“Il grano dei nostri formati classici da oggi è 100% italiano”. Si apre con questo annuncio il “Manifesto del Grano Duro” con cui Barilla mette nero su bianco i suoi impegni verso una pasta realizzata con frumento duro Made in Italy, a partire dalle tipologie più famose, come gli spaghetti, le penne rigate, i fusilli e le mezze maniche. Eppure Barilla fino a ieri era in prima fila a sostenere la necessità del grano straniero. Da dove arriva questo cambiamento?
L’azienda di Parma non è nuova a questi capovolgimenti di posizione, forse dettati da una grande sensibilità (o un cedimento, potrebbe dire qualcuno) alle richieste dei consumatori. In passato è successo con l’olio di palma: dopo averlo apertamente sostenuto insieme a Ferrero e all’associazione di categoria Aidepi, improvvisamente ha annunciato l’intenzione di eliminare il grasso tropicale da tutti i prodotti a marchio Mulino Bianco in seguito alle pressioni del pubblico.
Ora sembra accadere lo stesso con il grano straniero. In realtà Barilla tiene a precisare che non è l’origine del grano duro a fare la differenza e che già nel 2018 l’80% di tutto il frumento utilizzato per la produzione di pasta negli stabilimenti era coltivato in Italia. Sembra, quindi, che ci troviamo al culmine di un lungo percorso di collaborazione tra l’azienda e i produttori italiani, passato anche attraverso un protocollo di intesa con il ministero della Politiche agricole per la valorizzazione del grano duro italiano.
Il grano duro straniero tuttavia non è utilizzato solo perché la produzione italiana di frumento è insufficiente a coprire il fabbisogno nazionale di pasta, ma anche perché è di ottima qualità e migliora il contenuto proteico. Come compensare? Miglioramenti tecnologici in fase di produzione della semola e della pasta in tutte le sue fasi, che hanno portato alla creazione di formati di maggior spessore e con una migliore tenuta in cottura.
Il grano duro italiano utilizzato da Barilla proviene da 13 regioni distribuite dal Nord al Sud del paese, grazie a varietà selezionate negli anni specificamente per adattarsi alle condizioni climatiche delle diverse zone d’Italia e a meccanismi di premialità al raggiungimento di determinati obiettivi qualitativi, come un elevato contenuto proteico. Barilla, puntando alla sostenibilità e al sostegno delle comunità locali, si è impegnata anche ad acquistare il frumento coltivato il più vicino possibile ai propri stabilimenti.
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Che Barilla sia stata folgorata sulla via di Damasco non ci credo…
Il suo comportamento è dettato esclusivamente dal mercato
Gli conviene e basta.
Se non gli convenisse, fallirebbe.
Il loro dietrofront è dato che il consumatore ha optato xil grano italiano
Finalmente ci siamo riusciti. Per quanto riguarda la qualità c’è una grossa imprecisione. Ricordo alla Barilla che da sempre i ns grani nn contengono glisofate (disserbo) perché essendo mediterranei maturano e quindi ingialliscono con il sole. Canada e Francia no perché hanno estati piovose e il grano inerisce senza disserbo. Cordiali saluti.
Ma se continuano a essiccarla in brevissimo tempo ad altissime temperature, il prodotto sempre quello è…
Bravo. Provata e riprovata…. Non ci siamo. Tutta la vita grani americani
Ma come? non si diceva da sempre che era IMPOSSIBILE fare una pasta con soli grani italiani perchè il nostro grano non era di qualità come quello estero…
E’ bastato che campagne ben fatte abbiano fatto preferire ai consumatori il fatto che sia pasta di grano italiano piuttosto che pasta buona… Che problema ha la Barilla? Nessuno. Per la sua produzione il grano italiano non basta, poiché il consumatore italiano vuole prodotto italiano, glielo si dà, mentre con i grani esteri faranno la pasta da esportazione. Probabile anzi che essendo di grano italiano possa spuntare un prezzo migliore sul nostro mercato. Tutto a posto
Ho molti dubbi, la domanda supera di gran lunga l’offerta. Non c’è abbastanza grano in Italia.
Scelta di marketing, come avvenuto per l’olio di palma, come in politica ci si muove per slogan, la realtà produttiva e qualitativa interessa apochi.
A me non sembra proprio che sia stato il pubblico ad esercitare pressioni affinchè fosse eliminato l’olio di palma dai prodotti a marchio Mulino Bianco. E’ vero il contrario: è stato invece Mulino Bianco a bombardare di pubblicità il pubblico, demonizzando l’olio di palma per sfruttare a proprio vantaggio l’ondata di opinione che si stava formando, a danno del suo concorrente principale: Ferrero.
Questa ennesima “giravolta spaziale” di Barilla non fa che peggiorare ancora l’opinione che personalmente ho di questa azienda, mantenuta in piedi da una quantità enorme di pubblicità, a fronte di una qualità media dei suoi prodotti.
Ho sempre comprato poco i prodotti Barilla, non sopporto l’incoerenza……ne comprerò ancora meno.
Cé un problemino peró. Non so se lo avete notato. Tutta la “nuova” pasta Made in italy di Barilla é raffinata , bianca. Nessuna integrale.
Quindi a mio modo di vedere é piú in operazione per tornare ad acquistare pasta bianca .
A quel punto inutile stare a vedere se é tutta Made in italy o no , visto che il chicco é stato raffinato..
Ma c’è gente che crede ancora che solo il prodotto italiano sia di ottima qualità? Beati loro…
La morale mi sembra questa: l’ondata opinionista post Covid-19 cosa desidera? Il cittadino consapevole desidera comprare italiano e inquinare meno. Il consumatore medio? Spendere meno. Ogni imprenditore saggio cerca di coniugare le richieste e offrire al mercato la risposta migliore (quando non può o non riesce a manipolarlo). E’ solo questa la regola. Poi il marketing fornisce tutte le motivazione e i discorsi del caso.