Gli additivi sono ingredienti fondamentali e ubiquitari negli alimenti soprattutto in quelli ultraprocessati, e per questo motivo in Europa sono controllati e regolamentati da norme molto severe. Eppure i consumatori spesso li temono, e attribuiscono loro rischi per la salute che, in realtà, non esistono, oppure sono sovrastimati. C’è dunque molto lavoro da fare per informare meglio, e far capire tanto la loro utilità quanto le conseguenze sull’organismo umano. Lo conferma un recente sondaggio effettuato dall’Istituto federale tedesco per la valutazione del rischio (BfR), che ha sottoposto a mille persone una serie di domande le cui risposte sono illuminanti.
La prima riguarda i motivi per i quali si aggiungono additivi: sei intervistati su dieci rispondono per gusto e aroma, e altrettanti per la shelf life, seguiti da un 39% che pensa lo si faccia per l’aspetto. Se si chiede poi quali sono gli aspetti più importanti tenuti in considerazione nella scelta d’acquisto, emerge che per l’81% dei partecipanti è fondamentale la presenza ingredienti naturali, seguito da un 74% che cerca una consistenza gradevole, e dal 70% che dà importanza all’aspetto. Meno di uno su due pensa alla conservazione e al risparmio. Si cercano dunque prodotti percepiti come naturali ma anche accattivanti, senza forse capire che a rendere un alimento attraente sono, appunto, quasi sempre gli additivi.
E le contraddizioni continuano nella domanda successiva, ovvero: lei rinuncia a un acquisto a causa degli additivi? Il 55% risponde di sì, perché cerca di evitarli (il 40% dice di no). Se si scende nello specifico, tra i più temuti vi sono gli esaltatori di sapidità (indicati al primo posto dall’84% del campione), i dolcificanti (69%), i coloranti (64%), i conservanti (60%) e gli emulsionanti (43%). Dalla lista nera si salvano le vitamine, che il 47% dei partecipanti afferma di ricercare, così come i minerali, graditi al 25% del pubblico.
La parte seguente riguarda la connessione tra la finalità per la quale un additivo è aggiunto, identificata abbastanza correttamente, e una valutazione su quanto una certa categoria possa essere o meno positiva. In questo caso le opinioni su conservanti, aromi, dolcificanti, coloranti ed emulsionati sono risultate essere molto frammentate, con valutazioni generali distribuite tra il molto negativo e il positivo, con un primato di fiducia per quanto riguarda i conservanti e di sfiducia per i coloranti.
Per quanto riguarda specificamente i rischi per la salute, sono i dolcificanti a essere considerati più pericolosi, seguiti da esaltatori di sapidità e conservanti, mentre i coloranti sono temuti da un consumatore su tre. Interessante anche il dettaglio del tipo di pericolo che i consumatori hanno indicato: al primo posto ci sono le intolleranze, seguite dai tumori, dall’obesità, dal diabete e dalle malattie cardiovascolari o gastrointestinali. La paura, quindi, spesso è che gli additivi siano associati a malattie molto gravi.
Una domanda riguardava poi il livello di informazioni dei consumatori. In questo caso, la maggioranza del campione risponde di sentirsi scarsamente informato quasi su tutto: sul significato di quanto riportato in etichetta come sul ruolo degli additivi, sui rischi per la salute come sul processo industriale grazie al quale si ottiene un alimento additivato. Scarsa, infine, anche la conoscenza delle singole sostanze: se molti conoscono il beta carotene, la lecitina e l’acido lattico, solo circa uno su due sa che cosa sono il glutammato e l’aspartame, e appena uno su quattro sa che cosa sia il biossido di titanio.
Il documento ricorda, in conclusione, che gli additivi sono definiti dall’articolo 3 del regolamento europeo 1333/2008, come sostanze che normalmente non sono utilizzati come ingredienti in cucina, ma vengono aggiunti per finalità di produzione. Tutti gli additivi impiegati sono stati prima verificati per quanto riguarda la sicurezza, poi approvati per utilizzi specifici e contraddistinti da un numero preceduto dalla lettera “E”. Ne viene poi indicata la dose massima intesa come assunzione quotidiana per tutta la vita, a meno che la sostanza in questione non sia ritenuta sicura a qualunque dosaggio (è il caso, per esempio, della lecitina).
