Spaghetti con pesticidi nei supermercati della Svizzera francese. Quattro le marche italiane su 15, e tre quelle svizzere. Nessuna confezione supera i limiti di legge. Bene i risultati per la pasta bio
Spaghetti con pesticidi nei supermercati della Svizzera francese. Quattro le marche italiane su 15, e tre quelle svizzere. Nessuna confezione supera i limiti di legge. Bene i risultati per la pasta bio
Redazione 19 Marzo 2014Sette confezioni di spaghetti su quindici acquistate in grandi supermercati e discount della Svizzera francese (Aldi, Lidl, Coop, Manor e Denner), contengono pesticidi, anche se in quantità inferiore rispetto ai limiti consentiti. Premesso che il gruppo di campioni comprendeva spaghetti biologici che convenzionali, il laboratorio ha riscontrato in sette marche di spaghetti una quantità di residui inferiore a quanto previsto dalla norma. Di queste quattro sono italiane e tre svizzera (vedi tabella).
Come abbiamo detto il test è stato eseguito congiuntamente dalla rivista Bon à savoir e dalla Radiotelevisione svizzera RTS su campi0ni di pasta biologica e convenzionale.
In cinque confezioni – la svizzera Prix Garantie acquistata alla Coop e le italiane Combino, Reggano, Barilla e La Pasta di Flavio – sono state rilevate tracce di pirimifos metile, un insetticida autorizzato utilizzato durante la conservazione di grano e farina nei silos. Nessuna traccia di pesticidi ni prodotti biologici e in De Cecco, Garofalo e nella confezione di spaghetti Barilla integrali. Nella confezione di spaghetti svizzeri Qualité & Prix venduti alla Coop è stata rilevata anche la cipermetrina, un insetticida-acaricida utilizzato in tutto il mondo in varie coltivazioni, come cereali, cotone e caffè.
Infine, negli spaghetti svizzeri Denner è stato rilevato l’insetticida-nematocida terbufos – utilizzato nelle coltivazioni delle barbabietole da zucchero, mais, patate e tabacco – in una quantità (0,007 mg/kg) vicina al limite ammesso (0,010 mg/kg).
Beniamino Bonardi
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Aggiornamento: riceviamo oggi 3 aprile una nota da Barilla che pubblichiamo
Barilla rassicura sul fatto che, in collaborazione con i più qualificati esperti della comunità scientifica, siamo sempre molto sensibili al processo di miglioramento continuo della qualità e della sicurezza delle materie prime che utilizziamo. I prodotti Barilla sono del tutto conformi alle normative e alle leggi vigenti e ai più alti standard per le persone e per l’ambiente. Per quanto riguarda il grano, Barilla sta inoltre sviluppando un progetto globale chiamato «Grano Duro Sostenibile» che aiuta gli agricoltori sia nell’utilizzo dei pesticidi, solo se e quando realmente necessari, sia migliorando le pratiche agronomiche, abbassando i possibili residui e impatti ambientali.
Foto: Thinkstockphotos.it
Buongiorno, a mio avviso, per completezza e correttezza di informazione sarebbe stato meglio citare in maniera chiara ed esaustiva i limiti di legge e le relative norme che li fissano (nel prodotto finito? nella farina) paragonandole al valore dei residui ritrovati.
Inoltre, sempre a mio avviso, bisognerebbe chiarire anche che:
– il ritrovamento di residui di prodotti fitosanitari è usuale in tutti i prodotti alimentari, a parte quelli da agricoltura biologica e non dovrebbe scandalizzare nessuno;
– l’uso di prodotti chimici (non tutti, non sempre) in agricoltura ed in conservazione è normato in maniera specifica ed è quindi lecito e necessario;
se i valori sono sotto il limite di legge il prodotto è sicuro e comunque i limiti in genere sono fissati sempre con margini di sicurezza molto ampi;
Infine, la tabella riportata è in francese (non tutti lo comprendono) e l’immagine è tagliata (la scritta piccola sotto non si legge e manca parte della tabella a destra).
L’articolo poteva essere un interessante spunto di riflessione e di informazione, così da’ informazioni parziali e rischia di creare allarme in chi legge e non è addetto ai lavori.
L’articolo e la tabella sono visnbili chiaramente cliccando sul link della rivista.
Per quanto riguarda il ritrovamento di residui di sostanze sono d’accordo con lei che si tratta di un aspetto normale nei prodotti non biologici. In questo caso sono tutti al di sotto dei limiti di legge e questo viene detto chiaramente.
Nessuno nell’articolo ha affermato che i prodotti non sono sicuri, e visto che ci sono marche che non hanno dato risultati positivi ai pesticidi, vuol dire che i residui dei prodotti fitosanitari non sono usuali, ma possibili. Pur se non approfondite di tutti gli aspetti tecnici che ognuno può comunque approfondire se interessato, trovo queste informazioni molto utili in quanto sono anche stimolo per i produttori a commercializzare prodotti migliori.
