Benessere degli animali da allevamento: al via la piattaforma Ue. Tra gli obiettivi, rafforzare il dialogo tra le parti interessate e migliorare gli standard, ma non si discuterà di nuove leggi
Benessere degli animali da allevamento: al via la piattaforma Ue. Tra gli obiettivi, rafforzare il dialogo tra le parti interessate e migliorare gli standard, ma non si discuterà di nuove leggi
Beniamino Bonardi 20 Aprile 2017Il 6 giugno si terrà la prima riunione della Piattaforma dell’Unione europea sul benessere degli animali da allevamento. Il gruppo è composto da 75 membri: 35 in rappresentanza di Stati e organismi internazionali (Oie e Fao, Efsa) mentre altri 40 membri fanno riferimento a organizzazioni imprenditoriali e professionali oltre a organizzazioni della società civile ed esperti indipendenti.
La creazione di una Piattaforma Ue sul benessere degli animali da allevamento (sul modello di quella già esistente su dieta, attività fisica e salute) era stata proposta da Germania, Danimarca, Olanda e Svezia al Consiglio dei ministri dell’agricoltura del febbraio 2016. Lo scopo era facilitare lo scambio delle migliori pratiche di allevamento, sviluppare partnership per rafforzare gli standard e arrivare a un’eventuale nuova legislazione. Vari Stati hanno però sostenuto che la Piattaforma non avrebbe dovuto proporre nuove norme legislative. Anche il ministro italiano Maurizio Martina ha giudicato l’iniziativa come uno strumento importante per il coordinamento dei sistemi dei vari Paesi, ma escludeva nuovi oneri burocratici e finanziari “perché già i nostri lavoratori sono provati da diverse crisi e un eccessivo carico di oneri non verrebbe sopportato”. Secondo Martina, va fatta rispettare la normativa esistente, che “rappresenta un buon punto di equilibrio fra i diversi interessi in campo”.
La Piattaforma è stata istituita con una decisione della Commissione Ue del 24 gennaio 2017, che ha riconosciuto come una delle proprie priorità principali quella di “promuovere un dialogo rafforzato su questioni relative al benessere degli animali tra le autorità competenti, imprese, società civile e scienziati. Per realizzare queste priorità la Piattaforma focalizzerà l’attenzione su questi obiettivi escludendo nuove norme:
- una migliore applicazione delle norme comunitarie in materia di benessere degli animali, attraverso lo scambio di informazioni e buone pratiche e il coinvolgimento diretto delle parti interessate,
- lo sviluppo e l’utilizzo di impegni presi volontariamente da parte delle imprese per migliorare ulteriormente il benessere degli animali,
- la promozione degli standard di benessere animale dell’Ue per enfatizzare il valore di mercato dei prodotti dell’Unione a livello globale”.
Contro questa impostazione si è espresso il Parlamento europeo con una risoluzione approvata il 26 novembre 2015, in cui si afferma che il livello di benessere degli animali nell’Unione è tra i più elevati al mondo, ma che le norme europee e nazionali, a causa della loro complessità e delle interpretazioni divergenti, creano incertezza giuridica e possono comportare per i produttori di alcuni Stati uno svantaggio concorrenziale. La risoluzione chiedeva alla Commissione di garantire un quadro legislativo aggiornato, esaustivo e chiaro, ribadendo che il livello di benessere degli animali non deve in alcun caso essere ridotto per ragioni di semplificazione amministrativa, anche perché questi obiettivi non si escludono a vicenda.
Lo scorso gennaio, Il Parlamento europeo ha diffuso un approfondito documento intitolato Animal welfare in the European Union, redatto dal professor Donald M. Broom del Department of Veterinary Medicine dell’Università di Cambridge, che fa il punto sulla situazione. Lo studio evidenzia come per la maggior parte degli animali da allevamento non sia previsa una legislazione specifica. Attualmente esiste solo per polli, galline ovaiole, vitelli e maiali. Tutti gli altri animali da reddito fanno riferimento alla direttiva 98/58/CE, che è molto generale e non basta a garantire il livello di benessere negli allevamenti. I settori dell’acquacoltura, dei conigli, delle anatre, dei tacchini e dei bovini non dispongono di una specifica normativa, anche se i rapporti dell’Efsa, e di altri enti precedenti, hanno evidenziato numerose questioni relative alle condizioni di allevamento, di trasporto e macellazione.
Secondo Broom, uno dei principali problemi è quello delle zampe dei polli d’allevamento e delle vacche da latte che spesso soffrono di mastiti, disordini riproduttivi e zoppia. L’autore dello studio sottolinea come l’attuale politica della Commissione europea, concentrata sullo scambio di informazioni e sull’applicazione della legislazione in tutti gli Stati membri, non possa eludere la necessità di un completamento della legislazione. E proprio la legislazione dell’Ue sul benessere animale e il suo stato di attuazione, a livello europeo e dei singoli Stati, sarà oggetto di un’indagine della Corte dei conti europea, che inizierà in giugno. L’indagine riguarderà anche il sistema dei controlli e l’efficacia della spesa dei fondi Ue nel settore.
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Dopo gli ultimi servizi televisivi, andati in onda anche recentemente in macelli ed allevamenti intensivi, perdonate la franchezza, ma da riformare ci sono solamente i mandati ai veterinari responsabili dei controlli.
Perché di norme ce ne sono tante ed anche di buon senso e rispetto, ma che vengano fatte osservare siamo molto lontani dal raggiungerlo, almeno in quei contesti visionati.
Abbiamo anche visto servizi di allevamenti modello, che per fortuna nostra e degli animali allevati, fanno da vero contraltare a queste situazioni di decadenza morale, prima dei gestori e dei controllori, ma poi anche di tutta la comunità che tollera queste situazioni.
I NAS in quelle situazioni al limite della delinquenza e molto oltre i livelli minimi di buona prassi gestionale, dovrebbero rimuovere i veterinari responsabili e bloccare l’attività gestita da persone incapaci ed inadempienti, colpevoli anche di torture varie agli animali allevati e/o macellati, trasportatori coinvolti compresi.
Ed infine sono d’accordo con il ministro Martina, che prima di tutto vada fatta rispettare la normativa esistente, che “rappresenta un buon punto di equilibrio fra i diversi interessi in campo”.
Ma i due ministeri interessati si dovrebbero attivare e coordinare da subito, per raggiungere almeno i livelli minimi di rispetto animale, prima eliminando la tortura, poi dedicarsi alla prevenzione delle recidive ed al miglioramento generale delle strutture e delle prassi di gestione in tutte le fasi, dalla riproduzione al macello, senza perdere per strada i trasporti.
Al commento di Ezio, che condivido, aggiungerei la necessità di divulgare le raccomandazioni di OMS e altri Istituti, oltre che dei nutrizionisti etici (lo sono tutti?) che indicano le carni come dannose per la salute degli umani. Non è necessario diventare vegetariani o vegani, basterebbe diminuire il numero di pasti a base di carne. E riflettere: sotto l’arrosto o la bistecca che trovi nel piatto è nascosta tanta sofferenza.
Anche io condivido in pieno il commento di Ezio ma sotto l’arrosto o la bistecca o magari una salsiccia è nascosta spesso anche tanta brace ardente.