FoodRisC è un progetto finanziato dalla Commissione Europea (1) che dal 2010 studia le modalità migliori per comunicare ai consumatori i rischi collegati ad un’allerta o a una crisi alimentare. I ricercatori hanno intervistato 99 consumatori, 33 esperti in materia e 38 soggetti appartenenti a industrie alimentari, organizzazioni di consumatori, rivenditori e associazioni non governative dislocati in sei Paesi (Belgio, Irlanda, Italia, Lettonia, Paesi Bassi e Spagna).
Sono state analizzate le opinioni delle parti interessate e degli esperti per quanto riguarda la comunicazione di rischi e i benefici alimentari presenti sui media tradizionali e sui social network. Pur riconoscendo i punti di forza di internet (velocità, interazione con il pubblico e accessibilità) la ricerca evidenzia sia i punti forti del sistema (ricevere e inviare informazioni), ma registra anche i limiti dei social media (informazioni spesso anonime e non identificabili) (2). I soggetti della filiera alimentare considerano tuttavia queste nuove vie di comunicazione un’occasione importante per creare comunità e coinvolgere i consumatori. Alla luce delle criticità le parti interessate preferiscono concentrarsi sui media tradizionali on-line, oltre che su stampa, televisione e radio. Un altro elemento che emerge è la presenza di segnalazioni e commenti in rete proposti non solo da giornalisti professionisti, ma anche da nuovi personaggi che formano una sorta di “giornalismo partecipativo”.
I ricercatori hanno effettuato diverse interviste per conoscere l’identità e le attività dei giornalisti professionisti e dei “giornalisti partecipativi”, riscontrando molte somiglianze tra i due gruppi che conoscono la materia. Si è invece notata una notevole distanza tra questo primo gruppo e persone che postano in rete ma senza avere conoscenze specifiche. “I giornalisti – dicono i ricercatori – sono un gruppo importante da tenere in considerazione perchè sono coinvolti sia nella diffusione del messaggio sia nell’interpretazione dell’informazione”.
Lo studio ha esaminato alcune crisi: allarme diossina nei maiali in Irlanda nel 2008, allarme diossina nei polli, uova e maiali in Germania nel 2010 e allarme EHEC (ceppi di Escherichia coli enteroemorragici) nei semi germogliati di fieno greco in Germania nel 2011. I risultati hanno evidenziato l’importanza delle notizie on-line, dei blog e dei microblog (es Twitter) nella diffusione delle informazioni. Twitter è stato utilizzato principalmente per ricevere le ultime notizie. I risultati delle indagini mostrano che gli utenti dei social media rispondono molto rapidamente alle allerta alimentari anche se, rispetto ai media tradizionali, l’interesse si esaurisce rapidamente. Data la velocità con cui le notizie vengono riportate e la facilità di riproporle attraverso i re-tweet, è fondamentale che le notizie scorrette e inesatte vengano corrette immediatamente.
Dal sondaggio emerge che i consumatori utilizzano principalmente due metodi per ottenere informazioni durante una crisi alimentare: i giornali tradizionali e i telegiornali. Altre persone hanno un approccio più attivo e ricercano informazioni sul web utilizzando Google, piuttosto che visitando i social media. I cittadini cercano notizie approfondite quando sono di fronte ad una questione considerata molto rilevante, vogliono essere ben informati oppure tenersi aggiornati sui problemi alimentari
I ricercatori hanno utilizzato lo strumento on line “Vizzata” per comprendere domande e preoccupazioni dei consumatori dopo che l’Autorità per la Sicurezza Alimentare dell’Irlanda (Food Safety Authority of Ireland, FSAI) ha reso noto il 15 gennaio del 2013 che sono state trovate tracce di DNA di cavallo e suino negli hamburger di manzo. Il sistema ha evidenziato che i consumatori erano molto preoccupati perchè gli ingredienti sulle etichette non corrispondevano a quelli contenuti nei prodotti. Non c’era invece molta preoccupazione per i rischi per la salute derivanti dalla presenza di DNA animale estraneo dopo l’annuncio dell’Agenzia irlandese (FSAI). Le persone interessate a capire le cause della contaminazione si chiedevano perchè ritardavano i risultati delle analisi sugli hamburger.
(1) Il progetto FoodRisC è coordinato dalla University College di Dublino e finanziata nell’ambito del Settimo Programma Quadro della Commissione Europea; numero di finanziamento: 245124. Il consorzio FoodRisC è composto da esperti in settori chiave per la comunicazione del rischio/beneficio in campo alimentare, istituti di ricerca, organizzazioni di consumatori e PMI di nove stati membri dell’UE: Irlanda, Regno Unito, Paesi Bassi, Belgio, Lettonia, Portogallo, Germania, Italia e Spagna.
(2) Nel 2013 gli utenti del web sono più di due miliardi e mezzo, inoltre la rete si è evoluta molto rapidamente: gli utenti sono passati dal consultarla solo per ottenere delle informazioni (Web 1.0) ad essere in grado di generare delle informazioni su se stessi e di condividerle (Web 2.0), ad esempio con Facebook, Twitter, Wikipedia e YouTube.
Sara Rossi
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Personalmente , dall’esperienza vissuta, avendo anche scritto per un seminario dedicato un intervento chiarificatore sulle allerte alimentari, ritengo fondamentale che i giornalisti e gli addetti alla comunicazione che hanno a che fare con esse, debbano essere perfettamente edotti e consapevoli dei meccanismi (leggi, autocontrollo, tracciabilità…) volontari ed ufficiali che regolano le allerte alimentari. Questo allo scopo di una leale e corretta informazione ,che non provochi danni ai comparti alimentari che in modo serio si comportano e che hanno il merito di ritirare adeguatamente loro prodotti “incidentati”, senza invece essere messi sulla graticola mediatica. Il direttore del Fatto Alimentare è in possesso della pubblicazione per chi la ritenesse utile, soprattutto gli addetti ai lavori
Buongiorno, io lavoro nel settore alimentare e manca una line aguida da adottare che indichi con precisione i meccanismi volontari e ufficiali da adottare…esiste on line?
è possibile ricevere una copia della pubblicazione di costante pinelli?
grazie.
Eleonora