Gli alimenti ultra-trasformati sono sotto accusa ormai da anni, perché si ritiene che abbiano delle responsabilità nello sviluppo di delle malattie associate al sovrappeso e all’obesità e in generale di quelle metaboliche croniche tipiche delle società più sviluppate, dove si mangiano sempre di meno piatti cucinati in casa e sempre di più alimenti industriali.
La denominazione deriva dal sistema NOVA, sviluppato da Carlos Monteiro, professore di Nutrizione e salute pubblica dell’Università di San Paolo in Brasile, secondo il quale gli alimenti sono classificati in base al livello di lavorazione industriale. La scala va da quelli che ne sono del tutto privi fino, appunto, agli ultra-trasformati, cioè a prodotti ottenuti mediante una serie di lavorazioni che alterano la composizione originaria degli ingredienti di base grazie a un ampio uso di sostanze e additivi, e che hanno tra le loro caratteristiche intrinseche quelle di essere gradevoli al palato e molto a buon mercato. Com’è noto, tra gli alimenti ultra-trasformati vi sono i dolci industriali, i prodotti da forno, i piatti pronti come le lasagne, la pizza, così come le bevande zuccherate, generalmente caratterizzati da elevato contenuto di sale, zuccheri, grassi saturi e additivi di vario tipo.
Da tempo si discute se includere nelle linee guida nutrizionali richiami espliciti a evitare questo tipo di alimenti, perché il loro consumo è associato a molte patologie, e il dibattito ora sbarca sulle pagine di una delle più importanti riviste del settore, l’American Journal of Clinical Nutrition, che ospita uno scambio di argomentazioni pro e contro tra lo stesso Monteiro e Arne Astrup, medico e membro della Novo Nordisk Foundation, in Danimarca.
Secondo Monteiro non ci sono dubbi: i dati sarebbero ormai così numerosi che è urgente e imprescindibile l’introduzione di nuove raccomandazioni che scoraggino esplicitamente il consumo di questi alimenti e spingano verso una dieta basata su prodotti lavorati solo in minima parte, e su vegetali freschi. Anche se molto resta da capire, per esempio sul ruolo di singole sostanze, il quadro d’insieme è più che chiaro, e le prove sarebbero inconfutabili. Il sistema NOVA, a sua volta, sarebbe migliorabile, ricorda l’esperto, ma negli anni si è rivelato comunque affidabile, al punto che i concetti su cui si basa sono già di fatto presenti in molte linee guida, che partono dalla constatazione della scarsa qualità nutrizionale degli ultra-trasformati, consigliando di preferire alimenti più sani.
Secondo Astrup, invece, la classificazione, di per sé poco chiara e troppo ampia, sarebbe fine a se stessa e non avrebbe alcuna influenza. Ma, soprattutto, avrebbe effetti distorsivi quali l’esclusione aprioristica di alimenti come i sostituti vegetali della carne, il cui consumo andrebbe incentivato. Inoltre, non farebbe distinzioni tra cibo preparato in casa o cibo industriale: una pizza o un piatto di patatine fritte potrebbero essere considerati alimenti sani, se cucinati con elementi di base nella propria cucina. Di più: le prove a carico degli effetti sulla salute arriverebbero quasi tutte da studi osservazionali, nei quali in realtà non si dimostra l’esistenza di un rapporto di causa-effetto (come accadrebbe in studi controllati), ma solo la coesistenza di due fatti quali, per esempio, l’abitudine a bere bevande zuccherate e l’aumento di peso. E poiché l’alimentazione umana e i suoi effetti sono fenomeni estremamente complessi, molto spesso vi sarebbero conclusioni errate, o distorte o comunque non realmente dimostrabili.
Infine, la classificazione escluderebbe alimenti a elevato contenuto calorico potenzialmente utili, soprattutto nei paesi dove la produzione alimentare è problematica. Per tutti questi motivi il metodo NOVA non dovrebbe entrare a far parte delle linee guida ufficiali, e sarebbe urgente trovare un altro sistema per classificare gli alimenti industriali, che consenta di evitare le ambiguità e le distorsioni, e che sia convalidato da studi ad hoc, controllati (che dovrebbero durare decenni e che di fatto sono quasi impossibili da condurre, ndr) e in situazioni di vita reale, e non da analisi osservazionali.
Il dibattito prosegue, anche sulla rivista, all’interno di una serie intitolata Great Debates in Nutrition, nata proprio allo scopo di alimentare una riflessione sull’attuale sistema alimentare, e sulle strategie più efficaci per migliorarlo.
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Giornalista scientifica