Quando il tiramisù può scatenare un mal di pancia? Un programma interattivo del Ceirsa descrive l’analisi del rischio e può essere utilizzato da ASL, medici, aziende e cittadini
Quando il tiramisù può scatenare un mal di pancia? Un programma interattivo del Ceirsa descrive l’analisi del rischio e può essere utilizzato da ASL, medici, aziende e cittadini
Roberto La Pira 24 Marzo 2014Quando il tiramisù può scatenare un mal di pancia? Quando un cibo raggiunge livelli di contaminazione tali da dover essere ritirato dal mercato? Quando un alimento si deve considerare contaminato? In genere questi parametri sono definiti dalle norme di legge e dai regolamenti della Comunità Europea, ma non sempre è tutto così semplice e scontato. Alcune situazioni non rientrano in questi criteri. Un esempio tipico riguarda le famose mozzarelle blu, che devono il colore all’eccessiva proliferazione di uno dei tanti tipi di batteri della specie Pseudomonas fluorescens, normalmente presente sul formaggio. Si tratta di un batterio non pericoloso per l’uomo, come Il Fatto Alimentare ha più volte sottolineato, ma con alcuni ceppi in grado di modificare il colore e di alterare le caratteristiche organolettiche della mozzarella creando un certo allarme tra i consumatori.
In questi casi il lavoro delle autorità di controllo è più difficile, perché mancano indicazioni condivise sui limiti di accettabilità e su come agire di conseguenza. Di fronte a una situazione dove prevale l’incertezza, la Regione Piemonte ha deciso di dotarsi – prima in Italia – di uno strumento per la verifica dei parametri microbiologici degli alimenti. Questo documento pubblicato in rete si può considerare riferimento per chi opera sui temi della sicurezza alimentare in ambito regionale e viene considerato alla stregua di vere e proprie Linee guida per l’analisi del rischio nel campo della microbiologia degli alimenti.
Il progetto, condotto dal gruppo di lavoro del Centro Interdipartimentale di Ricerca e Documentazione sulla Sicurezza Alimentare (CeIRSA) dell’ASL Torino 5 in collaborazione con esperti dell’Università di Torino e dell’Istituto Zooprofilattico del Piemonte, del Liguria e della Valle d’Aosta, è basato su un’accurata analisi della letteratura scientifica. «Sono stati analizzati documenti di vario tipo, dagli studi scientifici alle linee guida di vari paesi» spiega Bartolomeo Griglio, direttore del Servizio veterinario di ispezione degli alimenti di origine animale dell’Asl To5 e coordinatore del CeIRSA. «Partendo dai dati raccolti, sono state costruite per ogni categoria di alimenti (cereali, spezie, uova, baby food in polvere, carni fresche e preparazioni gastronomiche) delle “mappe” relative ai microrganismi che possono essere presenti. Per ogni microrganismo sono stati indicati limiti che permettono di classificarne la presenza in quattro categorie: soddisfacente, accettabile, non soddisfacente, potenzialmente dannoso». Il risultato di questo lavoro sono le Linee guida. Per rendere questi schemi facilmente fruibili, gli esperti hanno costruito on line una matrice “interattiva” denominata MTA (acronimo di “Malattie a Trasmissione Alimentare”) che permette a chiunque di fare ricerche mirate selezionando la categoria dell’alimento o il parametro batteriologico. C’è anche la possibilità di utilizzare la matrice MTA selezionando il sintomo dell’eventuale intossicazione o infezione alimentare.
Riassumendo, quando l’autorità sanitaria riceve la segnalazione su un prodotto che presenta anomalie, si reca presso il punto vendita in cui è stato acquistato dove preleva un campione rappresentativo e fa le analisi microbiologiche. A questo punto i risultati del laboratorio vengono confrontati con i valori riportati dalla matrice MTA e si ottiene un responso. «Lo abbiamo fatto di recente – racconta Griglio – proprio per un caso di mozzarella blu: l’analisi ha mostrato che nel campione in esame la concentrazione di Pseudomonas fluorescens era sotto il livello di guardia, nell’ambito dell’accettabilità . In effetti, si è poi accertato che il problema era la cattiva conservazione della mozzarella da parte del consumatore». La matrice MTA permette al personale incaricato di fare controlli alimentari di avere dei parametri microbiologici di riferimento, individuati sulla base della letteratura scientifica e condivisi da esperti. Questo supporto scientifico diventa molto utile utili soprattutto quando occorre prendere provvedimenti forti, come il ritiro di un prodotto dal mercato. Anche i produttori possono beneficiare della matrice MTA , utilizzandola come riferimento per stabilire limiti di accettabilità nei processi di autocontrollo che dovrebbero garantire l’igiene del processo produttivo in tutte le fasi di lavorazione.
Non è tutto: la matrice MTA permette ai medici che lavorano nei pronto soccorso di effettuare ricerche basandosi sui sintomi di eventuali intossicazioni o infezioni alimentari manifestate dal paziente. «Spesso – sottolinea Griglio – è molto difficile fare diagnosi precise o indirizzare correttamente la ricerca microbiologica quando ci si trova di fronte a una persona che potrebbe essere affetta da una malattia causata dal’ingestione di cibo. La consultazione della matrice può aiutare ad agire in modo mirato e più in fretta. Se per esempio un paziente accusa nausea e vomito poche ore dopo il pasto, potrebbe essere inutile fare una ricerca per Salmonella: più probabilmente saranno responsabili enterotossine prodotte da Bacillus cereus o Stpahylococcus aureus».
Valentina Murelli
Fot : Photos.com
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza come free lance con diverse testate (Corriere della sera, la Stampa, Espresso, Panorama, Focus…). Ha collaborato con il programma Mi manda Lubrano di Rai 3 e Consumi & consumi di RaiNews 24