Se non vi è bastato mettere il vostro nome sul vaso di Nutella o sulla bottiglia di Coca-Cola, adesso potete regalare i confetti colorati di M&M’s con la vostra foto. Da qualche mese la famosa marca di praline al cioccolato confettate propone sul web un prodotto molto particolare che probabilmente riscuoterà un certo successo tra i consumatori.
Andando alla pagina Mymms.it si scopre che sui piccoli confetti piatti e tondi si può far stampare una fotografia, una scritta di auguri, una frase celebrativa o uno slogan, scegliendo anche le combinazioni cromatiche dei confetti. Il sito garantisce la consegna entro 10 giorni, ma è possibile, pagando un extra di 8 euro, riceverle in 4 giorni. L’aspetto curioso è che M&M’s propone anche diverse modalità di confezionamento e presentazione.
Preparare un ordine è piuttosto facile e anche divertente: si comincia scegliendo i colori delle caramelline, poi si personalizzano con testo, foto oppure con un’immagine stilizzata, e infine si sceglie la confezione. C’è la scatola regalo da 400 grammi, pensata per i compleanni, che costa 36,90 euro, ci sono gli astucci da 2,99 euro, ma l’ordine minimo è di 20 pezzi. Divertente è anche la scatolina di metallo con il logo aziendale proposta a 2,26 euro (ordine minimo 2.500 pezzi).
I listini non sono certo confrontabili con i confetti che si acquistano al supermercato, ma si tratta di gadget interessanti per occasioni particolari, in sostituzione ai tradizionali confetti, come matrimoni o battesimi, o per gli eventi aziendali. Chi ha un partner particolarmente goloso può scriverci sopra una dichiarazione d’amore.
Ovviamente in questo caso il contenuto passa del tutto in secondo piano, tanto che non c’è neppure la descrizione dei confetti.
Nella tabella riportiamo alcune simulazioni di acquisto tra le più semplici con i quantitativi minimi e i prezzi.
Valeria Torazza
© Riproduzione riservata
analisi di mercato
Ogni idea applicata, al di là del lato squisitamente commerciale, è una medaglia a due facce.
In questo caso, da un lato i denti che rompono e polverizzano l’immagine felice non mi entusiasma.
Dall’altro lato c’è tradizione in alcuni luoghi di rompere i piatti come buon auspicio.
M&M’s avrebbe dovuto dare un senso alla foto che viene frantumata o assaporata.
Così lascia un po’ di amaro in bocca.
una moda che si sta espandendo..ormai non sanno più cosa inventarsi pur di avere i nostri dati personali!!..e poi i prodotti che propone nel sito m&m sono troppo costosi…
Ci stanno colonizzando il cuore. Circa 100.000 abitanti di Pisa spendono in un anno circa 200 milioni di euro per mangiare. Se un quarto fosse di filiera corta, 50 milioni di euro verrebbero suddivisi tra i circa 1500 addetti necessari a produrre le 10000 tonnellate di cibo sui 500/1000 ettari necessari. Numeri orientativi di uno schema produttivo attuabile. Non manca né il terreno né la disponibilità di risorse umane: manca la disponibilità dei 100000 pisani ad acquistare, almeno per un quarto, cibo locale.
Chi oggi ha quel mercato non ha nessuna intenzione di lasciarselo sfuggire. Se fino a qualche mese fa lo faceva aprendo aree di nicchia con prodotti locali all’interno della grande distribuzione, oggi è passato alla conquista del cuore del cliente. Dalla CocaCola verde e piena di buoni sentimenti ai nuovi “FoodCoaching” della NESTLE’, la comunicazione del cibo industriale sta cercando di modificare i criteri di acquisto “inglobando” nel prodotto valori, sentimenti ed etica. Le campagne pubblicitarie dei grandi produttori internazionali si basano su questo: buoni sentimenti, convivialità, solidarietà, serenità, amore, bellezza, etc. (è interessante notare che l’intelligenza non viene mai usata come valore da ricercare, mai stimolata) Loro hanno risorse e competenze che noi non abbiamo: guardando di nuovo alla scala pisana ci accorgiamo che per un mercato da 50 milioni di euro abbiamo un manipolo di volenterosi che cercano di guidarlo con strumenti inadeguati.
La trappola dell’eccellenza è quella in cui si finisce per cadere quando si “comunica” che l’argomento “qualità del cibo” riguarda “l’eccellenza” prodotta dal territorio. L’olio prodotto dalle nostre colline, il pane fatto con grano locale a lievitazione naturale è cibo normale: è quello industriale che è di bassa qualità e spesso dannoso per la salute. Eccellenza fa rima con caro, questa è la percezione e noi dobbiamo smontarla. Sappiamo che comprando cibo non industriale, fatto e distribuito in modi etici e sani, alla fine dei conti, si è probabilmente risparmiato qualcosa, oltre che guadagnato in piacere e salute: e allora perchè siamo ancora così indietro in questa conquista di mercato? Io vedo ogni anno alcune migliaia di bambini, ed il 99,9 % mi dice che la mamma fa la spesa al supermercato. Una indagine condotta dalla rivista “altroconsumo” dice che l’80% dei clienti dei supermercati sono mediamente soddisfatti del loro supermercato. L’idea diffusa è che al supermercato trovi i prodotti che vuoi con la comodità che vuoi: noi sappiamo invece che lì si vende solo cibo industriale, bassa qualità, scarsa attenzione alla salute. Il resto sono specchietti per le allodole.