Sono parente di una persona che soffre di celiachia e da diversi anni ho approfondito la mia conoscenza per gli alimenti senza glutine, quelli con la certificazione del Ministero della Salute. Il mio obbiettivo è sempre stato quello di trovare cibi che permettessero di seguire un’alimentazione glutenfree, ma senza quelle lunghe liste di ingredienti che mettono comunque a rischio l’equilibrio dell’organismo. Infatti già da tempi non sospetti, ovvero anche quando di olio di palma se ne parlava solo strettamente fra gli addetti ai lavori, molte aziende lo utilizzavano, privilegiandolo all’olio di semi di girasole, al burro o all’extravergine di oliva per i prodotti salati.
Nelle ricette della maggior parte dei cibi senza glutine si trovano emulsionanti, conservanti, addensanti di origine sintetica (vedere la famigerata E464, di cui prima o poi toccherà parlare), aromatizzanti, ogm, coloranti. Insomma, tantissimi ingredienti che a volte si possono considerare critici per l’organismo, siano essi di origine sintetica o naturale.
Nonostante il gran parlare di qualità e di attenzione alla salubrità degli alimenti, come ben voi sapete, il settore degli alimenti senza glutine è fra i più “sofisticati”. Se si trattasse di un libero mercato, me ne farei una ragione, ognuno dei propri soldi fa quello che crede. Ma la cosa più rimarchevole è che si tratta di alimenti perlopiù erogati dal Servizio Sanitario Nazionale, cioè pagati da tutta la comunità. Penso che forse il Ministero della Salute avrebbe potuto, trattandosi di servizio sovvenzionato pubblicamente, imporre un disciplinare, ove si indichino le caratteristiche nutrizionali dei prodotti che saranno stati ammessi al Registro Nazionale. Invece oggi è sufficiente comunicare l’etichetta e si può apporre il bollino verde “Rimborsabile dal SSN”.
Dentro ci può essere tutto ciò che la tecnologia alimentare e la fantasia dei produttore è in grado di scaturire, e troverà comunque posto nello scaffale di una farmacia, con la fustella staccabile e rimborsabile. Bella soddisfazione. No?!
Giovanni
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Articolo pienamente condivisibile che meriterebbe la funzione di FARO che squarci finalmente le volute tenebre della lanciatissima ed incontrastata speculazione commerciale che punta alla gallina dalle uova d’oro del GLUTEN-FREE millantato per la stragrande maggioranza dei consumatori NON CELIACI spacciando la larvata credenza che tali “preparati”, inevitabilmente complessi, facciano “bene” a tutti, perché più “salutari, PIU’ GENUINI (incredibile!) e addirittura facciano dimagrire (sentito più volte al supermercato, ahimè dove un crescente volume di questi prodotti è messo in bella mostra (ma casualmente , eh!) nel settore “naturale e bio”).
Dov’è il garante della pubblicità che possa fermare la martellante e vergognosa pubblicità in cui si mistifica che il grano non è “bontà” e che quindi il suo “abbandono” porti finalmente gaiezza e benessere al consumatore moderno?
L’abbandono o anche la colpevole riduzione delle coltivazioni di grano duro (bruto e cativo) in Italia, e al Sud in particolare – dove non esistono alternative agronomiche- porterebbe ulteriori problemi all’agricoltura e alla salvaguardia del territorio e alla sua valorizzazione turistico-ambientale e un grave danno di immagine e reddito al principale prodotto di trasformazione, la Pasta, crescente icona della buona e salutare alimentazione mediterranea nel mondo e passaporto del Made in Italy.
In un Paese normale sarebbe già intervenuto pesantemente il Governo Centrale a tutelare il fiore all’occhiello dei suoi prodotti agro-alimentari, l’equilibrio idrogeologico e ambientale delle campagne e il relativo reddito di milioni di cittadini.
Condivido anche io pienamente il punto di vista del sig. Giovanni e del sig. Fabrizio. Da poco orbito nel mondo alimentare del senza glutine e leggendo le etichette viene la pelle d’oca, tranne il glutine c’è di tutto!! Per i prezzi poi è una giungla.
Io mi chiedo e chiedo anche ragione alle associazioni a tutela dei consumatori, citandone una per tutte: Altroconsumo, paladina di battaglie per la qualità di tutto ciò che compriamo, dai pannolini alle auto, passando per gli alimenti, mentre critica il mondo super controllato con un disciplinare rigidissimo dei prodotti biologici, tollera la composizione di questi alimenti gluten-free.
Se consideriamo che la celiachia è una reazione immunitaria al glutine, sappiamo che questa patologia è congenita solo in pochissimi casi, mentre per tutti gli altri celiaci, è acquisita dopo molti anni di consumo dell’allergene e quindi parliamo di reattività indotta prima da un’intolleranza progressiva, fino al manifestarsi della patologia conclamata autoimmune.
Quindi in situazioni di autoimmunità, propinare tutto il commestibile e non, anche chimico ed artificiale, senza ritegno alcuno, come se si alimentasse un cinghiale in ottima salute, ritengo sia una sciocchezza di cui le istituzioni sanitarie si sarebbero dovute occupare da tempo, normando e controllando gli alimenti che rimborsano come farmaco.
Condivido in pieno. Ho inviato una lettera all’AIC sullo stesso argomento, mi hanno detto che l’avrebbero pubblicata sulla rivista dell’associazione, invece non l’hanno fatto. Connivenza con le aziende produttrici di tali discutibili alimenti?
Buongiorno, anche io mi trovo assolutamente d’accordo con il signor Giovanni. Sono diagnosticata celiaca dal 1996 e da allora sono a dieta priva di glutine e posso dire di averne viste di tutti i colori. Anni fa scrissi una lunga lettera di segnalazione alla Dott.ssa Milena Gabanelli, con la preghiera di occuparsi del “caso”. Solo lo scorso anno poi effettivamente venne fatto un reportage sulla questione dei prodotti senza glutine. Il panorama nel frattempo non si è modificato. Sono cambiata io però che, pur essendo sempre celiaca e a dieta priva di glutine, sono oramai molti anni che non acquisto e non consumo più prodotti appositamente creati per i celiaci. Mangio solo ciò che è naturalmente senza glutine. La mia salute ringrazia.
Io faccio da anni ormai la stessa cosa. Si tengano pure i loro prodotti, che non servono ad altro che a far diventare diabetici un bel pò di persone. Certo che anche l’associazione celiachia italiana dovrebbe intervenire. E invece ne guadagna…..