Una cosa si comprende, nell’ultimo abbottonato comunicato dell’Efsa in merito al bisfenolo A: che la situazione potrebbe presto cambiare in senso restrittivo, ma per ora non ci sono gli estremi per farlo. L’Agenzia europea ha infatti appena reso nota la sua ultima posizione ufficiale sull’argomento, su richiesta della Commissione Europea dopo la pubblicazione, a settembre, del rapporto dell’Agenzia francese per la sicurezza sanitaria dell’alimentazione, dell’ambiente e del lavoro (Anses).

L’Anses ha espresso dubbi sulla sicurezza del Bpa a dosi oggi considerate innocue, basandosi sia su dati ottenuti su animali sia su analisi epidemiologiche. E ha invitato l’Efsa a rivedere le sue posizioni, risalenti al 2006 e confermate nel 2010, con alcune cautele.

In base ai dati allora disponibili, infatti, l’Efsa aveva stabilito una dose massima giornaliera di 0,05 milligrammi di peso corporeo, ma secondo l’Anses tale concentrazione potrebbe essere troppo elevata per essere considerata al di sopra di ogni sospetto.

Spiega Alberto Mantovani, del Dipartimento di sanità pubblica veterinaria e sicurezza alimentare dell’Istituto superiore di sanità, esperto nella valutazione di interferenti endocrini: «Premesso che il documento francese è impostato prevalentemente su dati tossicologici e non tiene conto di quelli legati all’esposizione, pure molto importanti, è indubbio che negli ultimi anni sono emerse diverse indicazioni che potrebbero giustificare una valutazione differente.

Ci sono infatti molti indizi di conseguenze negative per la salute a dosi più basse di quelle considerate senza effetto, soprattutto nell’organismo in sviluppo; inoltre, si è capito che il Bpa non è solo assorbito tramite i materiali a contatto con gli alimenti, ma probabilmente anche da molte altre fonti, non necessariamente alimentari. Ciò, d’altro canto, spiega anche la difficoltà di una valutazione che tenga  presente tutte le possibili vie di esposizione».

Al momento quindi anche secondo l’Efsa non ci sono numeri inoppugnabili sui quali fondare una presa di posizione netta, ma presto tutto potrebbe cambiare. Nel 2012 dovrebbero essere resi noti i risultati di studi americani attesi da tutta la comunità scientifica.

Scrive l’Efsa nel suo comunicato: “(…) permangono incertezze sulla possibile rilevanza per la salute umana di taluni effetti associati al Bpa, osservati a basse dosi nei roditori. Il gruppo di esperti riconsidererà il proprio parere dopo aver ulteriormente valutato nuovi studi e nuovi dati provenienti da studi a basse dosi, attualmente in corso negli Stati Uniti, che saranno disponibili nel 2012».

L’Authority, inoltre, ha istituito un gruppo di studio permanente sul Bpa che valuti in tempi stretti i dati più recenti e ha sottolineato più volte che i suoi pronunciamenti sono il risultato di un’analisi che tiene presente anche la valutazione del rischio legata all’esposizione, e rappresentano quindi una visione più completa (rispetto a quella dell’Anses) della problematica Bpa.

Nei contatti avuti nelle ultime settimane, Efsa e Anses si sono date appuntamento ai prossimi mesi, quando il vaglio della letteratura oggi disponibile sarà stato completato e quando, soprattutto, saranno pubblicati i dati dello studio americano. L’augurio – anche di Mantovani – è che la valutazione sia serena, fondata esclusivamente sui dati e non influenzata da pressioni di alcun tipo.

Agnese Codignola

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