I piatti pronti serviti negli aeroporti italiani sono sicuri, lo dice un’indagine che ha testato 800 alimenti serviti in 44 punti vendita di tre grandi scali del Nord Italia. In queste settimane i viaggi saranno più frequentati del solito e a molti capiterà, tra un volo e l’altro, di usufruire del servizio catering di qualche self-service, bar o ristorante.

 

Qual è il profilo del rischio microbiologico per i cibi serviti negli aeroporti? Se numerosi studi di sicurezza alimentare sono stati condotti per varie realtà in cui si servono pasti pronti – scuole, mense aziendali, ospedali, hotel – non si può dire lo stesso per gli aeroporti, rimasti a lungo esclusi da questo tipo di analisi. Qualcosa, però, comincia a muoversi anche in questo settore e pochi giorni fa è stata pubblicata su Food Control la versione on line di un’indagine sulla qualità microbiologica e la sicurezza alimentare di questi ambienti. Le conclusioni dello studio sono positive: nei campioni analizzati non è stato trovato alcun microrganismo patogeno, però le condizioni rilevate non sono ottimali e c’è sicuramente margine per un miglioramento.

 

Le autrici dello studio – Claudia Maria Balzaretti e Maria Ada Marzano, del Dipartimento di Scienze veterinarie per la salute, la produzione animale e la sicurezza alimentare dell’Università di Milano – hanno suddiviso i pasti prelevati per le analisi in quattro categorie: cibi cotti che non subiscono manipolazioni dopo la cottura (per esempio risotto o pasta porzionata al momento del consumo); cibi cotti che subiscono una minima manipolazione (arrosti e torte salate tagliati al momento del servizio); cibi in parte cotti e in parte crudi (insalate con uova sode, roast-beef con rucola e grana); cibi serviti crudi (verdure e macedonie di frutta). Per ogni campione, è stata valutata la presenza di batteri e la tipologia.

 

Premesso che trovare un minimo di carica batterica è normale (come lo è del resto nel cibo che prepariamo a casa: nessun cibo è mai del tutto sterile), il punto è capire se nei piatti serviti erano presenti batteri pericolosi per la salute umana, come Salmonella o Listeria monocytogenes o se la carica batterica, pur in assenza di patogeni, risultava eccessiva. Come anticipato, non è stato trovato alcun microrganismo in grado di rappresentare un rischio diretto per l’uomo. Allo stesso tempo i dati raccolti hanno evidenziato un livello mediocre di qualità microbiologica. In particolare, è stata riscontrata un’alta contaminazione di batteri coliformi e, a seguire, di Stafilococco aureo e di Escherichia coli (microrganismi abitualmente presenti nell’ambiente). La contaminazione è stata registrata in particolare nelle preparazioni miste (in parte cotte e in parte crude e nei cibi crudi) e neli piatti cotti, ma sottoposti a un minima manipolazione.

 

«Questo fa pensare che il problema non stia nel cibo in sé, quanto nella  gestione – afferma Maria Ada Marzano. In genere i punti critici della ristorazione commerciale sono due: il tempo e la temperatura. Un gestione efficace dal punto di vista igienico-sanitario consiste nel preparare piccoli quantitativi di cibo da mettere subito in frigorifero, in modo da limitare il più possibile la permanenza a temperatura ambiente. Se i tempi di lavorazione e le temperature non vengono rispettati, i batteri trovano le condizioni ambientali ideali per proliferare». I lproblema è delicato perchè molti microrganismi si sono adattati a vivere a temperature di refrigerazione comprese tra  8-10 °C e anche minori, per cui bisogna prestare maggiore attenzione.   

 

Il messaggio lanciato agli operatori della ristorazione che operano negli aeroporti è chiaro: attenzione alla gestione degli alimenti. E’ vero che lo studio milanese non ha evidenziato la presenza di batteri patogeni, ma non bisogna abbassare la guardia. In  situazioni di sicurezza non proprio ottimali basta poco per innescare un’epidemia batterica di origine alimentare che dall’aeroporto può diffondersi rapidamente in tutto il mondo.

 

Valentina Murelli

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