Cosa mangiamo al ristorante? Piatti pronti surgelati, semilavorati o cucinati dallo chef. I clienti lo devono capire leggendo il menu
Cosa mangiamo al ristorante? Piatti pronti surgelati, semilavorati o cucinati dallo chef. I clienti lo devono capire leggendo il menu
Roberto La Pira 21 Settembre 2016In Svizzera nel Canton Ticino ci sono ristoranti che espongono un cartello con la scritta “Fatto in casa” per dire ai clienti che nel locale si servono solo piatti e pietanze preparati dallo chef. L’idea a prima vista può sembrare bizzarra, ma la questione risulta tutt’altro che banale come ha evidenziato più volte la rivista La borsa della spesa dell’Associazione consumatrici e consumatori della Svizzera Italiana. Nel nostro paese ci sono locali e tavole calde che servono piatti pronti surgelati (indicati nel menu). Si tratta di pietanze e primi riscaldati nel forno a microonde, in qualche caso rivisitati con un veloce passaggio in cucina per aggiungere il tocco che fa la differenza. A parte questi casi “estremi”, il problema dei ristoranti abituati a servire piatti pronti surgelati o spaghetti conditi con sughi o ragù acquistati al supermercato o nel cash and carry si pone. È giusto pagare 10 euro per un piatto di trenette al pesto preparate con pasta fresca comprata dal pastificio dietro l’angolo e condite con un cucchiaio di pesto prelevato dal barattolo comprato pronto? In cucina il cuoco può preparare il minestrone sbucciando sedano, carote e patate oppure aprire una scatola con un preparato pronto da scaldare.
Sia chiaro: probabilmente le trenette sono squisite, il pesto è profumato, il ragù perfetto e il minestrone strepitoso ma qual è la trasparenza e la professionalità del ristoratore? Il problema si pone perché in commercio si trova di tutto di più e in alcuni casi i prodotti sono di qualità. Il cliente però deve saperlo. Molti gestori dimenticano di indicare in modo chiaro nel menu l’uso di piatti pronti o semilavorati. Il caso tipico riguarda le patatine prefritte surgelate da evidenziare sul menù proprio come avviene per il pesce surgelato. Per restare in argomento un altro particolare che sfugge è che il 99% dei piatti a base di calamari, le varie insalate di mare a base di polpo come pure seppie e altri molluschi sono preparati con materia prima surgelata. Per questo anche in questo caso sul menu va indicata che la materia prima è surgelata. Anche sul pesce fresco sarebbe il caso di essere più trasparenti.
L’orata al cartoccio o il branzino al sale possono essere stati catturati in mare oppure provenire da una vasca di un allevamento situato in Italia o in Grecia. Nel primo caso il prezzo sfiora 25-30 €/kg, nel secondo di dimezza mentre per il pesce greco arriva anche a un terzo e la differenza nel palato si avverte. Al ristorante anche sul dessert ci sono particolari da chiarire. Sul menu va indicato se si tratta di una torta o di un tiramisù preparato dal cuoco-pasticcere, oppure se è un dolce industriale. L’ultima nota riguarda la cattiva abitudine italiana di non portare a tavola una caraffa di acqua fresca del rubinetto e una di acqua gasata come si usa fare a Parigi e New York.
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza come free lance con diverse testate (Corriere della sera, la Stampa, Espresso, Panorama, Focus…). Ha collaborato con il programma Mi manda Lubrano di Rai 3 e Consumi & consumi di RaiNews 24
….”È giusto pagare 10 euro per un piatto di trenette al pesto preparate con pasta fresca comprata dal pastificio dietro l’angolo e condite con un cucchiaio di pesto prelevato dal barattolo comprato pronto…?”
Ebbene si è giusto! infatti i ristoratori che utilizzano alimenti già pronti hanno costi più alti.
Farsi la pasta da soli con farina e acqua è infinitamente meno costoso, ovvio che la differenza è la manodopera.
In sostanza un primo “preconfezionato” potrebbe costare 2 euro, se invece è fatto dallo chef siamo abbondantemente sotto l’euro
Bisogna anche calcolare il tempo impiegato per preparare la pasta in cucina …..
Preferisco la mia cucina. Ho lavorato a Milano dal 66 al 75 e poi in varie città della toscana. La cucina dell’epoca a Milano era semplice anche nei ristoranti da 15.000 lire a persona (il Motta di piazza Duomo, l’assassino, le colline pistoiesi) . Tagliatelle, spaghetti, varietà di sughi, filetti di carne, filetti di branzino ecc.
Oggi con il fatto che tutti lavorano e pranzano fuori casa, è normale che servano piatti preparati e precotti.
Diffido comunque dei ristoranti che presentano menù con eccessivo numero di piatti diversi. Dal ragù di carne a quello di cinghiale, capriolo, alce, canguro anche in estate. Senza parlare dei secondi con prodotti non locali. Tutti surgelati naturalmente, credo.
