Cavallette fritte servite su polpette di riso con alga; concept: insetti, sushi, novel food

I cibi esotici ci hanno sempre fatto paura: un tempo a essere guardati con sospetto erano pomodori e patate, oggi sono sushi e kebab, accusati spesso a torto di portare infezioni e malattie. La stessa accusa rivolta in passato ai maiali e anche al tonno. Ma da dove arrivano queste paure? Alberto Grandi, docente di Storia economica e Storia dell’alimentazione all’Università di Parma, ha provato a spiegarle nel libro Storia delle nostre paure alimentari. Come l’alimentazione ha modellato la nostra identità culturale (Aboca Edizioni, 2023).

Il timore, sicuramente legato alla paura dell’ignoto, si sviluppa soprattutto in seguito alla nascita della civiltà urbana: “Ci sono casi di paure alimentari legate ad ambienti rurali, pensiamo alla segale cornuta o al mais, – spiega l’autore, – ma in generale sono soprattutto i cittadini, che hanno perso il contatto con la filiera produttiva, a preoccuparsi per la qualità e la quantità di quello che mangiano”. Mentre, contrariamente a quanto si pensa, non è detto che la diffidenza nei confronti di alcuni alimenti nasca dall’abbondanza, “anzi, questi timori sono presenti anche in situazioni di carestia”. 

Copertina del libro Storia delle nostre paure alimentari, Alberto Grandi, Aboca Edizioni, 2023E la neofobia, la paura del nuovo, gioca sicuramente un ruolo centrale: “La tradizione è rassicurante, ed è a questo che si rimanda da sempre quando si contesta un alimento nuovo”, spiega Grandi. Anche se l’idea di tradizione è molto aleatoria, “pensiamo a come la pasta al pomodoro sia diventata in pochi decenni il tipico piatto italiano, – ricorda Grandi. –E anche gli hamburger del fast food oggi sono una rassicurante certezza per i turisti di mezzo mondo, mentre al loro arrivo in Italia sono stati contestati proprio in nome della tradizione”. Ma al tempo stesso avevano riscosso grade successo, come avviene oggi per il sushi, “di cui gli italiani sono i maggiori consumatori europei, nonostante i continui richiami alla tradizione, – nota Grandi. – D’altronde non dimentichiamo che la ‘tipica’ cotoletta alla milanese nasce a Vienna”.

Ma anche in tempi recenti sushi e kebab sono stati presi di mira. Per quanto riguarda il sushi, l’allarme legato alla sindrome sgombroide – un’intossicazione alimentare dovuta al consumo di pesce mal conservato – o le infezioni da Anisakis, legate al consumo di pesce crudo è stato messo in relazione col tipico piatto giapponese, come se il problema non riguardasse in generale tutto il pesce crudo o poco fresco. “Può succedere, ovviamente, che un alimento o un ristorante presentino problemi, – osserva Grandi, – ma se si tratta di un ristorante esotico, l’allarme finisce per estendersi a tutta la categoria, cosa che per gli alimenti e i ristoranti italiani non succede”. Ancora più bizzarro l’allarme legato al kebab, del quale si è scritto di tutto, “anche, al di là di ogni logica, che contenesse carne di topo, – osserva l’autore. – In realtà tra l’altro il kebab più venduto da noi è prodotto in Germania e il modo di servirlo, dentro a un panino, è nato in Europa, anche se poi si è diffuso in tutta l’area mediterranea”.

Panino grigliato con kebab e insalata
Tra le paure alimentari recenti ricordiamo quelle legate al kebab, che hanno alimentati numerose dicerie, anche prive di logica

Oggi ci suona buffo, ma in passato a far paura erano pomodori e patate: “Dei tuberi, che non a caso nel diciassettesimo secolo sono stati accusati di causare la lebbra, inquietava la bruttezza, – spiega Grandi, – mentre per quanto riguarda i pomodori il fatto – reale – che le foglie siano velenose ha portato a guardarne con diffidenza anche i frutti”. E perfino il mais, uno dei caposaldi della cucina settentrionale, è stato accusato fino al diciannovesimo secolo di contenere una tossina in grado di provocare la pellagra: “La polenta è sempre stata un cibo contadino, ma per secoli è stata preparata con cereali minori, come orzo, farro o segale, – ricorda Grandi . – In realtà la pellagra era causata dalla carenza di vitamine del gruppo B, quindi dalla povertà della dieta dei non abbienti, ma accusare il mais evitava di dover gestire il problema affrontando complesse riforme sociali”.

