In seguito all’entrata in vigore della legge 27/2012, che rivoluziona il sistema dei pagamenti dei prodotti alimentari, moltissimi lettori ci hanno scritto chiedendo delucidazioni in particolare sull’articolo 62.
Per un approfondimento sulla corretta applicazione della normativa si può scaricare l’e-book scritto dall’avvocato Dario Dongo “Articolo 62: una rivoluzione” e pubblicato da Il fatto alimentare.
Di seguito pubblichiamo alcune delle domande giunte in redazioni con la risposta dell’avvocato Dongo.
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Sono un imprenditore agricolo produttore di mais, soia, frumento e barbabietola da zucchero, leggendo il vostro articolo sembra che il concetto che si vuol far passare rispetto all’art. 62 sia un riordino del mercato e un abbassamento dei prezzi al consumatore.
Guardiamo ora l’altra faccia della medaglia: la grande distribuzione che pagava a 180 giorni ora si vede costretta ad accorciare fino a 30 giorni i pagamenti, siete proprio sicuri che gli interessi passivi bancari a carico della grande distribuzione non vengano riversati sul consumatore finale? Pensate che la grande distribuzione non lavori con le banche?
Antonio
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La tesi dello scrivente, ampiamente illustrata nell’ebook “Articolo 62, una rivoluzione”, è che la legge in questione abbia come principali obiettivi:
– il riequilibrio dei poteri negoziali nei rapporti commerciali all’interno della filiera agroalimentare (grazie ai divieti di pratiche sleali),
– ricondurre i tempi di pagamento a livelli coerenti con il resto dell’Europa (con l’introduzione di termini legali e inderogabili),
– la lotta all’evasione fiscale (con l’obbligo di forma scritta per tutti i contratti che a vario titolo si ricollegano alla vendita di prodotti agricoli e alimentari).
Più in generale la moralizzazione di rapporti tuttora opachi, dove la competizione si gioca su una varietà di fattori (come quello finanziario, oltre a un’ampia serie di pratiche vessatorie imposte ai fornitori con modalità talora differenziate) che esulano dalla natura propria della compravendita.
Non perciò si altereranno le quote di profitto all’interno della cosiddetta “catena del valore”, ma quantomeno i fornitori – almeno, si spera – potranno giocare ad armi pari. Vale a dire negoziare su prezzo e qualità delle merci, su basi coerenti e prevedibili.
In gergo commerciale, si auspica che il profitto distributivo che oggi ricade sotto il cosiddetto margine di secondo livello (legato a vari ammennicoli, dai ritardi di pagamento agli sconti retroattivi) venga trasferito al primo livello (cioè la differenza tra prezzo di vendita e costo del prodotto).
L’abbreviazione del ciclo finanziario comporta inevitabilmente il trasferimento a valle della filiera di problemi di liquidità. Ma pensare di affrontare questo effetto senza risolvere la sua causa appare a dir poco velleitario. E l’articolo 62, da più parti avversato, mira esattamente alla causa.
La GDO, come è evidente, dovrà cambiare strategie e a sua volta ritrovare competitività lavorando all’ottimizzazione dei propri processi, anziché scaricare a monte la propria inefficienza.
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Il mio dubbio è di altro genere. L’azienda dove lavoro utilizza un servizio mensa catering. Se ora sono “obbligati” ad ottenere il pagamento entro 30gg dalla data della fattura, come verranno gestite le scadenze delle fatture emesse al 30/11 che dovranno quindi essere pagate entro il 31/12?
Nella fattispecie nei confronti delle aziende che, ovviamente, a cavallo tra dicembre e gennaio sono chiuse per ferie e che, per prassi, accordano con i fornitori lo slittamento dei pagamenti al 10 di gennaio o addirittura al mese successivo. Non sono previste deroge sui termini di pagamento se “cliente e fornitore” sono in accordo con pagamenti oltre i 30gg?
Alessio
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Bisogna anzitutto verificare se un “servizio di mensa catering” sia soggetto a una norma che si applica alle compravendite di prodotti agricoli e alimentari, il che non è affatto scontato e va piuttosto verificato in concreto.
Ciò detto, le deroghe sono ammesse soltanto a favore del creditore, vale a dire che ci si può accordare per abbreviare ma non per dilazionare i termini di pagamento. Altrimenti, è il cliente e non il fornitore a esporsi al rischio di una sanzione amministrativa anche grave. Per un semplice ma inesorabile meccanismo:
– l’accordo è nullo nella parte in cui siano previsti tempi di pagamento superiori ai termini legali,
– le clausole nulle sono automaticamente sostituite con le norme imperative di legge (pagamenti da eseguire entro i 30/60 giorni),
– a partire dal giorno successivo alla scadenza del termine legale di pagamento, il debitore infrange una prescrizione di legge punita con una sanzione di non poco conto (da 500 a 500.000 €, tenuto conto del suo fatturato nonché della misura ed entità del ritardo).
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Alcuni clienti “impongono” la certificazione della consegna della fattura riepilogativa (dei ddt) nel mese successivo, così da allungare il pagamento. È legale?
Carlo
È plausibile la richiesta tassativa da parte del cliente della ricezione del documento fiscale per sola raccomandata A/R escludendo la possibilità di posta certificata?
Caterina
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Questo tipo di “richieste” costituiscono in tutta evidenza pratiche vessatorie e manifestamente inique il cui evidente scopo è quello di fare slittare di un mese i pagamenti rispetto ai termini legali che possono venire derogati solo a vantaggio del creditore. È dunque una pratica sleale e vietata.
Avremo piacere di raccogliere copia di queste come di altre lettere, per fare luce su come alcune imprese di distribuzione provino ad aggirare le norme imperative di legge.
Dario Dongo
Foto: Photos.com