@ Roberto
è per quello che costa meno se uno se la fa da solo ….il tempo ( o manodopera) viene remunerata dal prezzo finale ed è il guadagno del ristoratore.
Ovvio che se ho già tutto pronto ci metto molto meno tempo a fare un piatto, ma ho anche un guadagno minore.
Esempio pratico: piatto di pasta pronto costo 4 euro prezzo 10 euro e guadagno di 6. stesso piatto cucinato dal ristoratore costo 1 euro e guadagno di 9. Nel primo caso ci si mettono 5 minuti , nel secondo in caso di pasta fresca fatta al momento 30 minuti.
@Federico, al guadagno del ristoratore poi devono essere tolti i maggiori costi di manodopera 30 minuti rispetto a 5 sono 6 volte tanto sono costi; consideri 80-100 coperti al giorno…
E poi, non solo: la gestione delle materie prime deperibili per realizzare tutto “al momento” comporta la necessità di spazi maggiori (anche il magazzino è un costo) e il rischio di dover smaltire eventuali ingredienti non più utilizzabili…anche questi sono costi… E tutto questo va decurtato dal presunto maggiore guadagno del ristoratore che si ottiene dalla differenza tra costo materie prime e prezzo finale del piatto. Non si può fare un paragone sui soli ingredienti…
Mi scrive un’amica “addetta ai lavori” cui ho fatto leggere l’articolo:
“Mi sta bene tutto (ed è tutto giusto) tranne il fatto dell’acqua in caraffa; non c’è obbligo di portare a tavola dell’acqua in caraffa (la legge non lo impone e neanche l’ASL caldeggia l’uso di acqua del rubinetto, tant’è vero che il disciplinare per le caraffe d’acqua “minerale” è molto rigido).
Io, personalmente, non voglio l’acqua “rigenerata” cioè quella che esce nella caraffa ( cioè senza tappo) sia naturale che gasata e tu paghi 3-4 euro per qualcosa che non è altro che acqua del rubinetto raffreddata.
Ti dirò di più, c’è il rischio che ci si senta apostrofare (portando la caraffa dell’acqua) con: “scusi, chi gliel’ha chiesta?”. E poi, ti assicuro che la clientela che ho io l’acqua del rubinetto la usa solo per lavarsi le mani…..
Per quanto riguarda i piatti, se i ristoratori indicassero realmente la provenienza delle loro preparazioni (seppur buone), tanti locali si troverebbero vuoti: sai quanta gente compra la pasta fresca da fuori e la spaccia per fatta in casa? I sughi non lo so, ma la pasta di sicuro: niente di male, ma almeno non dire che la fai tu, stai zitto! Per i bar si sa, non avendo la cucina fanno solo rigenerazione.”
Nei Paesi menzionati, le caraffe sono gratuite. In Italia non è un obbligo. Il fatto poi che esista un disciplinare rigido non significa che le Asl sconsiglino il consumo di acqua di rubinetto. L’attenzione è diretta piuttosto sui depuratori che devono essere controllati e revisionati periodicamente.
Condivido l’assunto di base dell’articolo. Occorre :
– chiarezza sulle pietanze che il ristoratore mette a disposizione del cliente nel menù;
– onestà nei prezzi in funzione di come è di cosa viene servito.
Il cliente deciderà sulla scorta di quanto sopra e dei suoi gusti.
… parliamo anche di supermercati che spacciano il pane precotto surgelato per fresco!!!!
….stesso concetto ….
L’etichetta indica che si tratta di pane surgelato
Vorrei sapere come mai la maggior parte dei bar serve brioches surgelate senza indicarlo
Siamo onesti con noi stessi e pur senza essere dei professionisti della cucina, per preparare un piatto di spaghetti al pesto fatto in casa, con il basilico fresco, quanto impieghiamo? Venti minuti? Moltiplichiamolo per 50 o 100 clienti e per ognuno altre 3 o 4 portate, quanto tempo e quanti cuochi ci vorrebbero?
Ristoranti con menù kilometrico e prezzi da cinesi, come potrebbero servirci piatti “fatti al momento”?
Per mangiare bene e fatto al momento, il conto finale è sostenibile solo da una parte di clienti e per tutti gli altri c’è il congelatore ed i piatti pronti industriali e delle cooperative.
Secondo me è importante quello che ha detto Dani anche se riguarda se non marginalmente questa discussione. Come sappiamo, i piatti surgelati devono essere indicati nel menu dei ristoranti; a questo punto analoga previsione dovrebbe essere esistere per i prodotti da bar (principalmente brioches e paste per la prima colazione). Generalmente è difficile verificare gli ingredienti, e la dizione “alimenti surgelati” io non l’ho mai vista.