Manga e alimentazione bambino fumetti 87474799 Bambini e pubblicità
Bambini e pubblicità: nessun miglioramento sulla salute, le aziende fanno ancora troppo poco

I progressi nelle pubblicità del cibo per bambini si sono dimostrati troppo esigui per avere effetti sulla salute pubblica. È quanto emerge da una ricerca pubblicata sull’American Journal of Preventive MedicineComparando spot precedenti al 2007 con altri relativi al 2013, gli autori dello studio (Università di Arizona e Pennsylvania) hanno notato che i miglioramenti sono stati quasi trascurabili. «Di fronte alla richiesta di regolamentare in modo più stringente la pubblicità del cibo destinato ai bambini, l’industria ha fatto solo un piccolo passo», ha dichiarato Dale Kunkel, una delle tre firme della ricerca.

 

Nell’analisi dei contenuti dei messaggi pubblicitari destinati agli alimenti più consumati nel corso dell’infanzia, è stato effettuato un confronto tra la situazione precedente al 2007 (625 gli spot analizzati) e quella successiva: 354 i messaggi pubblicitari osservati nel 2013. La data scelta come spartiacque non è casuale. Nel 2006, infatti, un rapporto dell’Institute of Medicine statunitense avvertiva che “la pubblicità del cibo spazzatura pone a rischio la salute dei bambini”, considerando che quasi il 10% dei più piccoli oltreoceano è obeso (leggi articolo). Da qui il via al dibattito pubblico che, nell’arco di un anno, portò alla presentazione di un programma di autoregolamentazione degli spot degli alimenti per l’infanzia, sottoscritto da 17 multinazionali del food and beverage: tra cui Coca-Cola, Unilever, Nestlé, Pepsi, Ferrero, Mars, Kraft, McDonald’s, Mondelez e Kellogg’s. Da quel momento in poi, in teoria, la situazione avrebbe dovuto subire un drastico cambiamento. L’ultima ricerca, invece, dimostra che la situazione è pressoché immutata, con un impatto prevedibile in termini di salute pubblica sulla popolazione americana.

 

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Il 30% dei messaggi riguardava prodotti di aziende che non avevano aderito al programma di autoregolamentazione

I ricercatori hanno proceduto suddividendo i cibi protagonisti dei messaggi pubblicitari in tre categorie, secondo le indicazioni fornite dal Dipartimento della Salute e dei Servizi Umani statunitense: ricchi di nutrienti e poveri di calorie (quasi tutti di origine vegetale), intermedi (latte intero, succhi di frutta, burro di arachidi, pasta) e poco salutari (pollo fritto, hamburger, gelati, bibite gassate). Dall’analisi dei cibi osservati negli spot, si è visto che l’80% rientrava nella categoria intermedia: tanto prima quanto dopo il 2007. Quanto a quella dei cibi salutari, era rappresentata nel 16,5% delle pubblicità osservate nel 2007 e nel 18,3% di quelle mandate in onda nel 2013: da qui il miglioramento quasi impercettibile, ritenuto statisticamente irrilevante. Gli spot monitorati per dieci settimane erano stati trasmessi in programmi rivolti ai bambini tra le 7 e le 10 del mattino, su cinque reti generaliste (Abc, Cbs, Fox Nbc e Cw) e due canali tematici (Cartoon Network e Nickelodeon).

 

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I principali passi compiuti dalle aziende hanno riguardato quei prodotti che erano già riconosciuti come salutari

I principali passi compiuti dalle aziende hanno riguardato i messaggi relativi a quei prodotti che, secondo le linee guida delle case madri, erano già riconosciuti come salutari per la popolazione infantile. Ma c’è un dato ancora più rilevante. Ovvero: il 30% dei messaggi trasmessi riguardava prodotti commercializzati da aziende che non avevano aderito al programma di autoregolamentazione stilato nel 2007. In particolare due multinazionali, la Chuck E. Cheese (catena di pizzerie) e la Topps Company (caramelle e gomme da masticare), avevano monopolizzato il piccolo schermo con il 14,7% e il 9% del totale degli spot trasmessi nella fascia mattutina. Un’evidenza che, secondo gli autori della ricerca, denuncia «l’inadeguatezza delle misure di autoregolamentazione nella lotta all’obesità infantile. Servirebbero restrizioni governative sulle pratiche pubblicitarie per porre un argine alla presenza dilagante di alimenti poco salutari sul piccolo schermo». Come evidenziato già nel 2012, i più esposti a questi messaggi sono proprio i ragazzi già in sovrappeso.
Twitter @fabioditodaro