Non solo vestiti e cd musicali, i prodotti made in Italy contraffatti si possono trovare anche tra gli scaffali del supermercato. Ne sanno qualcosa le Autorità di controllo, costantemente impegnate nella lotta contro l’agro-pirateria.
Risale a poche settimane fa l’ultimo sequestro da parte del Corpo Forestale dello Stato nell’ambito di un’operazione anticontraffazione. L’ispezione ha accertato che venivano commercializzate mozzarelle con il logo DOP e il marchio consortile sull’etichetta, senza che il caseificio produttore fosse iscritto al Consorzio come invece prevede il disciplinare di produzione della vera Mozzarella di Bufala Campana. Non è la prima volta né sarà l’ultima, presumibilmente, di casi di contraffazione, imitazione o evocazione di indicazioni geografiche tutelate.
Alla società “Lardo di Colonnata di Giannarelli S.r.l.” è stato contestato dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato, in seguito alla segnalazione dell’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari (ICQRF). L’azienda in questione realizzava un solo prodotto contrassegnato dal marchio I.G.P. “Lardo di Colonnata”, ma utilizzava su altri tre prodotti simili un’etichetta con la denominazione societaria sopra citata. Il Garante ha censurato il rilievo grafico (tipo e dimensioni di carattere, collocazione in etichetta) dato al nome del produttore rispetto alla denominazione di vendita e alle altre informazioni. Secondo la sentenza l’effetto grafico complessivo può “veicolare al consumatore un’informazione ambigua in merito all’effettiva natura, origine e qualità dei relativi prodotti” conducendo il consumatore a credere che anche tali prodotti fossero in possesso dei requisiti propri del “Lardo di Colonnata” I.G.P. L’Autorità ha multato l’azienda con una sanzione amministrativa pecuniaria, e imposto la modifica delle confezioni della dicitura “Colonnata” al di fuori della denominazione sociale.
Per buona memoria, ricordiamo che la tutela delle denominazioni d’origine e delle indicazioni geografiche è anzitutto garantita dal regolamento (CE) n. 510/2006, che esplicitamente vieta:
-qualsiasi impiego commerciale diretto o indiretto di una denominazione registrata per prodotti che non sono oggetto di registrazione al fine di sfruttare la reputazione della denominazione protetta;
-qualsiasi usurpazione, imitazione o evocazione;
-qualsiasi altra indicazione falsa o ingannevole relativa alla provenienza, all’origine, alla natura o alle qualità essenziali dei prodotti (articolo 13).
A livello nazionale, il decreto legislativo 19 novembre 2004 n. 297 prevede sanzioni amministrative pecuniarie per contraffazione e usurpazione di DOP e IGP, uso di indicazioni false o ingannevoli e qualsiasi comportamento o prassi idonee a ingannare sulla vera origine dei prodotti. A tali sanzioni è aggiunta anche la pena accessoria dell’inibitoria, la cui inosservanza è punita con una sanzione amministrativa pecuniaria di 50.000 euro.
Non solo: la contraffazione o alterazione di DOP e IGP costituiscono anche illeciti penali. La legge n. 99/2009 ha inserito nel codice penale l’articolo 517-quater: “chiunque contraffà o comunque altera indicazioni geografiche o denominazioni di origine di prodotti agroalimentari” è responsabile del delitto di “contraffazione di indicazioni geografiche e denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari”, punito con la reclusione fino a due anni e con la multa fino a euro 20.000. “Alla stessa pena soggiace chi, al fine di trarne profitto, introduce nel territorio dello Stato, detiene per la vendita, pone in vendita con offerta diretta ai consumatori o mette comunque in circolazione i medesimi prodotti con le indicazioni o denominazioni contraffatte.”
Infine, le DOP e IGP sono tutelate anche dal decreto legislativo n. 30/2005, il c.d. Codice della proprietà industriale. Gli articoli 29 e 30 garantiscono protezione alle denominazioni di origine e alle indicazioni geografiche vietandone l’uso ingannevole o falso e lo sfruttamento indebito della loro reputazione.
L’uso ingannevole e falso viene punito ai sensi dell’articolo 127 con una sanzione amministrativa pecuniaria, mentre lo sfruttamento indebito può avere ripercussioni penali ai sensi del già citato articolo 517 c.p.
Dario Dongo e Paolo Cappelletti
vorrei ricordare, per completezza di informazione, che la segnalazione al Garante per il lardo Giannarelli era partita dall’attività di controllo dell’Ispettorato Repressione Frodi di Firenze sede di Pisa.