Anche la religione gioca un ruolo importante nel regolare i consumi alimentari. In genere i divieti riguardano soprattutto la carne, in particolare il maiale, e anche in questo caso tra le accuse c’è quella di trasmettere la lebbra. Non sappiamo neanche con certezza perché alcune religioni lo rifiutino, forse perché non è adatto a essere allevato da un popolo nomade. O forse perché è l’unico tra gli animali di largo consumo a essere onnivoro, “come gli umani, e in qualche modo ci somiglia anche, – ricorda Grandi, – il che non impedisce alla carne di maiale di essere tra le più consumate, solo di recente superata dal pollame”. 

Costine di maiale crude su un tagliere nero con rosmarino aglio e pepe
Anche la religione ha contribuito alla diffusione di paure alimentari, soprattutto legate alla carne, in particolare quella di maiale

Ma anche il pesce, in particolare quello di mare, in passato ha suscitato diffidenza, e nel quindicesimo secolo si è addirittura diffusa la credenza che il tonno causasse la sifilide. “In questo caso, – spiega l’autore, – il problema era la relazione con freddo/umido, negativi secondo la teoria ippocratica degli umori che ha condizionato la medicina per secoli, pur non avendo basi scientifiche”. 

A creare problemi sono soprattutto alimenti, ma anche bevande come il caffè e la cioccolata: se il primo è stato sdoganato grazie anche a papa Clemente VIII, che assaggiatolo decise che era troppo buono per privarsene, per la cioccolata – meno ostracizzata, “forse perché non legata agli arabi, visti come nemici e infedeli”, nota l’autore – si è discusso a lungo in ambito ecclesiastico se si trattasse di un cibo o di una bevanda, che in quanto tale poteva essere consumata anche nei giorni di digiuno imposti dalla Chiesa. Meno noto invece il ‘giallo’ dietro la produzione dello zucchero: solo di recente si è scoperto che nel diciannovesimo secolo l’industria saccarifera belga ha utilizzato come filtri per raffinare e sbiancare lo zucchero le ossa – umane e animali – dei morti di Waterloo. 

E in tempi più vicini a noi? Tutti ricordiamo l’epidemia di encefalopatia spongiforme bovina, la cosiddetta ‘mucca pazza’, un problema vero che però, ricorda Grandi, ha creato un allarme superiore ai pericoli reali visto che le vittime sono state relativamente poche, “il che non ha impedito che si creasse una sorta di psicosi collettiva, che paradossalmente è esplosa proprio quando si è cominciato a conoscere meglio la malattia e a contenerne i rischi”. Molte meno tracce ha lasciato, curiosamente, lo scandalo del vino al metanolo, “che ha portato però a una vera rivoluzione nell’enologia italiana, migliorando decisamente la qualità delle produzioni”. Oggi invece la nostra paura del nuovo si confronta soprattutto con le farine a base di insetti e la carne ‘sintetica’: “In conclusione, – osserva Grandi, – non c’è storia che non sia anche storia dell’alimentazione”. 

© Riproduzione riservata Foto: Fotolia, Aboca Edizioni

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Patrick
Patrick
18 Luglio 2023 14:00

La carne di maiale, per quel che so io, era-è vietata nelle religioni mediorientali (musulmani ed ebrei) per via del clima di quella parte di mondo, troppo caldo, per cui la carne di maiale ha la spiccata tendenza a imputridire velocemente (al contrario di altre), considerando poi che all’epoca i metodi di conservazione dei prodotti da macelleria non erano decisamente avanzati come ai giorni nostri, semplicemente fu bandita per evitare epidemie, aggiungendo il carico da novanta per chi voleva provare lo stesso l’assaggio, di animale sporco e dedito a vivere nella sporcizia e nelle “malattie” più infami…
D’altronde, le religioni servivano per la maggior parte a regolare le abitudini del popolo ignorante, come l’adulterio, data la diffusione di malattie sessualmente trasmissibili e la necessità di riproduzione e sopravvivenza famigliare, viste le morti infantili all’epoca molto più alte, e via via dicendo (discorso complesso qui sintetizzato).

natale
natale
18 Luglio 2023 18:48

molto interessante