Un gruppo internazionale di ricercatori ha annunciato sulla rivista scientifica Science di aver concluso il sequenziamento del Dna di Coffea canephora, o caffè varietà robusta (da cui si ricava il 35 per cento della produzione mondiale di caffè), mentre è in dirittura d’arrivo anche la decodifica del genoma della più diffusa varietà Arabica, che conta il restante 65 per cento della produzione. I dati, a disposizione dei laboratori di tutto il mondo, permetteranno di progettare incroci mirati fra piante con caratteristiche genetiche diverse, allo scopo di migliorare il prodotto finale, così come la resa delle coltivazioni e la loro resistenza a malattie o a condizioni climatiche sfavorevoli. Sull’aroma, in particolare, ci sarà da sbizzarrirsi, perché sebbene il Dna del caffè sia piccolo rispetto a quello di altre piante, il numero di geni che contribuiscono a determinare le qualità organolettiche, implicati nella produzione di alcaloidi e flavonoidi, sembra a una prima analisi piuttosto cospicuo.
La rilevanza economica di questi sforzi è chiara, se si considera che nel mondo si producono quasi nove milioni di tonnellate di caffè l’anno e che in questo settore lavorano circa 26 milioni di addetti in 52 Paesi. I dati genetici, poi, sono attesi da tempo anche per far fronte alle minacce che negli anni recenti stanno mettendo a rischio le coltivazioni. Fra queste, i cambiamenti del clima – con l’incremento di siccità ed eventi estremi proprio nelle zone dell’America Latina e dell’Africa dove le piantagioni sono più diffuse –, e l’erosione della diversità genetica, che rende le piante più vulnerabili all’attacco di parassiti. In particolare, fra gli obiettivi delle ricerche in corso c’è anche l’individuazione di geni che possano essere utili a debellare la ruggine del caffè, un fungo che da un paio di anni sta danneggiando in modo grave le coltivazioni, soprattutto nell’America centromeridionale.
Riguardo alla biologia, lo studio pubblicato su Science ha infine chiarito che i geni responsabili della produzione di caffeina nel caffè non sono imparentati in alcun modo con quelli che hanno la stessa funzione nel tè, nel cacao, nel guaranà e in altre piante. «Nel corso dell’evoluzione, insomma, la caffeina è stata inventata più volte» spiega Giovanni Giuliano, del Centro ricerche Enea di Roma, «e questo fa pensare che possa svolgere un’azione importante nell’ecologia vegetale», forse allontanando i parassiti, o attraendo gli insetti impollinatori.
Al sequenziamento di entrambe le varietà di caffè partecipano anche ricercatori italiani. In particolare, il lavoro di Science è firmato da studiosi dell’Università di Trieste e dell’Enea.
Margherita Fronte
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