In questi giorni diversi programmi televisivi e radiofonici hanno trattato il tema della sicurezza alimentare e più volte si è posto il problema della presenza in commercio di carne agli ormoni. Contrariamente a quanto dichiarano alcune associazioni di categoria, in Italia negli allevamenti bovini si usano sostanze vietate per incrementare il peso ponderale degli animali. È vero che il rapporto pubblicato il 2 settembre 2014 dal Ministero della salute offre risultati tranquillizzanti (su un totale di 38.250 campioni esaminati all’interno del Piano nazionale residui (PNR) solo 46 hanno evidenziato irregolarità), ma esiste un altro documento altrettanto autorevole, secondo cui sino al 15% degli animali sono sottoposti a somministrazione fraudolenta di anabolizzanti, ormoni e altri medicinali classificati come tossici e cancerogeni, per incrementare del 10-15% la massa muscolare degli animali.
Le sostanze e i residui che potrebbero costituire un pericolo per la salute pubblica, come quelle a effetto anabolizzante e altre non autorizzate, di cui parla il documento del Ministero della salute, probabilmente non ci sono nelle carni macellate. Ma è altrettanto vero che vengono utilizzate in centinaia di allevamenti durante la fase di ingrasso, salvo poi essere metabolizzate nell’organismo degli animali e quindi sparire durante i controlli realizzati dopo la macellazione.
Gli addetti ai lavori sanno che i controlli realizzati seguendo le metodiche ufficiali dopo la macellazione sono inutili, perché non permettono di identificare la frode, tanto che la ricerca delle sostanze vietate nella quasi totalità dei casi dà esito negativi. Le autorità sanitarie utilizzano metodiche costose e superate, che non consentono di evidenziare l’eventuale somministrazione fraudolenta. Dal 2008 in Italia esiste un piano di monitoraggio realizzato valutando, attraverso l’analisi istologica della ghiandola del timo degli animali macellati, i cambiamenti indotti dalle sostanze utilizzate a scopo anabolizzante.
Il vantaggio del metodo è che costa pochissimo ed evidenzia le lesioni nei tessuti causati da un trattamento illecito.
Quando vengono utilizzate queste tecniche i risultati sono molto diversi rispetto ai dati rassicuranti che emergono dai vari piani nazionali. Gli esperti dell’Efsa citano due studi secondo i quali anomalie istologiche imputabili a trattamenti con ormoni anabolizzanti si troverebbero in un numero piuttosto elevato di campioni: dal 5 al 15% in un caso e dall’11,7% al 31,9% nell’altro.
Secondo quanto ci era stato riferito dal Centro di referenza nazionale per le indagini biologiche sugli anabolizzanti animali, in Italia il 15% dei campioni esaminati con metodo istologico mostrerebbe non conformità”. Il Fatto Alimentare aveva denunciato questa criticità in un’inchiesta firmata da Valentina Murelli nel dicembre 2013.
Dai rilevamenti effettuati in 18 Regioni (vedi tabella a destra) si evince che l’esame istologico condotto su 514 bovini ha riscontrato 72 casi “sospetti” per la presenza di corticosteroidi, mentre per il trattamento illecito con ormoni steroidei sessuali i casi “sospetti” sono stati 12 a fronte di 576 capi esaminati. L’ultimo dato riguarda i casi “dubbi” per trattamento illecito a base di corticosteroidi: 74 dubbi su 512 capi.
Che fare? L’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle D’Aosta, nell’ambito di un progetto finanziato dal Ministero della salute, assieme al CIBA (Centro di Referenza Nazionale per le Indagini Biologiche sugli Anabolizzanti Animali) e al Laboratorio di Genetica ed Immunobiochimica, hanno realizzato uno studio sulle proteine nel sangue per identificare quelle presenti quando i corticosteroidi sono usati come anabolizzanti.
L’applicazione di questo esame molto rapido – se convalidato – potrà essere utilizzato su un numero elevato di animali per individuare quelli che hanno subito un trattamento prima dell’invio al macello.