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Giornalista scientifica
Ammetto di essere insufficiente ma non ho capito cosa vuol dire questo articolo tra le righe, è forse un argomento a revisione e difesa dei cibi industriali trasformati o una rampogna alle autorità che sono troppo parsimoniose nel dare informazioni su queste sostanze nutrizionalmente inutili inserite nelle preparazioni lasciando i consumatori nella disinformazione e/o ignoranza?
Probabilmente sono vere entrambe le ipotesi.
concordo. prendiamo il caso del biossido di titanio, usato come colorante bianco in molti prodotti alimentari e farmaci: sottoposto da alcuni anni a studi che devono verificare se dannoso o meno. e, come quest’ultimo, son certo che anche altri additivi andranno incontro a verifiche e stroncature. non credo che ci sia granché da essere allegri quando in varia misura sono elencati nella lista degli ingredienti…
La categoria dei “dolcificanti” non esiste, la normativa li classifica come “edulcoranti”. che hanno le funzioni di sostituire gli zuccheri nella produzione di alimenti a ridotto contenuto calorico, alimenti non cariogeni o alimenti senza
zuccheri aggiunti, sostituire gli zuccheri qualora ciò consenta di prolungare la durata di conservazione degli alimenti, produrre alimenti destinati ad un’alimentazione particolare
Come è bello il mondo scientifico-commerciale…..ci si può trovare tutto e il contrario di tutto, quindi a proposito della lecitina di soia e degli effetti emulsionanti……dato che il colesterolo è “Essenziale” nel metabolismo cellulare essendo una componente importante per il mantenimento delle funzioni cellulari, al punto che la sua assenza ne precluderebbe la crescita e la differenziazione…… Quindi l’emulsionante dovrebbe, se mai usato, essere regolato sull’eccesso di colesterolo personale e non “libero”…………..ma va bene così fa niente.
Riguardo all’efficacia effettiva
https://www.humanitas.it/enciclopedia/integratori-alimentari/lecitina-di-soia/
———Attualmente non risultano claim approvati dall’Efsa (l’Autorità europea per la sicurezza alimentare) specifici per i prodotti a base di lecitina di soia. Le proposte delle indicazioni secondo cui questa sostanza faciliterebbe la stabilizzazione ai giusti livelli del tasso di colesterolo e agirebbe in caso di ipercolesterolemia, sono state rifiutate a causa dell’assenza di prove scientifiche sufficienti.
Avvertenze e possibili controindicazioni della lecitina di soia
Tra gli effetti collaterali più comuni dovuti all’uso della lecitina di soia ci sono dolori addominali, crampi, diarrea e nausea. L’uso di questa sostanza deve essere evitato in caso di ipersensibilità certa o presunta verso il principio attivo. In generale, comunque, l’assunzione di lecitina di soia risulta ben tollerata dalla maggior parte delle persone. A causa dell’assenza di specifici studi sull’argomento è preferibile evitare il consumo di integratori a base di lecitina di soia in gravidanza e allattamento. A oggi non sono noti casi di interazione dovuti alla contestuale assunzione di lecitina di soia e farmaci o altre sostanze.———-
Dunque, pochi giorni fa il prof. Spisni bocciava le creme spalmabili a base di latte con più additivi, salvando di fatto la ricotta, nella sua semplicità quella nutrizionalmente più valida, oggi leggo che gli additivi non vanno demonizzati perché è grazie a loro che alcuni prodotti industriali possono diventare alimenti migliori, poi da quale punto di vista se ne potrebbe discutere…fraintendo io o il sondaggio tenterebbe di veicolare un invito ad avere maggior fiducia in prodotti industriali che dovrebbero suscitarne meno? Poi va bene quello che diceva Paracelso, solo che come la quantifichiamo, tutti i giorni, la dose che fa diventare veleno ciò che sotto una determinata quantità fa essere una sostanza innocua?