Pasta alla puttanesca - Spaghetti al pomodoro olive e capperi

Nel mondo una persona su cento è celiaca, cioè soffre di una reazione autoimmune scatenata dal glutine. Si tratta di una condizione grave, e per chi ne soffre evitare il glutine è essenziale.

Poi però una su dieci pensa di avere una sensibilità al glutine, pur non essendo celiaca né allergica ad alimenti quali il grano. Di solito queste persone sviluppano sintomi gastrointestinali quando assumono alcuni alimenti, attribuiscono al glutine il malessere e tendono a evitarlo. Ma che cosa c’è di fondato in questo comportamento? Molto poco, stando a una delle più complete revisioni mai effettuate, le cui conclusioni sono appena state pubblicate su Lancet.

L’indagine a tappeto

I ricercatori dell’Università di Melbourne, in Australia, insieme ad alcuni colleghi tra i quali Carolina Ciacci dell’Università di Salerno, hanno analizzato 58 studi tra i più affidabili e completi condotti negli ultimi decenni in diversi paesi (Italia inclusa) su argomenti vari quali il ruolo del sistema immunitario e quello delle mucose intestinali, il microbiota o gli aspetti psicologi, tutti relativi alla cosiddetta sensibilità al glutine non celiaca (non-celiac gluten sensitivity – NCGS). Il risultato è stato che solo una percentuale compresa tra il 16 e il 30% di coloro che si dichiarano sensibili ha qualche disturbo realmente associato al glutine.

Per tutti gli altri, le spiegazioni sono differenti, come si vede in alcune ricerche specifiche. Tra queste ultime, una delle più importanti riguarda il ruolo dei cosiddetti FODMAPs (Fermentable Oligo-, Di-, Mono-saccharides And Polyols), ossia i carboidrati a catena corta che vengono scarsamente digeriti nell’intestino e metabolizzati a fatica dal microbiota, fatto che spiega i sintomi.

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La sensibilità al glutine potrebbe essere, per alcune persone, il frutto di una autosuggestione negativa

Secondo uno studio del 2013, condotto su una quarantina di persone, una dieta a basso tenore di FODMAPs, con quantità ridotte di alcuni vegetali, è associata a una riduzione moto significativa dei sintomi, mentre secondo un altro del 2018, condotto su una sessantina di persone, gli alimenti che contengono i fruttani (i FODMAPs tipici di verdure come l’aglio e le cipolle) scatenano sintomi peggiori del glutine.

I FODMAPS o forse altro potrebbero quindi essere le cause principali della sensibilità, e il glutine non sembra essere tra queste. In alternativa potrebbe trattarsi di una condizione simile a quella del colon irritabile, che chiama in causa l’asse intestino-cervello, e che non dipende necessariamente dal glutine.

L’effetto nocebo

Spinta anche da una grande popolarità sui social, la sensibilità potrebbe essere, per alcune persone, il frutto di una autosuggestione negativa, cioè di un classico effetto nocebo: se si pensa che qualcosa ci farà male, i sintomi non tarderanno a manifestarsi. Per esempio, in uno studio del 2024 condotto su un’ottantina di volontari senza che nessuno sapesse che cosa si stava somministrando/assumendo, le differenze nelle reazioni agli alimenti con e senza glutine sono scomparse. Del resto, l’attivazione di specifiche aree cerebrali associate al dolore, in risposta al pensiero di assumere glutine, si è dimostrata in un’altra ricerca citata. I dolori, i gonfiori e gli altri sintomi non a caso sono reali. Quello che cambia è la loro origine, da ricercare nelle aspettative e nell’ansia, piuttosto che nel glutine.

Cosa fare

A differenza della celiachia, per la sensibilità al glutine non esistono test di alcun tipo, e la diagnosi deve dunque arrivare per esclusione, ossia dopo aver eliminato qualunque altra causa plausibile.

Per chi accusa sintomi, si può provare con una dieta a basso tenore di FODMAPs e in generale con un’alimentazione attentamente controllata e di elevata qualità nutrizionale. Se non si vedono miglioramenti, secondo gli autori si può sperimentare, sempre sotto una rigorosa supervisione medica, una dieta priva di glutine per sei settimane, seguita da una graduale reintroduzione, e poi verificare che cosa succede. Se non si hanno benefici si può aggiungere un supporto psicologico, che aiuti a gestire meglio le paure e le ansie associate al glutine.

Mantenere un’alimentazione gluten free può portare ad alterazioni del microbiota e rafforzare l’ansia collegata al glutine, e anche per questo non andrebbe fatto se non è necessario. Inoltre fa male al portafoglio: in media, si stima che gli alimenti senza glutine costino il 139% in più rispetto a quelli con glutine, e siano nettamente meno nutrienti.

Confezioni di pane senza glutine in un espositore con la scritta gluten free glutine
Gli alimenti senza glutine costano il 139% in più rispetto a quelli con, e sono nettamente meno nutrienti.

La pasta e il glutine

Chi, senza motivo, rinuncia alla pasta classica e opta per quella senza glutine non riuscirà comunque a ottenere lo stesso gusto, perché il glutine, almeno per gli spaghetti, è assolutamente fondamentale. Lo hanno scoperto i chimici dell’Università di Lund, in Svezia, guidati dall’italiano Andrea Scotti, che hanno dimostrato che anche il sale ha un ruolo. Come illustrato su Foods Hydrocolloids e in un video riassuntivo dello stesso Scotti, l’importanza del glutine si manifesta all’interno degli spaghetti, perché è lì che esso agisce come una sorta di rete protettiva nei confronti dell’amido presente. Il quale, grazie a questo schermo, non esce e non sfalda lo spaghetto.

La pasta senza glutine contiene una sorta di glutine artificiale, cioè una sostanza industriale che dovrebbe avere la stessa funzione. Ma come sa chiunque l’abbia assaggiata, il risultato non è mai perfetto e le condizioni di cottura vanno rispettare con il massimo rigore, per evitare disastri.

Per dimostrare il ruolo del glutine nel mantenimento della struttura, i ricercatori hanno utilizzato i raggi X e la scansione al microscopio elettronico, per visualizzare l’interno degli spaghetti in diverse condizioni, e hanno confermato che è proprio l’interno, tenuto insieme dal glutine, il responsabile della texture, del gusto, la shelf life e dell’indice glicemico. E ciò spiega anche perché la pasta resista anche a condizioni di cottura non ottimali come tempi troppo lunghi o un eccesso di sale. Il sale, a sua volta, è importante per gli spaghetti perfetti: se è troppo interferisce con la microstruttura.

Le prossime tappe prevedono lo studio di altri formati e anche la simulazione di ciò che accade nello stomaco, nonché la ricerca su possibili sostituti del glutine che assicurino una resa migliore e più fedele a quella originale.

© Riproduzione riservata. Foto: Depositphotos

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