Perché aggiungere panna e zucchero se per un buon caffè basta un marchio ecologico? Se lo chiede, in modo un po’ provocatorio, uno studio appena pubblicato su PLoS One su quanto conti la presentazione di un caffè come “amico dell’ambiente” nella percezione del suo sapore. I risultati parlano chiaro: il caffè proposto come ecologico sembra più buono.
È noto già da tempo che la percezione dei sapori non sia soltanto un fatto di papille gustative: in gioco ci sono anche elementi cognitivi come il contesto di informazioni in cui ci troviamo e le attese personali. Si è visto, per esempio, che l’aggiunta alla birra di un ingrediente anomalo, come l’aceto, la rende sgradevole soprattutto a chi sa dell’aggiunta, mentre chi la ignora tendenzialmente continua ad apprezzare la bevanda. E non è neppure detto che quel componente spiacevole debba essere aggiunto davvero: basta dichiarare la (falsa) presenza di soia in una barretta nutrizionale perché i consumatori la trovino meno appetibile. Altri studi hanno mostrato che anche la fama di un brand è sufficiente per far piacere di più hamburger o bibite, anche tra i bambini.
Un gruppo di ricercatori dell’Università svedese di Gävle ha deciso di verificare se, in presenza di una particolare attenzione di fondo ai temi ambientali, un marchio ecologico possa influenzare non solo la disponibilità alla spesa ma anche la percezione del sapore di un caffè. In un primo esperimento, i ricercatori hanno proposto due caffè a 44 volontari, chiedendo loro di dichiarare quale preferissero e quanto fossero disposti a pagarlo. I caffè erano in realtà identici, ma uno veniva presentato come eco-friendly, cioè “amico dell’ambiente”. Tutti i partecipanti, inoltre, hanno compilato un questionario sulle abitudini di spesa e di gestione dei rifiuti domestici, che ha permesso di identificare quanto fossero “green” di base. Risultato: chi aveva una più spiccata sensibilità ai temi ambientali non si limitava a dichiararsi disposto a spendere di più per il caffè con marchio ecologico, ma tendeva anche a ritenerlo più buono. «In presenza di adeguate convinzioni – concludono gli autori – un’etichetta eco-friendly è sufficiente a rendere un prodotto più gustoso di un’alternativa identica, ma senza diciture in tal senso».
Ma perché un’indicazione “green” su un prodotto dovrebbe influenzare la percezione del gusto? L’ipotesi avanzata è che l’informazione faccia leva su alcuni preconcetti dei consumatori, i quali potrebbero immaginare che i processi produttivi che stanno dietro a un alimento ecologico siano diversi rispetto a quelli di un alimento convenzionale e siano a loro volta legati al gusto. Nel caso del caffè, per esempio, potrebbero pensare che i chicchi “ecologici” siano migliori perché ottenuti da raccolti sottoposti a meno trattamenti con pesticidi.
A questo punto, però, sorge spontanea una domanda: i consumatori che sono disposti a pagare di più per un prodotto ecologico lo fanno per ragioni altruiste (“perché è un bene per l’ambiente”) o per ragioni egoiste (“perché mi piace di più”)? Per rispondere a questa domanda, i ricercatori svedesi hanno allestito un secondo esperimento, lavorando con altri 87 volontari. Di nuovo, ai partecipanti è stato chiesto di assaggiare due caffè e di indicare quale fosse il migliore. Anche in questo caso le bevande erano identiche.
Questa volta il finto marchio eco è stato svelato solo dopo l’assaggio: a metà dei partecipanti è stato detto che avevano preferito il caffè amico dell’ambiente e all’altra metà che avevano preferito quello convenzionale. Solo a questo punto è stato chiesto quanto fossero disposti a pagare per le due bevande. È emerso chiaramente che, tra i volontari sensibili all’ambiente, anche coloro che avevano preferito il caffè convenzionale continuavano a dichiararsi disposti a pagare di più per la bevanda ecologica. A testimonianza del fatto che questa maggiore disponibilità dipende proprio dal maggiore valore intrinseco che si attribuisce al prodotto ecologico.
Valentina Murelli
giornalista scientifica
Beh, verrebbe da dire la scoperta dell’aria calda.
Sono sempre divertenti questi test, ma ormai un po’ ripetitivi e scontati.
Meglio leggersi il classico di Cialdini per sapere come il marketing condiziona le nostre scelte di acquisto.
Questo dimostra quanto dannoso sia il lavaggio ideologico del cervello cui sono sottoposti i consumatori. Purtroppo sta succedendo proprio così: una mia vicina mi ha detto che compre solo una marca di mozzarella, “buonisssima”, perché il negoziante le assicura che è “naturale” e “senza conservanti”, come se le altre fossero tutte di plastica e fossero fatte con conservanti,( che non è permesso)!