In Belgio, la catena di supermercati Carrefour ha annunciato di voler offrire ai clienti prodotti biologici che siano i meno cari del mercato, con un prezzo non solo più economico rispetto a quello dei concorrenti ma addirittura inferiore rispetto ai prodotti non biologici.
Come riferisce il quotidiano La Libre Belgique, l’annuncio di Carrefour ha provocato la reazione dei produttori valloni, che parlano di una “guerra dei prezzi nel settore bio, che avrà delle conseguenze più che probabili: la crescita delle importazioni, a detrimento delle produzioni locali, e un prezzo minimo per i produttori biologici”. Per i produttori valloni, “è incomprensibile svalutare il valore del biologico sino al punto da far intendere ai consumatori che possono essere meno cari dei prodotti standard. Un approccio simile può rendere non più redditizia l’attività dei produttori locali”.
Anche in Italia Carrefour ha annunciato di voler rendere il biologico accessibile a tutti entro il 2022, riducendo il prezzo di vendita dei prodotti bio, in modo che non sia superiore del 15-20% rispetto a quello dei prodotti convenzionali. Carrefour Italia riconosce che “produrre biologico di qualità comporta costi più elevati (più cura, più manodopera, certificazione, costi di produzione elevati) rispetto ai normali prodotti. Quindi, per rendere il bio più accessibile attraverso un abbassamento dei prezzi, è necessario farlo facendo attenzione a non penalizzare i piccoli produttori”. Un equilibrio difficile
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L’errore più grande che i piccoli produttori bio di qualità potranno mai fare è quello di vendere i loro prodotti con le regole della GDO.
Non solo saranno alla mercé delle catene distributive, ma vedranno svalutarsi il loro nome e marchio.
L’unico antidoto è imporre all’origine il prezzo di vendita dei loro prodotti, indipendentemente dal venditore finale, fare promozioni solo per il primo inserimento delle referenze per l’assaggio iniziale e non cedere a compromessi produttivi che li costringerebbe a fare economie sbagliate, solo per vendere di più ma con meno ritorni.
E’ una strategia perdente che fa perdere qualità, sicurezza, marchio e margini commerciali da reinvestire in nuovi prodotti.
La qualità ha un prezzo oggettivo che solitamente viene stravolto dagli interessi delle grandi catene per farsi concorrenze spietate e sleali.
Sono un piccolo produttore di ortaggi e frutta biologica e mi posso permettere di dire che il bio del supermercato è impossibile.
La qualità del prodotto per essere elevata, va curata molto e di conseguenza penalizza la quantità. questa è una legge di natura ASSOLUTA.
Per la mia esperienza posso dirvi che comunque per stare in piedi un’azienda BIO autentica deve vendere i prodotti a prezzi che oscillano tra i 2 ed i 5 euro al kg. Diversamente non è sostenibile infatti col prossimo anno smetterò la produzione di ortaggi perché a quel prezzo qui dalle mie parti non compra quasi nessuno.
E questa è la responsabilità dei privati cittadini che preferiscono il cibo spazzatura a quello sano…. purtroppo!!
(In questa categoria non rientrano le famiglie povere ovviamente che sono obbligate a comprare a basso prezzo per sopravvivere)
Il problema prima che economico è culturale!!!!
Il.problema è che non si tratta di famiglie “povere”: la mia famiglia può definirsi “a medio reddito”, per il momento non abbiamo problemi economici, eppure di certo, se voglio inserire nella dieta della mia famiglia la GIUSTA quantità di frutta e verdura, non posso permettermi di comprare prodotti biologici, non è economicamente sostenibile. E questo vale ormai per l’80% delle famiglie italiane.
Mi dispiace per tutti i produttori di biologico, ma finché i prezzi sono quelli indicati, il vostro mercato resterà estremamente ristretto.
Il mio dubbio resta sempre lo stesso,. comunque: posto che la produzione biologica è naturalmente più costosa, DAVVERO richiede quei prezzi al consumatore? Considerate che non tutti i consumatori possono accedere alla vendita diretta da parte dei produttori, e comunque io ho visto prezzi da filiera lunga anche sui siti dei produttori che vendono ai GAS, quindi in grosse quantità e direttamente. Davvero volete dirmi che i prezzi non vengono abbondantemente sovradimensionati, almeno da alcuni produttori?
Gentile Claudiia,
quello che non è economicamente sostenibile è l’agricoltura convenzionale. Il vero problema non sono i prezzi “alti” dei prodotti bio ma al contrario i prezzi bassi della frutta e verdura convenzionale.
I produttori convenzionali sono strangolati dalla GDO e persino dalle Cooperative, le quali per stare dietro alla concorrenza comprimono i prezzi alla produzione quindi agli agricoltori.
Gli agricoltori convenzionali per starci dentro si fanno tentare dall’uso indiscriminato di prodotti chimici e spesso anche dall’uso di manodopera utilizzata al limite della dignità umana,vedi caporalato..
Il discorso è lungo e complesso sappi in ogni caso che nel prezzo che paghiamo per li prodotto convenzionale non sono inclusi: impatto e impronta ecologica a persino Dumping sociale.
Cerca nella tua zona un GAS vedrai che i prezzi del bio sono accessibili,inoltre scoprirai che aderire ad un GAS porta non solo convenienza nell’acquisto ma socialità e condivisione. Ogni euro che spenderai sul territorio sarà boccata di ossigeno per la tua comunità.
Comprare il bio (almeno il fresco) dalla GDO oltre ad essere costoso non affronta tutte le questioni sopra citate. Comprare il Bio fuori stagione dal supermercato è idiozia allo stato puro.
Anche il biologico risponde alle regole generali della domanda/offerta.
Maggiore è la domanda maggiore la produzione ed i prezzi diminuiscono.
Naturalmente i piccoli produttori, che sono la stragrande maggioranza del settore, non possono vendere sotto costo per rimetterci, rimanendo loro si nella fascia dei poveri, quindi serve comprensione e condivisione dell’investimento anche da parte dei consumatori, per far crescere le produzioni e calare i prezzi.
Non è solo un’analisi di mercato, ma è una scelta di vita da condividere se compresa, nell’insieme della visione ecologica ed ambientale.