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I riferimenti alla salute sulle etichette suonano come una sorta di licenza a esagerare

Tra i fattori che spingono ad assumere più calorie del dovuto potrebbero esserci i riferimenti salutistici riportati sulle etichette. Le  diciture sulle supposte virtù suonano come una sorta di licenza a esagerare, e anche se non ci sono motivi fondati per ritenere che esista un legame tra salubrità e calorie, la tentazione diventa quasi irresistibile. Lo ha dimostrato Barbara Livingstone, docente di scienze biomediche dell’Università dell’Ulster di Coleraine, che ha compiuto un esperimento per verificare questa teoria. Ha chiesto a oltre 180 persone di servirsi liberamente tra due piatti apparentemente identici di insalata di cavolo: uno con un’etichetta “standard”, l’altro con la dicitura “più sano”.

 

Si è osservato che i partecipanti prendevano porzioni più abbondanti della versione “più sana”, in media, 103 grammi, contro gli 86 della versione “standard”. Eppure i due piatti erano identici dal punto di vista delle calorie: poco più di 220 ogni 100 grammi. Inoltre, come riferito sull’International Journal of Obesity, i volontari rispondevano sbagliando sistematicamente il conto delle calorie, attribuendo all’insalata “più sana” un punteggio minore rispetto a quella standard (circa la metà di quello reale). Risultati molto simili si sono visti anche con un’analoga prova con due versioni di cereali e di bibite.

 

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I pubblicitari conoscono molto bene questo meccanismo psicologico e lo sfruttano, puntando su un fraintendimento implicito.

«Tutti tendiamo a estendere una specifica qualità dell’alimento (per esempio un basso tenore di grassi) alla totalità del prodotto, facendolo così diventare meno calorico e più sano rispetto ad altri» ha sottolineato Cliodhna Foley Nolan, direttrice dell’agenzia governativa Human Health and Nutrition at Safefood, che ha commissionato l’indagine. «I pubblicitari – ha proseguito Foley Nolan – conoscono molto bene questo meccanismo psicologico e lo sfruttano, puntando su un fraintendimento implicito. Negli anni, anche grazie a questo tipo di equivoco, la dimensioni delle porzioni proposte tanto nei ristoranti quanto dalla grande distribuzione è andata progressivamente aumentando, e ora è necessario capire quanto la pubblicità e i claims influenzino questa tendenza, per cercare di porvi rimedio.»

 

Per ora il consiglio non può che essere quello di cercare di prestare molta attenzione alle indicazioni salutistiche e di non farsi abbindolare, ragionando sempre sulla pietanza che si sta per scegliere e sull’effettiva  composizione.

 

Agnese Codignola

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Foto: Photos.com

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Mauro Serafini
Mauro Serafini
31 Maggio 2013 10:20

Scusate se commento, ma non posso astenermi. Mi pare lapalissiano che se esiste una “label” salutistica per un alimento vegetale, che sappiamo avere un effetto benefico, si scelga quello rispetto allo stesso senza label, che se ne possa consumare anche di più è logico. Ma usare questi risultati per dire che la “label” salutistica induce a consumare più calorie mi sembra un salto eccessivo. Un conto è la quantità di calorie che derivano da alimenti vegetali ed un altro conto sono le calorie da alimenti che inducono stress postprandiale come quelli ad alto contenuto di energia, grassi e zuccheri. L’esperimento doveva essere condotto valutando anche come i consumatori rispondessero relativamente a questi alimenti che non hanno “label” salutistica. Chiaramente il commento finale della Codignola è assolutamente condivisibile ed è fondamentale per non cadere nella rete della pubblicità delle Multinazionali. Estenderei questa necessità di attenzione, da parte del consumatore, all’analisi delle informazioni di base, cioè lo studio scientifico (o no), dal quale spesso derivano molti titoli sensazionalistici che ci dicono come ogni giorno venga scoperto, riscoperto o realizzato un Super Alimento che ci farà vivere in eterno, ma se noi analizziamo le frequenze di mortalità per malattie degenerative e neoplasie nel nostro Paese e nel mondo industrializzato, vediamo come siano in aumento e che ci sia un nuovo diabetico ogni 5 secondi…

Laura
Laura
5 Giugno 2013 16:32

Valutazione su ‘oltre 180 persone’, cioè 181 potrei presumere. Direi ridottissimo, oltretutto non è difficile leggere le etichette, non a tutti può interessare la quantità di calorie.
Sul ‘Tutti tendiamo’ io sono in palese disaccordo perchè non tendo e non concordo con la dichiarazione.

Eugenio
Eugenio
Reply to  Laura
6 Giugno 2013 11:00

Secondo me la ricerca è attendibile, è il classico esperimento dell’effetto placebo. Perché non DOBBIAMO DIMENTICARE CHE GIOCANO DI PSICOLOGIA, ed è anche instintivo, naturale, umano. Noi consumatori, nei limiti del possibile e prendendo per buoni gli ingredienti, DOBBIAMO LEGGERE la composizione e i valori analitici.
E non cedere alla lobby.