno abbia creato una rete per vendere la carne nel circuito alimentare mischiandola con i cavalli da carne.
La tesi non è così strana. Anche il Guardian oggi avanza questa ipotesi in modo determinato, parla di commercio illegale di cavalli da macello mischiati a cavalli da corsa. Cita le segnalazioni delle organizzazioni che si occupano del benessere animale e di un commercio di cavalli a fine carriera tra Francia, Belgio, Irlanda e Inghilterra che attraverso passaporti falsi cambia identità e invia al macello i cavalli da corsa non destinati all’uso alimentare.
Seguendo questa ipotesi la truffa risulta avere una sua logica e anche un evidente interesse economico. Inoltre trova un valido supporto nella presenza di centinaia di migliaia di cavalli da corsa in pensione e nella quasi certezza di non essere facilmente scoperti. C’è un altro elemento da considerare.
In Italia il Ministero della salute ha deciso di effettuare in accordo con l’UE 500 analisi sulla carne di cavallo alla ricerca del fenilbutazone. Si tratta di un farmaco veterinario antinfiammatoria specifico per i cavalli da corsa e da gara. Il medicinale viene metabolizzato dall’animale ma lascia una traccia indelebile identificabile analizzando la carne. Quando in laboratorio si cerca questo derivato nel cibo, si ha la prova inconfutabile di un campione di carne di cavallo non destinati al circuito alimentare.
Oltre ai prelievi stabiliti in sede UE, l’Italia ha disposto ulteriori controlli da effettuare presso gli stabilimenti di produzione e commercializzazione di provenienza, attraverso il prelievo del prodotto e di materia prima verificando il sistema di tracciabilità.
Certo in Italia ci sono molti controlli veterinari, lo abbiamo già detto, ma è anche vero che da noi vengono macellati cavalli provenienti da tutta Europa. Chi può escludere poi, che tra i 500 mila cavalli sportivi presenti in Italia e che non possono essere macellati, qualcuno venga trasportato con documenti falsi e poi finisca nei tortellini? Ogni anno nel nostro Paese si macellano 60 mila animali. La metà sono made in Italy, gli altri sono di importazione cosa che fa della nostra la nazione che importa la maggiore quantità in Europa come mostra il grafico del Guardian (vedi a sinistra).
Dopo lo scandalo, il governo inglese ha cambiato le regole, adesso le carcasse di cavalli macellati devono avere un certificato che attesti l’assenza di fenilbutazone. Chissa perché!
Legenda grafici. Secondo i dati Eurostat nel 2012 all’interno dell’UE sono state scambiate 60.000 tonnellate di carne di cavallo, oltre a muli e asini. La prima immagine, in alto, proposta dal Guardian mostra i Paesi da cui l’Italia ha importato. Nella seconda il totale dell’import, in cui si vede come l’Italia, con oltre 23 milioni di chili sia leader di consumo, considerando che (terzo grafico) ha esportato dieci volte di meno in virtù dell’elevato consumo interno.
Roberto La Pira
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Foto: Photos.com, Guardian.co.uk
Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza come free lance con diverse testate (Corriere della sera, la Stampa, Espresso, Panorama, Focus…). Ha collaborato con il programma Mi manda Lubrano di Rai 3 e Consumi & consumi di RaiNews 24
Vorrei chiedere quali canali Nestlè e Findus utilizzano per rifornirsi di carne. Hanno allevamenti e macelli di proprietà oppure si appoggiano a ditte fornitrici esterne? Perchè nell’ultimo caso potrebbero essere pure loro parte lesa in questa vicenda.
Grazie
“Dopo lo scandalo, il governo inglese ha cambiato le regole, adesso le carcasse di cavalli macellati devono avere un certificato che attesti l’assenza di fenilbutazone. Chissa perché!”
Forse, per cercare di tranquillizzare l’opinione pubblica a fronte delle notizie incontrollate, e non verificate che circolavano, e circolano in G. B., cosi come in altri Paesi CE ?