Mi associo al commento di Daniele. Mentre in quello, peraltro ineccepibile ma interessato di Guido, trovo una frase da rigettare con forza: “se i valori sono sotto il limite di legge il prodotto è sicuro”: nessun alimento che contiene prodotti chimici non presenti naturalmente e’ sicuro. Io non mi fidero’ mai di qualunque ente che sostenga la sicurezza alimentare di prodotti chimici usati in agricoltura per uccidere qualcosa.
Il commento di Guido è corretto e puntuale, ma ciò non toglie che l’allarme non è da evitare ma da generare!
Da generare perchè la sommatoria dei valori assunti di queste sostanze anche se nei limiti di legge è sempre in grado di “offendere” l’organismo di chi li sta assumendo specie se è quello di un bambino o di un preadolescente in crescita. Anche perchè chi acquista un prodotto non vuole acquistare anche dei contaminanti di qualsiasi tipo essi siano.
Purtroppo “è sempre il continuo di asserzioni” a proposito del rispetto delle vigenti normative europee (ed i relativi limiti di legge rispettati) che diventa un “mantra validante” di queste continue “offese”.
Andiamo ad approfondire come anni fa fu approvato dall’FDA americana la diffusione delle coltivazioni di mais OGM e del famoso ROUNDUP . . . . e poi ne riparliamo.
Luigi dovresti verificare cosa viene dato da mangiare alle mucche che producono il latte (tedesco e italiano). Queste “offese” sono ovunque!!
“Per quanto riguarda il ritrovamento di residui di sostanze sono d’accordo con lei che si tratta di un aspetto normale nei prodotti non biologici. In questo caso sono tutti al di sotto dei limiti di legge e questo viene detto chiaramente.”
allora cosa c’è di interessante in questo articolo?
forse la notizia andava data al contrario:
“ben tot.. tipi di spaghetti senza pesticidi.”
La notizia è che magari gli spaghetti bio sono veramente bio per esempio!
Leggete il libro “Il veleno nel piatto” della Marie-Monique Robin e poi vediamo se avete ancora il coraggio di sostenere apoditticamente che “se i valori sono sotto il limite di legge il prodotto è sicuro”.
Frank se non si accetta questa logica sarebbe difficile fare la spesa ,ma è altrettanto vero che i prodotti industriali alimetnari di oggi sono decisamente più salubri di quelli di una volta. Le norme di legge sono molto restrittiive rispetto a 60 anni fa.
Sono d’accordo con La Pira. Se dovessimo stare lì a dirci quali cibi per qualsiasi motivo ci fanno male, finiremmo come gli stiliti che si lasciavano morire di fame.
Detto ciò, i limiti di legge, abitualmente, sono fissati in maniera precauzionale (se fa male 100, fisso il limite a 20) sulla base di studi epidemiologici o analoghi, non è che l’addetto OMS si sveglia e alza o abbassa i limiti a suo piacere, dall’OMS passa alla Ue e poi all’Italia
Attenzione poi a citare chicchessia che abbia scritto un libro, non è che tutto quello che è scritto e detto (sfortunatamente) sia corrispondente a verità assoluta.
Saluti
Maria Rosaria
PS: in effetti l’articolo era più “logico” se impostato come: vedete, almeno stavolta il biologico ha un senso…
La logica del “se fa male 100, fisso il limite a 20” chi la seguirebbe, di grazia ? I produttori, i governi ?
E chi finanzierebbe i lunghi e costosi studi necessari per stabilire l’eventuale innocuità o le soglie di tollerabilità per ciascun prodotto chimico ?
La realtà é che esistono decine di migliaia di composti chimici di sintesi di cui si sa poco o nulla e ancora meno si sa ovviamente sulle possibili interazioni tra di loro.
Si valuta che per meno del 2 % delle sostanze chimiche sul mercato siano stati fatti studi sulla loro possibile cancerogenicità. Con buona pace dei “limiti di legge”.
Quello che dice in parte è vero ma i limiti non sono stabiliti a caso ma sulla base di studi e ricerche. Certo la potenziale sinergia negativa tra i vari vari composti non la fa nessuno , ma a questopunto qual è la soluzione .In ogni caso la qualità del cibo è migliorata rispetto a prima .
Forse l’ “indusrtrializzare/pesticidizzare” il meno possibile?
non dico eliminare del tutto,tutto ma diminuire.
In nome della fame del mondo invece sta accadendo sempre più il contrario.
Eppure se si sostiuisse (ad esempio) la carne (sopratutto quella trasformata) con altre valide alternative per diminuirne il consumo non credo che si rischiederebbe di aumentare le popolazioni affamate che non hanno già ad oggi accesso a questo tipo di prodotti industriali.
quello che è stato legale ieri, oggi non lo è più e quello che è legale oggi domani non lo sarà più. per molti pesticidi si scopre dopo molti anni di utilizzo la loro cancerogenicità. succede molto spesso, un triste esempio: il DDT
ci sono anche quei prodotti (ora non ricordo il nome) utilizzati decenni fà in america per aumentare la produzione di latte
Buongiorno;
di fronte a tale articolo ed alcuni commenti potrei rispondere tecnicamente, ma preferisco rispondere, forse in maniera retorica, ma per me sincera, con una frase che avevo letto su delle piccole locandine di Green Peace nel lontano 1987 a Bologna lungo Via Zamboni:
“Quando l’ultimo albero sarà stato abbattuto,
l’ultimo fiume avvelenato,
l’ultimo pesce pescato,
ci accorgeremo che non si potrà mangiare il denaro”.
