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biofilm formaggio rosmarino valencia
Il biofilm, nel quale il formaggio viene immerso, protegge senza necessità di ricorso all’antibiotico né alla plastica

Il problema principale del formaggio fresco è la proliferazione di diversi tipi di funghi, che ne possono compromettere qualità organolettiche, gusto e aspetto, e talvolta comportare qualche rischio, oltreché un danno economico.

 

Per inibire la crescita dei miceti di solito si utilizza un farmaco chiamato pimaricina o natamicina (E235), spruzzato o polverizzato sulla superficie esterna (non deve essere presente 5 millimetri sotto la crosta, secondo la normativa europea), che assicura al formaggio una shelf life di tre settimane circa, oppure il rivestimento con polietilene. Nessuna delle due soluzioni, tuttavia, è del tutto soddisfacente, e per questo le ricercatrici dell’Institute of Food Engineering for Development dell’Università di Valencia, in Spagna, hanno sviluppato una pellicola del tutto commestibile, di bioplastica, contenente chitosano (una sostanza presente nello scheletro dei gamberetti, che serve a dare consistenza alla soluzione del biofilm) e oli essenziali dotati di una potente attività antibatterica e antifungina: quelli di origano e rosmarino.

 

Biofilm formaggio univarsita valencia
Le ricercatrici dell’Università di Valencia, che hanno sviluppato il biofilm

Tutti i test effettuati hanno infatti confermato che il biofilm, nel quale il formaggio viene immerso, protegge senza necessità di ricorso all’antibiotico né alla plastica. Non solo. Cento volontari, invitati a esprimere un giudizio sul formaggio con il biofilm, hanno affermato di trovarlo gradevole, anche più di quello senza rivestimento.

 

L’essenza più potente è quella di origano, e secondo gli autori la pellicola commestibile all’origano, come quella al rosmarino, aiuterebbe i produttori e i rivenditori a risolvere un altro problema: quello delle piccole crepe che si formano spesso nei formaggi, nelle quali i funghi possono crescere indisturbati perché lì la pimaricina non arriva. Il biofilm, al contrario – concludono gli autori su International Journal of Food Studies – arriva in profondità, e da lì può contribuire a ridurre un significativo e inevitabile danno economico.

 

Agnese Codignola

© Riproduzione riservata

Foto: iStockphoto.com; Alphagalileo.org

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Eliseo Patriarca
Eliseo Patriarca
6 Gennaio 2015 09:52

Spero che per produrre questa pellicola non si debba veramente usare lo scheletro dei gamberetti e che il chitosano sia riproducibile in laboratorio. Sennò per risolvere un problema se ne crea uno mille volte maggiore.