Aspettiamo con fiducia che le nuove metodiche vengano al più presto validate, solo così si potrà effettuare un monitoraggio serio sullo stato di salute dei nostri animali da reddito. L’introduzione della nuova analisi permetterà di risparmiare decine di migliaia di euro destinate oggi a test costosi ma inutili.
Roberto La Pira
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza in test comparativi. Come free lance si è sempre occupato di tematiche alimentari.
e neanche a farlo apposta ho appena letto su Il Giorno che: Operazione dei carabinieri del Nas che dalle prime ore del mattino stanno dando esecuzione in 10 province del Nord Italia a 19 decreti di perquisizione di cui 8 in allevamenti intensivi di bovini da latte.
I decreti sono stati emessi dal Sostituto Procuratore della Procura della Repubblica di Brescia anche nei confronti di un indagato ritenuto responsabile del commercio e della somministrazione di medicinali veterinari di provenienza illecita.
Penso che non si possa stare allegri neppure con frutta e verdura.Alcuni prodotti (peperoni,meloni,lattughe,uva.finocchi ecc.)contengono sicuramente degli additivi che servono,come per la carne,ad aumentarne il contenuto d’acqua per renderli più pesanti ed esteticamente più gradevoli.
Ricordo la frutta e la verdura di una volta,sicuramente meno accattivante esteticamente,che dopo qualche giorno cominciava ad appassire.
Adesso molta frutta e verdura “moderna” non appassisce più:repentinamente si spappola emettendo liquidi vischiosi e maleodoranti.
Varrebbe proprio la pena di fare qualche controllo,tanto per essere prudenti e smetterla di credere ciecamente nella bella favola del “santo cibo italiano”
Caro Roberto, per una volta dissento da ciò che scrivi perché di sicurezza alimentare si deve parlare non per “sentito dire” ma con dati reali e ufficiali alla mano. Se poi vogliamo discutere sui briganti, hai campo facile perché li troviamo in tutti i settori, banche, Stato, politica, imprenditoria, Chiesa, giornalismo, sport, ecc.., agricoltura compresa. A breve ti presenteremo un metodo, denominato Myoscreen che è costituito da un Kit che consente analisi rapide sui bovini per la ricerca di sostanze dopanti, frutto della ricerca universitaria sui ciclisti. Ma questo NON risolve il problema della tua e nostra sicurezza alimentare per il semplice motivo che dobbiamo spingere sulla ricerca affinché metta a punto un sistema sicuro di analisi della CARNE (no dei bovini!!), con le genomica e proteomica per individuare eventuali sostanze illecite utilizzate per quel bovino che ha fornito quella carne! Questo rappresenta la chiave di volta poiché ti ricordo che mentre i nostri allevatori ricevono visite periodiche dei veterinari per i controlli sanitari ed in ogni macello italiano c’è la presenza di un veterinario ufficiale che controlla ogni macellazione e sequestra le carcasse sospette per sottoporle ad analisi, in Italia entrano bistecche dall’estero a volontà, ovvero, 1 bistecca su due è STRANIERA!! Chi ci garantisce che i bovini che hanno fornito la carne polacca oppure argentina oppure spagnola sono stati sottoposti agli stessi controlli di quelli italiani? Fossi io un consumatore italiano (e lo sono) quando acquisto una bistecca (non solo al supermercato ma anche al RISTORANTE) stresso il macellaio (o il cameriere) perché voglio sapere da dove arriva (e lo faccio senza vergognarmi perché è un mio diritto) e quando sento le risposte (senza carte in mano) ti dico la verità, c’è da piangere, in materia d’improvvisazione. E se posso dare un consiglio, acquistate prodotti la cui provenienza è certa (e certificata) soprattutto per quanto riguarda la carne PRODOTTA IN ITALIA che, caro Roberto, penso sia ai vertici non solo in materia di controlli sanitari (e quindi di sicurezza alimentare) ma anche per qualità dell’alimentazione e benessere dei bovini allevati (e, ti assicuro, di questi tempi, non è poco). Sempre a tua disposizione per parlare di sicurezza alimentare (e qualità dei prodotti). Giuliano Marchesin
Ben venga il kit che permette di verificare se la bistecca di carne italiana o straniera che ho comprato al supermercato proviene da animali dopati.