Il fatto alimentare ha già pubblicato una serie di osservazioni critiche sull’articolo 62 pubblicate il 25 ottobre da Il Sole 24 Ore evidenziando come il vademecum trascurava alcuni elementi essenziali. Il quotidiano economico è tornato alla carica con una “notizia” che dopo due settimane si è rivelata falsa.

 Il 1° novembre 2012, a margine dell’articolo “Contratti agricoli, più poteri ai produttori“, firmato da Giorgio Costa il giornale scrive :Pubblichiamo di seguito alcune risposte che il ministero delle Politiche agrarie ha fornito in via informale al Sole 24 Ore relativamente all’interpretazione dell’articolo 62 della legge 27/2012 in materia di contratti su beni agroalimentari. Esse forniscono una prima traccia di lavoro e non hanno valore legale.


Poichè a distanza di 20 giorni dall’entrata in vigore della legge non si ha notizia di documenti ufficiali del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali sull’argomento, ci siamo posti qualche interrogativo sull’affidabilità della notizia. Premesso che il “ministero delle Politiche agrarie”, come scritto nella nota, in Italia non esiste, è lecito chiedersi chi siano questi misteriosi esperti visto che la traccia di lavoro conduce fuori strada diverse volte.

 

Il vademecum del giornale scrive che “i mangimi per animali si pagano entro 60 giorni“. Perché? Su quali basi? La legge indica come criterio di discrimine per il pagamento a 30 o 60 giorni dei prodotti agricoli (tra cui mangimi e loro materie prime) la durabilità inferiore o superiore a 60 giorni. È quindi logico procedere a valutazioni caso per caso, e quando il prodotto agricolo ha un termine di conservazione inferiore a 60 giorni applicare il limite di pagamento più breve (30 giorni).

 

. Ciò non è vero, in quanto l’articolo 62 vieta una serie di pratiche commerciali sleali tra cui l’imposizione di un termine minimo tra la consegna delle merci e l’emissione della fattura.

 

Circala vendita contestuale di bovini senza limiti stringenti” vale la pena essere più precisi. Il pagamento delle merci (in questo caso, animali vivi) contestuale alla consegna, esclude senza dubbio l’applicazione dei termini di pagamento, ma non è affatto scontato che a questo tipo di vendita non si applichino le regole a presidio della correttezza delle pratiche commerciali.

 

L’errore più macroscopico riguarda la durata. Questo elemento essenziale, secondo quanto riportato dal quotidiano, si riferisce “sempre ai contratti […]. Quando riferito al prodotto, il termine da utilizzare è riferito alla durabilità“. Attenzione, la durata è elemento essenziale del contratto nei soli casi in cui l’accordo non esaurisca i propri effetti nella singola compravendita, come è nell’ipotesi dei contratti quadro.

Diversamente, il contratto non ha durata e gli unici riferimenti temporali riguardano semmai la consegna delle merci e il loro pagamento. Associare la durata del contratto alla durabilità del prodotto è del tutto avulso dal codice civile a cui ci si deve sempre e comunque riferire.

 

E ancora, “Le preparazioni di carne sono tali solo se contengono almeno il 20% in peso di salsiccia, di salame, di carne, di frattaglie, di sangue, di pesci o di crostacei, di molluschi o di invertebrati acquatici, o di una combinazione di tali prodotti“. Questa posizione del quotidiano rosa è opinabile anche se riferito ai codici della Nomenclatura combinata. Se e quando il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali introdurrà criteri interpretativi atti a inquadrare i “prodotti di carne” deperibili, lo dovrà fare nel rispetto dei criteri indicati nella norma primaria, l’articolo 62.

 

Un’altra disattenzione riguarda “La tentata vendita non sfugge alle norme” significa anche, nei casi di tentata vendita – come in ogni altra forma di cessione dei prodotti agricoli e alimentari – la fattura successiva alla consegna delle merci non è idonea a dimostrare l’esistenza di un accordo scritto che invece deve precedere o accompagnare il trasferimento delle merci.

 

Infine c’è la questione delle “Fatture diversificate con prodotti misti“, come abbiamo già scritto, cliente e fornitore possono concordare l’applicazione di un unico termine di pagamento più breve (30 giorni data ricevimento fattura o ultima consegna mensile delle merci, o ancor meglio 30 giorni data emissione fattura) per cessioni combinate di prodotti deperibili e non deperibili. In questo caso, l’emissione di un’unica fattura risulta del tutto compatibile con le normative applicabili.

 

Dario Dongo

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