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Se si vogliono aumentare le probabilità di successo delle iniziative volte a convincere le persone a mangiare o – come in questo caso – bere di meno e meglio, è fondamentale tenere conto delle particolarità socio-demografiche. Il che significa, innanzitutto, fornire spiegazioni nella lingua primaria del pubblico cui ci si rivolge, che può anche non parlare quasi per niente quella del paese in cui vive. E poi, ogni volta che è possibile, coinvolgere persone della comunità come protagonisti della campagna, cioè medici, educatori, assistenti sociali o altri che, oltre alla conoscenza della lingua, riescano a offrire una comprensione più empatica e completa delle esigenze delle persone cui si rivolgono.

Questo il principio generale che ha ispirato un programma che potrebbe essere applicato, con le dovute modifiche, a iniziative sia in ambito medico come, per esempio, quelle sulla gestione del diabete, sia in ambito nutrizionale, per educare le persone in condizione di disagio ad alimentarsi e a bere con maggiore consapevolezza.

Il test con i forti bevitori latinos

In questo caso, i ricercatori dell’Università della California di San Diego si sono rivolti a un pubblico in continua crescita, e molto presente nello stato: quello degli immigrati di prima generazione che arrivano dai paesi dove si parla spagnolo, i cosiddetti Latinos, oggetto di feroci campagne denigratorie dell’amministrazione Trump nonostante rappresentino una forza lavoro imprescindibile.

Negli USA, i Latinos sono circa il 20% della popolazione, e si stima che circa un quarto di loro non parli una parola di inglese: è a persone come queste, spesso prive dei documenti per la permanenza nel paese e inesorabilmente escluse dai circuiti sanitari, che si rivolge il programma esposto sul Journal of Studies on Alcohol and Drugs. In esso, oltre 230 Latinos sono stati invitati a seguire tre sessioni tenute in lingua spagnola da un docente proveniente dalla stessa comunità sui rischi del consumo eccessivo di alcol, che colpisce i Latinos più duramente rispetto alla media nazionale. Secondo le stime ufficiali, infatti, il 26,4% della popolazione adulta degli ispanici riferisce di aver bevuto in modo eccessivo almeno una volta nell’ultimo mese, contro il 23% della media.

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Iniziative di questo tipo potrebbero diminuire anche il consumo di cibo spazzatura, o quello di bevande gassate e dolci

Terapia motivazionale

Durante gli incontri, i docenti hanno utilizzavano metodi basati sulla terapia motivazionale (Motivational Enhancement Therapy) combinata con quella chiamata Strengths-Based Case Management, molto presente nei centri di riabilitazione. Per controllo, metà dei soggetti ha ricevuto solo il materiale informativo ufficiale del National Institute on Alcohol Abuse and Alcoholism, cioè il libretto intitolato “Rethinking Drinking”, presentato in inglese (disponibile anche in spagnolo, su richiesta, almeno fino a quando le nuove direttive di Trump, finalizzate a eliminare lo spagnolo dai documenti ufficiali, non saranno pienamente recepite, marginalizzando ulteriormente i Latinos).

Dopo le tre lezioni e a distanza di 12 settimane, la differenza è emersa in tutta la sua chiarezza: chi aveva seguito il corso in spagnolo aveva avuto una diminuzione del numero di giorni con binge drinking del 18,5%, mentre chi aveva solo letto il libretto si era fermato al 10,3%. Dopo 26 settimane, e quindi sei mesi, la differenza si era ulteriormente amplificata, perché i valori erano uno quasi il doppio dell’altro, e cioè il 21,7 e il 12,9%, rispettivamente. Inoltre, anche il numero di drink alcolici consumati in media nella settimana era diminuito maggiormente tra i partecipanti agli incontri in spagnolo.

Un modello da imitare

Oltre alla maggiore comprensione dei pericoli e in generale dei messaggi relativi al comportamento da correggere, l’approccio che tiene conto della comunità serve anche a stabilire contatti e connessioni che possono diventare duraturi, e rappresentare un punto di riferimento importante per l’immigrato, spesso l’unico. Ciò significa che iniziative di questo tipo si possono anche utilizzare avendo questa finalità, e cioè costituire una sorta di cavallo di Troia grazie al quale entrare in contatto con le persone più ai margini, sovente poco scolarizzate, per stabilire una relazione stabile, e migliorare l’integrazione loro e della loro comunità. Inoltre, probabilmente avrebbero lo stesso successo se applicate al consumo di cibo spazzatura, o a quello di bevande gassate e dolci, che negli Stati Uniti e in tutta l’America (e non solo) sono particolarmente forti proprio tra gli ispanici.

Ciò spiega perché alcune malattie come l’obesità e il diabete di tipo 2 siano particolarmente presenti, e come lo stigma e l’inaccessibilità a cure adeguate costituiscano uno degli elementi di marginalizzazione e discriminazione di questi cittadini.

Per tale motivo, raggiungerli prima e in modo più efficace significa anche contribuire a combattere le disuguaglianze, negli USA e altrove.

© Riproduzione riservata. Foto: AdobeStock

 

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