Detto questo sembriamo tutti come degli struzzi con la testa immersa nella sabbia…nel senso che, sappiamo tutti dove stiamo andando, ma ci scandalizziamo difronte a delle inezie e a delle verità di cui la maggior parte di noi ne siamo a conoscenza.
Stamattina ho raccolto il commento di un mio collega, da qui il mio commento, che terrorizzato ha detto:”Allora questi spaghetti sono cancerogeni?”. Ed io gli ho risposto:”Né più né meno come la cioccolata che stai mangiando (è stato fatto mai uno studio sui vari tipi di cioccolata, magari svizzera, per controllare se i contenuti di micotossine sono nei limiti stabiliti dalla legge?), come la pentola che usi tutti i giorni, come il deodorante che usi tutte le mattine, come lo scolapasta di plastica, come il pesce che mangi al venerdì, è così via dicendo: ossia la maggior parte di noi, oggi, non sarebbe disposta a rinunciare a nessuna di queste cose, per cui dobbiamo essere disposti, coscientemente, a prenderci un po’ di cancro da ciascuna di queste cose, e a tal proposito mi sovviene una celeberrima frase di Totò, che appunto recitava:”E’ la somma che fa il totale”.
Saluti e buon lavoro a tutti,
Patrizia Cristallo
PS: è logico che i limiti di legge sono un compromesso tra mille e mille fattori, per non parlare poi dell’impostazione volutamente errata dell’articolo e del suo titolo
non occorre rininciare a niente basta cambiare abitudini. mi pare che la verifica avesse fatto emergere che i prodotti bio non contenessero pesticidi! ma allora?
La presenza di pesticidi o di altre sostanze chimiche al di sotto dei limiti di legge come hanno scritto alcuni lettori in questi post è una costante nei prodotti alimentari Per questo è nato il settore bio. Il test della rivista francese vuole solo evidenziare come in questo caso gli spaghetti bio sono senza pesticidi. Negli altri si possono trovare o non trovare ma non c’è alcun allarmismo.
Io questa serie di riflessioni sulle cose la faccio spesso e …sono (purtroppo necessariamente )disposto ad accettare di “prendermi un po di cancro da alcune cose” , del resto non potrei fare diversamente. D’altro canto però posso fare un po di attenzione quantomeno a diminuire “le cose” in modo tale da ottenere una somma finale che diviene più piccola.
Volendo cercare il pelo nell’uovo, è improprio considerare che se il prodotto non presenta residui di sostanze chimiche di sintesi “allora è sicuramente bioogico”.
Potrebbe trattarsi di materia prima semplicemente “a residuo zero”, proveniente da produzione non bologica, ma nel rispetto dei tempi di carenza, di una buona produzione integrata o, semplicemente, o anche di un prodotto non trattato, come dimostra il fatto che anche alcuni prodotti non biologici non presentano residui, almeno dei principi attivi ricercati.
Mentre la presenza di residui su un prodotto qualificato come biologico fa scattare l’allarme e impone all’organismo di controllo di accertarne la natura accidentale e tecnicamente inevitabile (e in ogni caso residui superiori a 0,01 mg/kg impongono che non sia concedibile la certificazione di prodotto biologico, nemmeno in caso di accertata contaminazione accidentale e tecnicamente inevitabile, giusto DM 309/2011), l’assenza di residui non è di per sè sufficiente a qualificare un prodotto come biologico.
La certificazione non è “di prodotto”, ma “di processo”.
L’organismo di controllo deve accertare l’effettiva applicazione del “metodo biologico”, che non è (solo) residuo zero, ma significa (da reg. CE 834/2007):
– mantenere e potenziare la vita e la fertilità naturale del suolo, la stabilità del suolo e la sua biodiversità, prevenire e combattere la compattazione e l’erosione del suolo, e nutrire le piante soprattutto attraverso l’ecosistema del suolo
– ridurre al minimo l’impiego di risorse non rinnovabili e di fattori di produzione di origine esterna
– riciclare i rifiuti e i sottoprodotti di origine vegetale e animale come fattori di produzione per le
colture e l’allevamento
– tutelare la salute delle piante mediante misure profilattiche, quali la scelta di specie appropriate e di varietà resistenti ai parassiti e alle malattie vegetali, appropriate rotazioni delle colture, metodi
meccanici e fisici e protezione dei nemici naturali dei parassiti
eccetera.
Le analisi sono un fondamentale strumento di indagine (non a caso, in Italia, ogni anno è sottoposto ad analisi oltre il 10% degli operatori bioogici), ma non sono il passaporto per la definizione di “biologico”.
Il non presentare residui è solo il… minimo sindacale di un prodotto biologico.