Mucche da latte o bovini mangiano fieno o mangime in un allevamento

L’Agenzia europea per i medicinali (EMA) ha appena reso noto il suo tredicesimo rapporto del sistema di sorveglianza europea del consumo di antimicrobici veterinari (ESVAC). Lanciato nel 2009, analizza i dati provenienti da 31 Paesi, secondo una prospettiva storica, ma anche quantitativa e qualitativa. Una fotografia indiretta – non necessariamente ogni grammo acquistato è poi utilizzato – di come sta andando la lotta all’impiego eccessivo di antibiotici dopo che, nel 2006, l’Unione Europea ha introdotto il divieto di utilizzo per scopi non terapeutici, e dopo che, nel 2018, è stato fissato l’obiettivo di un dimezzamento entro il 2030, nell’ambito della strategia Farm to Fork.

Gli antibiotici veterinari in Italia

In generale, la situazione non è negativa: nell’ultimo decennio, e cioè tra il 2011 e il 2022, l’utilizzo complessivo è diminuito del 53% (in Italia del 57,5%). Lo stesso vale per l’ultimo anno: nel 2022, rispetto al 2021, le vendite sono calate del 23,9% in Belgio, del 24,8% in Francia, del 28,5% in Ungheria, del 32,3% in Lituania, del 32,7% a Malta e addirittura del 48,6% in Portogallo.

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In Europa l’uso di antibiotici veterinari in allevamento è diminuito del 53% in dieci anni

Se però si va a vedere che cosa è successo in Italia, la situazione appare diversa. Le vendite sono infatti diminuite anche qui, ma solo del 9,2% e l’andamento nel tempo mostra un sostanziale appiattimento delle curve già dal 2017-2018. Vi sono anche Paesi che hanno incrementato l’acquisto di antibiotici come Islanda, Danimarca e Polonia (Paese, quest’ultimo che risulta il peggiore in quasi tutti gli indici e che ha aumentato dell’11,2% gli acquisti). Ciò non giustifica la timidezza visibile nel nostro Paese.

Se si verificano i diversi parametri, l’Italia è quasi sempre tra i peggiori, con l’esclusione, in parte, delle vendite degli antibiotici di ultima generazione, che allevatori e veterinari sembrano, fortunatamente, utilizzare con estrema parsimonia. Le vendite di polimixine, antibiotici che devono essere riservati a casi per i quali non vi sono alternative, è calata nel corso del decennio del 98,1%, come quella dei chinoloni (-95,9%), quella delle cefalosporine di terza e quarta generazione (-76,2%), mentre sono diminuite di meno le vendite di fluorochinolone (-59%).

Italia terza in Europa

Se si osservano i valori assoluti, espressi in mg/PCU (Population Correction Unit, un’unità di misura standardizzata delle popolazioni di animali da allevamento), emerge che l’Italia presenta valori tra i peggiori, 157,5 mg/PCU, terza dietro a Cipro (254,7 mg/PCU) e Polonia (196 mg/PCU), e di poco superiore alla Spagna (127,4 mg/PCU). I valori italiani erano tra i più elevati d’Europa e scendono più lentamente di quanto sarebbe auspicabile: ecco perché, ancora oggi, sono così alti. Ciò conferma che, dopo un iniziale buon andamento, negli ultimi anni il processo è rallentato, e negli allevamenti italiani si usano ancora troppi antibiotici. Le tre classi più vendute in Italia nel 2022 sono le penicilline, le tetracicline e le sulfonamidi, che rappresentano rispettivamente il 34,6 il 22,6 e 13,8% il del totale.

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L’Italia è il terzo Paese in Europa per vendita di antibiotici veterinari, in rapporto alla popolazione di animali da allevamento

La tracciabilità degli antibiotici veterinari

In Italia dal 2019 la vendita di antibiotici per animali è tracciata digitalmente, dalla prescrizione al cliente, e dal produttore o rivenditore al cliente, e i dati sono inviati a un database centrale che, tra le diverse funzioni, dovrebbe consentire di evidenziare vendite sospette, movimenti di volumi eccessivi e così via. Inizialmente i dati erano inseriti tutti insieme, senza distinzioni, ma dal 2022 quelli relativi agli allevamenti di animali da carne o latte sono separati, e questo ha permesso anche di elaborare stime di un parametro chiamato DDDAit (Defined Daily Dose Animal for Italy), che definisce appunto quanto, di un certo antibiotico, è in uso per un certo tipo di animale, e a che punto è la resistenza, insieme ad altre informazioni sull’allevamento.

