Anche il cibo ha una sua materia oscura. Una definizione proposta dal nutrizionista ungherese Albert-László Barabási per indicare l’insieme delle oltre 26.000 sostanze le cui funzioni molecolari sono sconosciute, e che va ben oltre le circa 150 che compongono le categorie tradizionali di nutrienti quali i carboidrati, i grassi e le proteine. Se se ne tiene conto, la visione di ciò che è e ciò che il cibo mette in atto nell’organismo cambia completamente anche se è ancora, in grandissima parte, da decrittare.
A questo si dedica la foodomica (Foodomics), un termine che si potrebbe tradurre (male) con cibomica, ossia la scienza che cerca di comprendere il cibo a livello molecolare ma nel suo insieme, e quindi che cerca di decifrare che cosa quei 26.000 composti facciano quando entrano nell’organismo e, oltre a relazionarsi con esso, come interagiscano tra di loro. Il suffisso -omica, del resto, è già in uso per approcci analoghi quali l’insieme delle proteine di un sistema biologico, studiato attraverso la proteomica.

Secondo quanto illustrato in un articolo pubblicato su Food Navigator, la foodmica va oltre, perché tiene insieme la proteomica, la metabolomica (la scienza che studia l’attività cellulare, sempre nel suo insieme) e la nutrigenomica (che ha lo scopo di approfondire come il cibo influenza i geni). Il tutto per salire a un livello ancora più generale della comprensione degli effetti degli alimenti e, al tempo stesso, molecolare.
Foodomica e diete
Per spiegare attraverso un esempio, il sito ha intervistato uno degli esperti del settore, David Benton dell’Università britannica di Swansea, che ha applicato l’approccio della foodomica a diversi tipi di diete. “Se analizziamo la dieta mediterranea” spiega Benton “ci chiediamo in che modo la frutta, la verdura, l’olio extravergine di oliva, il pesce, le (poche) carni bianche, i cereali integrali e le noci siano benefici per il cuore. Sappiamo già che i vantaggi cardiovascolari ci sono, ma non esattamente in che modo si determinino, e progettiamo studi ed esperimenti per comprenderlo.
In questo ambito abbiamo scoperto il ruolo di un agente, in particolare, il TMAO o trimetilammina-N-ossido, che viene sintetizzato dai batteri del microbiota intestinale durante la digestione delle carni rosse. Il TMAO ha conseguenze negative sul cuore e i vasi, ma per esempio l’aglio, altro grande protagonista della dieta mediterranea, blocca la sintesi di TMAO, e questo potrebbe spiegare la sua azione positiva.
Un altro esempio è quello dell’acido ellagico, sintetizzato da molti tipi di frutta fresca e a guscio, che viene convertito da alcuni batteri intestinali in urolitine, sostanze che hanno un effetto molto positivo sui mitocondri e che sono antinfiammatorie. Molto, tuttavia, in questo equilibrio, dipende dalla situazione del microbiota, e da quanta frutta si assume. Questi sono solo due esempi che spiegano come la dieta, da un individuo a un altro, possa essere sbilanciata in un senso o nel suo contrario, a seconda di ciò che mangiamo: la foodomica vuole descrivere questo tipo di scenari e identificarne i protagonisti”.
Il Foodome Project
Per affrontare sfide di queste dimensioni stanno nascendo appositi progetti di ricerca internazionali. Tra questi vi è il Foodome Project della Northwestern University statunitense, che ha già inserito nei suoi archivi oltre 130.000 sostanze che appartengono al grande regno del food, compresa parte delle 26.000 che rientrano nella materia oscura. Del resto, la creazione di un unico database internazionale è uno dei primi passaggi, in questo tipo di studi e questi grandi archivi contengono di solito anche le informazioni note per esempio sul metabolismo e sulle reazioni con altri membri. Nello specifico, poi, il Foodome Project vuole rispondere a tre domande principali. Perché un certo tipo di alimentazione (dieta) è benefico per alcune persone ma non per altre? Perché gli alimenti in certi casi prevengono in altri provocano malattie? Quali alimenti possono essere sfruttati per sviluppare alimenti o farmaci?
L’ultima questione lascia intravvedere anche i benefici che le aziende potrebbero trarre da una Foodomica avanzata, sia per quanto riguarda la riformulazione dell’esistente, che in molti casi nei prossimi anni dovrà essere rivisto, sia per lo sviluppo di prodotti del tutto nuovi anche per un’alimentazione sempre più personalizzata: la materia oscura potrebbe essere una miniera di novità, e quindi di soluzioni.
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Giornalista scientifica



Solo nel caffè sono identificate un migliaio di sostanze potenzialmente bioattive: acidi clorogenici, terpenoidi, trigonelline cumarine… figuriamoci in tutti gli alimenti e specie vegetali che assumiamo. La maggior parte benefici o neutri, taluni potenzialmente tossici ma spesso inattivati da cottura, salamoia, lavaggio, ammollo…