Nel Regno Unito rappresentano il 57% della dieta, tra i bambini e le persone economicamente svantaggiate possono arrivare all’80%, e i rischi che derivano dal loro consumo sono sempre più evidenti. Ma come riconoscere gli alimenti ultra-trasformati o, all’inglese, ultra-processati e trovare alternative più sane? È vero che quasi tutto il cibo esposto sugli scaffali dei punti vendita, anche quando è composto da un solo ingrediente, come farina, olio d’oliva e pomodori in scatola, è comunque trasformato ma, tra una confezione di pasta e uno snack al cioccolato, i livelli di lavorazione sono molto diversi.
Nel libro Ultra-Processed People, recensito lo scorso 6 settembre dal Guardian, l’autore Chris van Tulleken sottolinea che gran parte di questi prodotti non si possono considerare cibo, ma semplicemente sostanze commestibili realizzate dall’industria, anche se possono avere, e spesso hanno, un sapore e un aspetto deliziosi. Studi recenti hanno dimostrato che il loro consumo abituale aumenta significativamente il rischio di malattie cardiache, infarti, pressione alta e ictus. Una considerazione che assume importanza ancora maggiore dove, come appunto nel Regno Unito, i loro consumi sono particolarmente alti.
Come sapere se ho davanti del cibo ultra-processato? Secondo l’autore del libro, l’indizio principale è la presenza di ingredienti poco conosciuti, ma possono essere una spia anche le indicazioni salutistiche del tipo ‘ricco di fibre’ o ‘fonte di proteine’, oppure l’uso dell’olio di palma come materia prima. Attenzione, quindi, soprattutto agli additivi e, più in generale, agli ingredienti solitamente non presenti nelle cucine domestiche. Rispetto alle proteine, ci sono quelle idrolizzate, quelle isolate della soia, quelle del siero di latte, il glutine, la caseina, e anche la carne separata meccanicamente. Ci sono inoltre gli zuccheri, come il fruttosio, lo sciroppo di mais, i concentrati di succo di frutta, le maltodestrine, il destrosio e il lattosio e, infine, le fibre solubili o insolubili. In genere, poi, in questi alimenti si trovano anche degli additivi per rendere il prodotto finale più appetibile o attraente, come aromi, esaltatori di sapidità, coloranti, emulsionanti, edulcoranti, addensanti, gelificanti.
Un altro modo per capire se un prodotto è classificabile come Upf (Ultra processed food) è quello di utilizzare l’applicazione Open Food Facts. Questa si basa su una banca dati realizzata da un’organizzazione no-profit francese che, attraverso un indice denominato Nova, classifica i prodotti in relazione al livello di trasformazione. In tale sistema, la categoria 1 comprende gli ‘alimenti non trasformati o minimamente trasformati’ come frutta e verdura fresche, congelate ed essiccate; latte e yogurt; carne e pesce freschi; cereali e legumi; funghi; uova; farina; frutta secca e semi; erbe e spezie; pasta e cuscus. Nella categoria 2 ci sono gli ‘ingredienti culinari trasformati’ come burro e oli vegetali, miele, zucchero, sale e aceto. La 3 comprende gli ‘alimenti trasformati’ come pane; formaggio; cibo in scatola; salumi e pesce affumicato; frutta secca e semi salati o zuccherati. Agli alimenti ultra-trasformati, infine, viene assegnata la categoria 4 che comprende bevande gassate, snack confezionati, dolci e cioccolato, gelati, biscotti, torte e pasticcini, salsicce e hamburger, torte e pizze confezionate e crocchette di pollo.
Se è chiaro però che questi non sono prodotti salutari, è meno evidente che facciano parte della stessa categoria anche molti tipi di pane industriale, i cereali per la colazione e le barrette, gli yogurt aromatizzati, le bevande alla frutta e quelle a base latte, i prodotti “dietetici” e molti alimenti per bambini. Evitare gli alimenti ultra-trasformati, vuol dire quindi essere sempre obbligati a cucinare? Secondo l’autore di Ultra-processed people no, si possono infatti sgranocchiare arachidi, mele, carote, ma anche mangiare pane semplice con burro di arachidi o miele. Se di solito si mangia una barretta, l’autore suggerisce quindi di comprare direttamente la frutta secca di cui sarebbe composta. Per quanto riguarda gli snack salati, poi, sono ultra-trasformati quelli aromatizzati, mentre quelli con pochi ingredienti, persino le patatine fritte, non rientrano nella categoria.
Qualche consiglio in più? Attenzione ad alcuni prodotti vegani: sono infatti Upf la maggior parte dei sostituti veg di carne e formaggi, ma anche i cosiddetti latti vegetali, quando contengono emulsionanti, stabilizzanti o aromi. Via libera invece al tofu e, naturalmente, a funghi, legumi, e alle altre fonti proteiche naturali. Anche nei fast food è possibile trovare qualcosa di non ultra-trasformato, si possono evitare panini, wrap e dolcetti e scegliere porridge, vaschette di frutta, insalate e zuppe. È comunque difficile trovare preparazioni con ingredienti ‘casalinghi‘ anche in altri tipi di catene. Il consiglio dell’autore, quando si mangia fuori, è quello di scegliere un locale indipendente, che serva cibo il più possibile simile a quello fatto in casa o, in alternativa, scegliere i piatti più semplici.
Gli alimenti ultra-trasformati, spiega l’articolo riprendendo il libro, sono progettati per spingere a consumi eccessivi e, in alcune persone, potrebbero addirittura creare dipendenza. Il consiglio di Van Tulleken è quello di dedicare una settimana a scoprire quanto più possibile su questi prodotti, mangiandone al contempo in abbondanza. Un po’, dice, come fumare una sigaretta dietro l’altra mentre si legge È facile smettere di fumare di Allen Carr. L’obiettivo, alla fine della settimana, è quello di esserne disgustati. Se invece si intende partire da cambiamenti più semplici, il suggerimento principale e quello di eliminare le bevande gassate, siano esse zuccherate o meno e, naturalmente, gli alcolici, anche se non rientrano nelle categorie Nova.
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A quasto punto anche le lasagne alla bolognese risultano ultraprocesate,
quelle surgelate sicuramente si`
Non mangiamo cosa sappiamo ma sappiamo cosa mangiare