Insalate coltivate in impianto idroponico verticale; vertical farming

L’agricoltura idroponica e le sue variazioni, riassunte sotto il termine ‘vertical farming’ (agricoltura vetricale), consentono di produrre con rese elevate riducendo drasticamente l’impiego di acqua, pesticidi e terreno. Si propongono dunque come valide alternative ai metodi tradizionali, in quanto capaci di risentire meno di eventi climatici e geopolitici, e meno impattanti perché, di solito, installate nel paese in cui saranno consumati i prodotti. Tuttavia, non necessariamente il bilancio complessivo è favorevole, soprattutto a causa della necessità di grandi quantitativi di energia e di alcuni dei materiali utilizzati. 

Restano quindi dubbi, almeno per quanto riguarda l’insalata, una delle colture più praticate in modalità verticale, come dimostra uno studio coordinato dall’Università del Surrey appena pubblicato su Food and Energy Security.

Agricoltura verticale vs tradizionale

Per fornire dati reali, i ricercatori hanno analizzato la situazione di due aziende agricole britanniche, una posta su terreno minerale e una su terreno più torboso, più quella di un’azienda spagnola: nel loro insieme, le tre forniscono la maggior parte di lattuga consumata nel Regno Unito. Poi hanno confrontato i dati degli impatti globali con quelli di una quarta azienda, che coltiva in verticale nel Regno Unito. 

Il raffronto ha mostrato la grande superiorità dell’agricoltura verticale per quanto riguarda la resa: quella della vertical farm è circa 20 volte la resa delle altre tre, cioè produce in media 97 chilogrammi di insalata per chilometro quadrato, contro i 3,3 delle colture all’aperto.

Vertical farming: Insalata coltivata in una fattoria verticale sotto un impianto a LED
La resa della coltivazione verticale della lattuga è 20 volte più alta di quella tradizionale in campo

Anche per quanto riguarda l’acqua la coltivazione verticale vince a mani basse: rispetto a ciò che accade in Spagna, dove le necessità sono elevate, nelle serre idroponiche britanniche il fabbisogno di acqua è otto volte inferiore, e cioè 0,9 metri cubi per kg (m3/kg), (contro i 7,3 m3/kg della Spagna).

L’impatto ambientale

Tuttavia, quando si vanno a verificare le emissioni di gas serra il bilancio si inverte, perché quelle dell’azienda verticale sono superiori. Anche se quest’ultima è alimentata con fonti rinnovabili, la sua lattuga produce circa 0,93 kg di gas serra per ogni kg coltivato, mentre i campi si fermano a 0,57 kg/kg.

Una parte non secondaria dell’impatto ambientale complessivo, fanno notare gli autori, è da ricondurre all’utilizzo della juta, la fibra naturale che sostiene le colture verticali e che, lavorata in blocchi, sostituisce il terreno. È una fibra nobile e che comporta lavorazioni che consumano acqua ed energia: l’impiego di fibre alternative come quelle di cocco potrebbe aiutare a ridurre questo impatto anche del 95%.

Il commento

C’è dunque ampio spazio per correggere alcuni aspetti, soprattutto relativi alle fonti energetiche e ai materiali impiegati, e migliorare la sostenibilità complessiva delle colture verticali. La sfida è dunque quella di rendere sempre più sostenibile l’agricoltura verticale, che già oggi contribuisce a rafforzare l’approvvigionamento, per quanto riguarda la lattuga, ma che non è ancora efficiente al punto da essere vincente anche sotto il profilo ambientale. 

Come ha ricordato una delle autrici, Zoe Harris, direttrice del Centre for Environment and Sustainability, nei mesi invernali il 95% della lattuga che si consuma nel Regno Unito arriva dalla Spagna. Ma la produzione locale nelle vertical farm sta già permettendo di avere certi tipi di verdure tutto l’anno, consentendo al tempo stesso di preservare ambienti come le torbiere e i boschi. È quindi da sostenere sia economicamente che dal punto di vista della ricerca, che deve essere aiutata per trovare soluzioni ottimali in tempi rapidi. Harris e gli altri autori sono ottimisti e ritengono che, in un futuro non lontano, l’agricoltura verticale possa costituire un valido strumento per aumentare la resistenza del sistema alimentare britannico.

© Riproduzione riservata Foto: Depositphotos

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Sauro
Sauro
28 Ottobre 2025 18:41

Articolo interessante, ma una parte è decisamente impossibile! Cioè,
“Il raffronto ha mostrato la grande superiorità dell’agricoltura verticale per quanto riguarda la resa: quella della vertical farm è circa 20 volte la resa delle altre tre, cioè produce in media 97 chilogrammi di insalata per chilometro quadrato, contro i 3,3 delle colture all’aperto.”
Cioè, un milione di m2 (un km2) coltivato ad insalata produce 3,3 kg? L’insalata dovrebbe costare molte migliaia di Euro al kg! Non riesco però a capire quali possono essere i dati corretti…

Cordialmente

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