Come si mangia nello spazio? Le tecniche di conservazioni, le sfide e le scelte degli astronauti. Intervista allo chef Stefano Polato di Argotec
Come si mangia nello spazio? Le tecniche di conservazioni, le sfide e le scelte degli astronauti. Intervista allo chef Stefano Polato di Argotec
Eleonora Viganò 24 Marzo 2014Quali caratteristiche nutrizionali hanno questi alimenti?
A bordo manca la gravità con conseguenze sul peso muscolare. Si ha una accelerazione del processo di invecchiamento cellulare soprattutto perché per lunghi periodi non si può fare attività fisica. L’alimentazione è l’unico modo per preservare la salute degli astronauti. Quindi si prediligono alimenti senza sale – per evitare la ritenzione idrica – ricchi di calcio e proteine.
Quali sono i costi?
Rispetto agli stessi prodotti in vendita al supermercato i prezzi lievitano di 5/6 volte. Innanzitutto per la qualità della materia prima che scegliamo: siamo andati personalmente in Trentino a compare le mele migliori e mature al punto giusto. Poi la produzione è ristretta (500 porzioni per ogni cibo) e il packaging incide molto sui costi perché nelle buste non devono entrare aria e luce, la pressione è alta e il materiale deve essere resistente.
È possibile trasferire l’esperienza del food spaziale nel settore “terrestre”?
Sì, soprattutto per quanto riguarda lo spreco alimentare e la necessità di conservazione a lungo termine. Mi vengono in mente tutte le situazioni in cui non si ha a disposizione un frigorifero come nel caso di calamità naturali, attività estreme, escursioni in ambienti particolari … I costi, come dicevamo, sono alti, ma in quei casi di emergenza si può per esempio giocare sui numeri, producendo più di 500 buste alla volta.
Eleonora Viganò
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redazione Il Fatto Alimentare