I detrattori dell’articolo 62 ne combinano di tutti i colori per scardinare il sistema delle regole introdotte. La norma rimane peraltro ‘efficace e vitale’, come ha spiegato dopo Pasqua il Ministero delle politiche agricole. Non é tuttavia chiaro se e in quale misura la filiera distributiva abbia adeguato i propri comportamenti alle nuove prescrizioni di legge in vigore dal 24 ottobre 2012. Il Fatto Alimentare riporta il punto di vista di un operatore del settore, che per ovvie ragioni chiede di mantenere l’anonimato.
Di cosa si occupa, e cosa rappresenta l’articolo 62 per una realtà come la Vostra? “Lavoro nella direzione commerciale di un gruppo industriale di area food, rivolto a tutto il grocery che si compone di retail’ (GDO) e food service (ristorazione collettiva, hotel, ristoranti, catering). L’articolo 62 é una evoluzione che allinea l’Italia al resto dell’Europa per quanto riguarda la certezza dei tempi di pagamento, e ha moralizzato gli scambi tra industria e distribuzione.
Questa legge viene rispettata da tutti? “Le nostre aspettative sull’articolo 62 in merito ai pagamenti si sono realizzate positivamente per alcuni clienti, meno per altri che continuano a ignorare la legge. I ‘soliti’ T…., L…. e C…. continuano a pagare in ritardo. Ed è problematico anche il canale hotel, ristoranti, catering dove moltissimi grossisti, con rare eccezioni quali il gruppo P….., disattendono completamente la normativa. Ma perchè, anzichè chiedere a me, non si chiede all’Antitrust di fare le necessarie e doverose verifiche? Basta confrontare la data di ricevimento di alcune fatture-campione con la valuta del corrispettivo, e fare le debite consideazioni.”
Cosa ci può dire sulle pratiche commerciali sleali? “Alcuni gruppi come B… e P…. , chiedono contributi promozionali che non hanno riscontro operativo e sembrano invece utili a mascherare sotto diversa forma i classici recuperi di marginalità e di onere finanziario. Inoltre è diffusa in tutti i canali la richiesta di fatture riepilogative mensili con spedizione il mese successivo, per procrastinare il pagamento di ulteriori trenta giorni. Questa pratica sembra fatta apposta per aggirare i termini stabiliti dalla legge. Anche in questo caso la verifica é facilissima: basta vedere la tempistica delle fatture ricevute dai diversi distributori nell’ultimo periodo e confrontarla coi dati storici delle fatture emesse dagli stessi fornitori prima dell’entrata in vigore della legge. Si tratta di sistemi che si traducono in ritardi di pagamento.”
E degli scambi di lettere pasquali tra Ministeri, che si dice? “La distribuzione ha recepito subito la confusione creata dal Ministero dello sviluppo economico per disattendere la legge. Non riusciamo a comprendere come sia possibile che l’ex Ministero dell’industria vada contro gli interessi della piccola e media industria. In questo senso non ci sentiamo tutelati nemmeno da Confindustria: quali interessi sta facendo?”.
Dario Dongo
PS: Prima di pubblicare questa intervista abbiamo inviato una copia del testo alle aziende e alle catene di supermercati citate invitandole a replicare. La maggior parte non ha risposto, le altre hanno negato ogni circostanza. Quale verità, e quando i controlli? A ogni buon conto, inoltriamo le carte all’Autorità Garante per la Concorrenza e il Mercato che, ricordiamo, ha il potere di attivare le indagini anche d’ufficio. Curiosi di leggere i commenti dei lettori de Il Fatto Alimentare che si confrontano ogni giorno con queste realtà, e di comprendere se la legalità nel nostro Paese sia un dato reale o un’opinione.
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Come la mettiamo con chi emette fattura maggiorata degli interessi di mora secondo l’art.62 ed il cliente si arrabbia o addirittura smette di acquistare?
ma se il cliente non paga nei termini stabiliti cosa succede?
il fornitore come si deve comportare se il cliente non paga nei termini di legge, nonostante i solleciti?
NOn è solo una questione di sanzioni. Manca la sensibilità reciproca e soprattutto la sensibilizzazione die consumatori. Non è facile visualizzare, pensare realisticamente ai miseri prezzi pagati agli imprenditori agricoli italiani che ancora conferiscono. L’organizzazione della fornitura non è una regola e comunque è sempre stringente nei confronti di chi produce, specie se chi consuma non è reso consapevole delle conseguenze delle proprie azioni.
Va ripensato proprio il modello di distribuzione.
Le beghe burocratiche di lettere e letterine ministeriali non aiuta a fare chiarezza sulle dinamiche. Inoltre, l’ostinazione della lobby GDO in fase di redazione dell’articolo e del decreto e la caparbietà nel volere cancellata una tale misura è finita in quello che per me è un patetico tentativo di tirare la giacchetta al MiSE che non ha nulla a che vedere con questa materia IMHO.
Le sanzioni dovrebbero essere proporzionate al fatturato del moroso; è chiaro che se la lobby non ha saputo concertare in fase di redazione, è in grado, invece, di tenere ancora il coltello dalla parte del manico nei confronti di chi fornisce.
Senza dimenticare che l’art. 62 NON ha effetto retroattivo, per cui nessuno parla delle forniture precedenti al 24/10/12 i cui pagamenti sono in alcuni casi sono arretrati anche di anni.
Purtoppo siamo abituati a vedere ogni cosa che accade in un compartimento stagno, anziché in un sistema complesso, compresi i nostri legislatori che introducendo nuove norme continuano ad essere insensibili nei confronti del sistema economico sovraccaricandolo di norme sovrapposte e mai alleggerendolo.