Animali ingrassati con gli antibiotici, dice una persona. La cura con gli antibiotici mi ha salvato la vita ma mi ha indebolito e quasi distrutto, dice un’altra persona. Due idee contrastanti. Chi ha ragione? Per capire questa complessa situazione bisogna risalire agli anni Sessanta del secolo scorso.
A metà del Novecento inizia la produzione degli antibiotici ottenuti dalla coltivazione di funghi microscopici. Dopo aver estratto l’antibiotico, il materiale restante, che contiene proteine e altri nutrienti, è usato per alimentare maiali, polli e galline e ci si accorge che questi utilizzano in modo migliore i mangimi per crescere. Le cause di questo fenomeno, denominato ‘auxinico’, rimangono ignote e si parla di ‘fattori sconosciuti di crescita’ (Unknown Growth Factors, UGF). Grazie a un’alimentazione più efficiente, gli allevatori crescono gli animali con minori quantità di mangime e si riduce il costo della carne e delle uova. La ricerca scientifica rapidamente scopre che gli UGF non sono altro che le minime tracce di antibiotico presenti nell’alimentazione degli animali. Per esempio, un maiale di 70 kg ogni giorno riceve solo cinque o otto mg di antibiotico (ad esempio tetraciclina), mentre un uomo dello stesso peso e curato con lo stesso antibiotico ne riceve da 1.000 a 1.750 mg. Al tempo poco si conosceva sui microrganismi dell’apparato digerente, oggi noti a tutti come microbiota e relativo microbioma. Se piccolissime quantità di antibiotico rendono più efficiente il microbiota per cui migliora l’efficacia nutrizionale della dieta, dosi massicce lo sconvolgono se non lo distruggono con negativi effetti sul paziente.
Antibiotici negli alimenti rischi o benefici? Quindi tutti e due hanno ragione. Gli antibiotici possono migliorare l’efficienza nutrizionale o produrre danni sconvolgendo il microbiota secondo la dose, secondo il principio antico che sola dosis venenum facit. Per evitare ogni rischio di una resistenza agli antibiotici in tutta Unione Europea il Regolamento CE 1831/2003 sugli additivi destinati all’alimentazione animale vieta l’uso degli antibiotici di uso farmaceutico come promotori della crescita ad iniziare dal 1° gennaio 2006. Piccole dosi di antibiotico naturale nelle diete degli animali e dell’uomo sono invece benefiche e permettono di comprendere molte cose fino a poco tempo fa enigmatiche e tra queste in particolare due: il diffuso uso di droghe e erbe aromatiche nell’alimentazione di quasi tutti i popoli e la possibilità di vivere con diete anche apparentemente insufficienti.
Il mondo vegetale è ricchissimo di antibiotici e molti vegetali usati in alimentazione umana contengono sostanze antibiotiche. Le spezie più efficaci in grado di uccidere o bloccare la crescita della maggior parte dei batteri sono l’aglio, la cipolla, l’origano, il timo, il cumino, i chiodi di garofano, l’alloro e il peperoncino. Altre spezie contenenti antibiotici sono le stecche di cannella, i semi di coriandolo, le foglie di prezzemolo, il rizoma di zenzero, le noci moscate, i frutti e semi di cardamomo, il rizoma e polvere di curcuma, le foglie di basilico, la citronella, i frutti di anice stellato, le foglie di salvia. La spiegazione più plausibile del loro uso in tutte le cucine tradizionali sembra essere legata alle loro proprietà antimicrobiche, che contrastano la crescita dei microorganismi permettendo una migliore conservazione degli alimenti e prevenendo le intossicazioni alimentari e modificando in senso favorevole il microbiota intestinale.
Le quantità di spezie esotiche e di erbe aromatiche usate in cucina sono sufficienti a conservare il cibo e a ridurre la carica batterica causa di infezioni intestinali, ma non sono adatte per curare infezioni e malattie, per le quali sarebbero necessarie dosi molto superiori e con effetti collaterali intollerabili. Le quantità di antibiotici vegetali contenuti nelle spezie ed erbe aromatiche usate nell’alimentazione tradizionale sono inoltre capaci di variare favorevolmente il microbiota digestivo e di incrementare l’attività degli enzimi del fegato, aumentando l’efficacia nutrizionale degli alimenti in una misura che sulla base di ricerche compiute sugli animali è stata stimata dal 4% al 7%. Con questo si spiega anche l’esistenza di popolazioni vissute con diete giudicate insufficienti secondo i semplicistici criteri del loro valore calorico.
I favorevoli effetti degli antibiotici naturali contenuti nelle spezie e erbe aromatiche, anche secondo quanto risulta da ricerche sugli animali, si ottengono solo con una loro somministrazione continua e con erbe aromatiche fresche. Non basta quindi una pasta ogni tanto condita con il pesto alle foglie di basilico o con aglio e peperoncino. Inoltre gli antibiotici e le altre molecole biologicamente attive di spezie ed erbe aromatiche sono labili. Diverso è un pesto ligure preparato con le foglie di basilico del proprio orto e consumato in giornata e un pesto industriale con una scadenza lunga. Erbe e spezie, di per sé, non scadono nel senso che non si alterano provocando danni alla salute, ma nel tempo perdono le loro attività antibiotiche e il loro sapore, e non basta aumentarne la dose d’uso.
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Professore Emerito dell’Università degli Studi di Parma e docente nella Facoltà di Medicina Veterinaria dal 1953 al 2002
Articolo interessante e molto esplicativo, grazie. Sarebbe interessante sapere la potenzialità antibiotica di ogni singola aromatica, se cambia in base al terreno di coltivazione e interazioni in funzione di miscele fra le varie aromatiche. saluti
Articolo molto interessante e confortante per chi, come me, ama molto utilizzare le spezie nella propria cucina.
Sul fatto di utilizzare prodotti freschi per avere il massimo dell’effetto, non sono proprio convinto…
In soldoni, l’effetto terapeutico delle piante aromatiche è dato soprattutto dai loro aromi che sono sostanze chiamate terpeni per cui se ho del prodotto secco e/o vecchio che ancora profuma, significa che ancora ha “quei” terpeni suoi caratteristici.
Rimane sempre un problema comunque.
D’accordo che la sostanza ” terpene” rimane dopo il disseccamento e può essere estratta……inoltre l’assunzione di detti principi rivelano grande bio-disponibilità , in circolo nel sangue, ma l’assorbimento vero e proprio non è regolato solo dal materiale circolante ma da una serie di decine di fattori diversi in equilibrio che regolano il corretto utilizzo nei siti bersaglio.
E non è dato ancora sapere se a questa maggiore bio-disponibilità corrisponde a maggiore o minore utilizzo proprio, migliore o peggiore.
Non è così scontato, come in diverse altre circostanze, che un eccesso di un qualsiasi componente nutritivo sia un vantaggio, le cose non equilibrate difficilmente sono positive, mentre nel vegetale fresco ci sarà minore bio-disponibilità ma sicuramente più bilanciata su tutti i parametri accessori.
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Articolo che conferma ciò che già sapevo, ma informa anche su altre varietà che uso o ho usato, ma di cui non ne ero informato dei benefici.
Avrei aggiunto anche il curry (che però è una miscela di spezie…), una delle spezie che uso di più.
Ho sempre saputo degli antibiotici naturali , infatti io uso sempre le spezie come condimento. Le uso anche dentro i cassetti dove ci sono le maglie di lana