L’Antitrust censura Vanity Fair il settimanale edito da Condé Nast per avere pubblicizzato i marchi McDonald’s e Pepsi in maniera poco trasparente. Per la precisione si è trattato di due publiredazionali a pagamento, cioè finti articoli che decantano solo virtù e pregi delle aziende. In altre parole sono pubblicità. Per McDonald’s il servizio illustrava le colazioni che si possono ordinare al mattino, per Pepsi un servizio di quattro pagine intitolato “Il rap parla italiano” proponeva la fotocronaca di un concerto al Forum di Assago.
Per i lettori è facile confondere queste pubblicità ambigue con un’intervista o un approfondimento vero, anche se delle scritte in caratteri tipografici minuscoli “VANITY PER MCDONALD’S” e “VANITY PER PEPSI” , posizionate ai margini delle pagine, dovrebbero aiutare a capire la vera natura dell’articolo.
L’Antitrust ha censurato queste “pubblicità mascherate” e Condé Nast si è impegnata, d’ora in poi, a inserire negli articoli la scritta “VANITY FAIR PROMOTION” oppure “ADVERTISEMENT”. In linea di principio la decisione è interessante perché l’abitudine dei giornali a scrivere finti articoli a pagamento è molto diffusa, per contro l’inserimento di due parole inglese per fare capire al lettore che in realtà sta leggendo una pubblicità, oltre che del tutto insufficiente, desta qualche perplessità.
Forse andava detto qualcosa in più sulle dimensioni delle scritte e anche sulla modalità di impaginazione. Solo in questo modo è possibile rendere immediatamente distinguibile il vero articolo da questa sottospecie di pubblicità a pagamento che molti direttori propongono a dispetto di ogni norma deontologica.
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza come free lance con diverse testate (Corriere della sera, la Stampa, Espresso, Panorama, Focus…). Ha collaborato con il programma Mi manda Lubrano di Rai 3 e Consumi & consumi di RaiNews 24
Se vogliamo farci capire meglio dai lettori di Vanity Fair, perchè scrivere “VANITY FAIR PROMOTION” oppure “ADVERTISEMENT”?
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Non sarebbe stato meglio scrivere PROMOZIONE o PUBBLICITA’?
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La mia solita domanda torna d’attualità: perchè non comunicare in italiano con gli italiani?
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Vedi: http://paoblog.net/2012/06/29/societa-15/
La decisione presa sembra un po’ una presa in giro. Vanity fair ammette di avere sbagliato e propone una soluzione che è quasi peggio del problema .
VANITY FAIR ha dimostrato a pieno la sua professionalità, la sua coerenza e la sua onestà verso i suoi lettori (CHE PAGANO LA RIVISTA) che dire altro?
La rivista è pagata da MD e quindi deve accontentarla mascherando una semplice pubblicità commerciale con un articolo informativo. La correttezza era dimostrata se la avessero evidenziata da subito e nella lingua del lettore. Che dire altro? …
Caro paoblog se la comunicazione commerciale fosse corretta MD sarebbe chiusa e con lei altre aziende “rinomate”.
Interessante come provvedimento..Ma dove lo si può trovare? C’è sul sito dell’Agcm?
lo può leggere interamente sul bollettino http://www.agcm.it/bollettino-settimanale/6783-bollettino-82014.html
Lo chiedevo appunto perchè, leggendo gli ultimi bollettini (tra cui quello richiamato nel link) non trovavo i riferimenti..Sapreste darmi indicazioni più precise? Probabilmente per scarsa esperienza non riesco a trovarlo io…Grazie ancora!!
è un pdf: http://www.agcm.it/trasp-statistiche/doc_download/4101-8-14.html
Questo tipo di accordi tra antitrust e aziende non compaiono in rete.