Leggo sempre molto volentieri Il Fatto Alimentare: è ricco di buone informazioni, è ricco di buon senso, è lontano dai tanti i luoghi comuni che infestano il mondo del mangiare. Avendo oggi e in ritardo letto l’articolo In Inghilterra apre il primo ristorante a rifiuti zero dello chef Douglas McMaster: cibi di stagione e niente additivi, sono sobbalzato.
Si dice che sarà un ristorante senza scarti, ma poi si aggiunge che si dota di una grossa compostiera. Ma se non ci sono scarti che se ne fanno di una compostiera così grossa?? E poi TUTTI i ristoranti separano l’umido dal resto degli scarti e lo danno alla nettezza urbana: sono TUTTI senza scarti? Insomma, non viene spiegato in cosa si differenzia, a livello di scarti biodegradabili, dai suoi colleghi. Composta lui invece che la nettezza urbana: tutto qui? Poi altro. Cosa c’entrano gli scarti con utilizzo di prodotti degli altri? Un avocado genera altrettanti scarti di una mela o no? Velo pietoso poi su l’utilizzo di pesticidi e additivi e delle intolleranze che generano. Basta dire che compra a km zero e bio. Curioso infine la questione sulla lampada? Che ricordo serve a tenere in caldo un piatto in attesa che un cameriere si liberi. Solo piatti freddi? D’accordo, ne fa solo 6, però… Che McMaster voglia conquistarsi i suoi clienti non con la bontà dei suoi piatti ma con slogan accattivanti (zero scarti, bio, km zero, piatti preparati tutti al momento ecc) ci può anche stare. Di certo non lo stimo (understatement inglese) per questo ma è solo un problema mio. Però che una rivista seria come il Fatto Alimentare gli tiri la volata non ci sta proprio.
Allan Bay
Premesso che non è nostra abitudine “tirare la volata” ma solo fare informazione, ecco la risposta di Beniamino Bonardi alla lettera di Allan Bay (giornalista enogastronomico e autore di diversi libri).
Purtroppo, la situazione del compostaggio dei rifiuti alimentari dei ristoranti britannici non pare essere così rosea come descritto da Allan Bay. Secondo questo documento di WRAP (Waste and Resources Action Programme), in Gran Bretagna i ristoranti producono 915.400 tonnellate di rifiuti l’anno e solo il 51% viene riciclato. I rifiuti alimentari ammontano a 191.100 tonnellate e la percentuale di quelli che foinisce al compostaggio o alla digestione anaerobica è molto bassa. WRAP è un’organizzazione che lavora per la riduzione dei rifiuti, in partnership con i governo britannico e scozzese, da cui riceve finanziamenti. Come si può leggere dai link contenuti in questa pagina Facebook, prima che in Inghilterra, l’esperienza dei ristoranti e café Silo, a rifiuti zero, è nata in Australia, sollevando molto interesse.
Beniamino Bonardi
Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza come free lance con diverse testate (Corriere della sera, la Stampa, Espresso, Panorama, Focus…). Ha collaborato con il programma Mi manda Lubrano di Rai 3 e Consumi & consumi di RaiNews 24
Ma sono proprio l’unico a pensare che rifiuti zero è ben altro concetto rispetto a far compostare i rifiuti alimentari?
no, ha ragione.
saluti
No, non è l’unico. Io credo che non lo sia e credo che i ristoranti così come i supermercati dovrebbero smetterla di pensare al consumatore come a colui che deve trovare sempre tutto e in ogni periodo dell’anno. Il gusto di mangiare passa anche attraverso l’attesa di poter gustare un piatto. E il fatto che a Natale io possa mangiare una ciliegia bio del Cile buttandone il nocciolo nell’umido, non può lasciare tranquilla la mia coscienza.
Giusy, in Cile comprano le nostre auto, i nostri computer ecc. Perché noi (europei, statunitensi ecc) non dovremmo comprare le loro ciliegie? E poi se non le comprassimo, loro non potrebbero comprare computer e auto e sarebbero guai seri per noi.
gentile sig. Bay, ho interpretato il messaggio “rifiuti 0” nel senso che se tutto è compostabile il rifiuto stesso diviene compost, ovvero un bypass product per dirla all’inglese e quindi materia prima per concime.
o no?
Io vivo a Milano, utilizzo quindi, come tutti i milanesi, un sacchetto per l’umido, uno per il vetro, uno per la carta e uno per la plastica. Che consegno alla Nettezza Urbana che fa riciclare. La mia cucina è a rifiuti 0?
Concordo con Allan Bay , al più si può pensare che quel ristorante effettua una corretta selezione e separazione dei suoi rifiuti …….. La mia famiglia pur essendo composta di sole 2 persone è una grande consumatrice di ortofrutta ( 15-16 kg a settimana ) dei cui residui ( bucce, pelli, torsoli , ecc.) non un grammo finisce alla Nettezza urbana ma alla ns. compostiera che lo trasforma in compost per il ns. orto .
Credo sia la forma più corretta : ma per fare ciò devi avere la compostiera , un orto e la voglia……..