È in atto uno sforzo, ma è evidente che molto resta da fare. I casi di Paesi grandi produttori che sono riusciti a raggiungere obiettivi più ambiziosi nello stesso quadro normativo, dimostrano che è migliorare, e anche tanto, è possibile. Basta volerlo davvero.

© Riproduzione riservata Foto: Depositphotos, AdobeStock

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Andrea
Andrea
1 Dicembre 2023 15:42

“In Italia sono presenti all’incirca 2 milioni di bovine destinate alla produzione di latte, dislocate per più del 70% nel nord del paese ed in particolare nella Pianura Padana.” (cit.) Transitando in zona ne avete mai vista una al pascolo? Gli animali “da reddito” tombati in allevamenti intensivi, alimentati a mangimi e farmaci. Nei campi invece tanti utili capannoni.

Roberto La Pira
Reply to  Andrea
1 Dicembre 2023 15:46

I farmaci negli allevamenti si usano solo quando gli animali sono ammalati, proprio come succede a noi. I farmaci non rientrano nella dieta ccorente come molti pensano erroneamente

Belinda
Belinda
Reply to  Roberto La Pira
3 Dicembre 2023 22:00

In tal caso dovrebbe preoccupare ancora di più….se nelle stalle ci sono tutti sti animali malati. Onestamente non è per niente rassicurante.. altro che made in Italy…meglio non mangiarne

giova
giova
Reply to  Roberto La Pira
6 Dicembre 2023 09:24

Sì, ma questa affermazione implica una netta demarcazione tra salute e malattia, e sappiamo tutti che la farmacoresistenza derivata dall’abuso di antibiotici è causata proprio da interventi inadeguati (un mal di gola curato con un antibiotico ad es.; o un raffreddore, che esssendo virale dell’antibiotico se ne fa sberleffe). Se questo avviene tra noi umani, è presumibile che avvenga anche con gli animali. In fin dei conti siamo terzi in Europa per consumo, no?
Inoltre, alcuni supermercati si fregiano di vendere carne senza antibiotici, questo conferma che il problema esiste. E al di là di diffusissimi claim pubblicitari infondati, in questo caso un’analisi di laboratorio rivela l’eventuale dichiarazione fraudolenta.

Roberto La Pira
Reply to  giova
6 Dicembre 2023 09:55

Il veterinario non prescrive la cura antibiotica se non è necessaria. C’è un costo da sostenere per l’allevatore. La dichiarazione sul non uso di antibiotici vuol dire che nell’allevamento non si sono riscontrate malattie da curare con medicinali antibiotici

severino magnabosco
severino magnabosco
Reply to  Andrea
11 Dicembre 2023 21:18

Mi scusi , ma lei ha mai visitato un allevamento di bovine da latte ? Guardi che se venissero alimentate a mangime e farmaci come lei dice, il formaggio non si fa….

severino magnabosco
severino magnabosco
10 Dicembre 2023 21:03

Salve, lavoro nel settore zootecnico in qualità di agente di commercio, opero nella nutrizione e nella riproduzione delle vacche da latte; mi sembra di scorgere una vaga generalizzazione nel descrivere l’uso degli antibiotici nel settore zootecnico; sarebbe interessante sapere quanti antibiotici vengono inpiegati nel settore avicolo, quanti nei suini, nell’ingrasso bovino e nella vacca da latte.
Grazie.

daniele
daniele
Reply to  severino magnabosco
19 Dicembre 2023 10:58

Se siamo terzi in europa per uso di antibiotici significa che i nostri allevamenti intesivi sono troppo “intensivi” ed il benessere animale, siano bovini, suini o avicunicoli (e anche delle popolazioni residenti) necessita con urgenza di essere rivisto e migliorato (vedi Olanda).
Ad esempi in provincia di Mantova, a fronte di 400.000 residenti, sono allevati circa 1.100.000 suini, molti in grandi allevamenti intensivi, come documentato dalla trasmissione Report di Rai3

Beti PIOTTO
Beti PIOTTO
4 Gennaio 2024 18:39

Lo sviluppo di resistenza agli antibiotici da parte dei microrganismi è uno dei più grandi problemi che affronta oggi la scienza medica. Mettiamo pure che alcuni laboratori del farmaco non investono in nuovi antibiotici perché sanno che la resistenza si sviluppa troppo velocemente e vanifica gli investimenti.
Gli antibiotici seguono la catena trofica, dalla carne della mucca/maiale/pollo alle persone.
Tutto ciò per dire che l’abuso di antibiotici è terreno scivoloso e pericoloso per la salute dell’umanità.