Le persone che soffrono di colon irritabile (IBS) spesso evitano il glutine, convinte che sia una delle sostanze che può maggiormente scatenare o aggravare i sintomi. In realtà, quasi sempre si tratta del cosiddetto effetto nocebo, l’opposto dell’effetto placebo, ossia del fatto che i sintomi sono causati direttamente dalla convinzione che vi siano, anche se non ci sono motivi biologici affinché si determinino.
L’IBS, che colpisce percentuali di popolazione stimate attorno al 10%, è di per sé una sindrome sfuggente: non ci sono quasi mai riscontri agli esami strumentali. Eppure i pazienti lamentano dolori, gonfiori, stitichezza o diarrea frequenti, che compromettono a volte gravemente la qualità di vita. Nel tentativo di stare meglio, molti arrivano spontaneamente a diete di esclusione, cioè a evitare alimenti specifici nella convinzione che la causa delle loro difficoltà risieda proprio in quei cibi. E, su tutti, il glutine è quello considerato con maggiore sospetto, a causa dello stigma che da diversi anni lo circonda e, manco a dirlo, della diffusione di moltissime fake news del tutto immotivate attraverso i social.
In questo contesto, i ricercatori della McMaster University dell’Ontario, in Canada, hanno condotto un test che ha confermato quanto sia potente la forza delle convinzioni dei pazienti, e quanto sia importante tenerle in considerazione.
Lo studio su glutine e colon irritabile
Come illustrato su Lancet Gastroenterology & Hepatology, da un campione iniziale di un centinaio di persone, ne hanno selezionate una trentina, tutte con diagnosi di colon irritabile e tutte convinte di aver tratto giovamento dall’eliminazione spontanea del glutine dalla dieta.

Dopo una preparazione di tre settimane con una dieta effettivamente senza glutine, tutti sono stati invitati a consumare barrette uguali nell’aspetto, nell’aroma e nel sapore, ma realizzate con farina di frumento integrale, glutine, oppure una farina senza glutine né grano, per tre periodi di sette giorni, intervallati da una pausa di 14 giorni, in ordine casuale e senza mai sapere che cosa stavano mangiando. Quindi, i ricercatori hanno misurato la gravità dei sintomi dell’IBS in tutti i partecipanti secondo una scala riconosciuta a livello internazionale, ed è emerso così l’effetto nocebo.
Non è infatti stato possibile evidenziare alcuna differenza nei diversi gruppi e neppure nelle sequenze: tutti hanno avuto lo stesso andamento della malattia, e nessuno ha avuto conseguenze gravi dall’assunzione di glutine o grano. Inoltre, attraverso l’analisi delle feci, si è visto che solo un terzo dei partecipanti ha seguito alla lettera le istruzioni: gli altri non hanno mangiato tutte le barrette previste, probabilmente per evitare glutine e grano.
È poi emersa una relazione tra ciò che la persona si aspettava sarebbe successo e ciò che è realmente accaduto, e solo in pochissimi casi è stato possibile attribuire al glutine o al grano un sintomo o un peggioramento. Tra l’altro, alla fine dello studio, e nei sei mesi successivi, nonostante le spiegazioni fornite, quasi nessuno dei volontari ha modificato le proprie abitudini, reintroducendo il glutine o il grano: lo stigma e la paura verso entrambi sono risultati assai radicati.
I commenti
Secondo gli autori, alcuni pazienti possono avere bisogno di un supporto psicologico, oltre alle normali cure mediche, perché l’esclusione di alimenti specifici può portare a disturbi del comportamento alimentare come l’ortoressia (cioè l’ossessione di assumere solo alimenti sui quali non vi siano dubbi di alcun genere) o all’anoressia: in base ad alcune stime, accade in un caso su tre.

Al contrario, talvolta, e sempre sotto controllo medico-psicologico, lasciare che la persona eviti certi alimenti potrebbe essere una strategia vincente anche in assenza di intolleranze o allergie accertate, per aiutare chi soffre di IBS ad avere una dieta controllata. Non ci sono regole rigide e valide per tutti.
Peraltro, l’azione sulla psiche porta a riscontri tangibili. In uno studio recente, condotto dai ricercatori dell’Università di Harvard, l’integrazione psicologica con cinque sedute di terapia cognitivo-comportamentale ha aiutato 25 pazienti con colon irritabile ad avere un miglioramento dei sintomi, e lo stesso si è visto in un altro studio canadese, dell’Università di Calgary, nel quale sono stati utilizzati la meditazione e lo yoga su una settantina di persone.
In definitiva, l’IBS è una condizione complessa, per contrastare la quale non esiste un approccio valido per tutti. Probabilmente la strategia migliore è quella personalizzata, che preveda anche un supporto psicologico. Il glutine, da parte sua, continua a essere oggetto di timori infondati, e a essere considerato responsabile di disturbi per i quali non ha alcun ruolo dimostrabile.
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Giornalista scientifica



atteso che il problema si pone sotto la lente per esaminarne l’aspetto psicologico, come affermato nell’articolo, ciò che vorrei “insinuare” è che, forse, sulla scorta di numerose letture, anche uno studio sulla flora batterica presente nel cavo enterico potrebbe essere oggetto di interesse per cercare o facilitare una soluzione. non vi pare?
Per fortuna che ci sono studi e persone qualificate come Voi che mettono a disposizione di tutti questi risultati!!! Grazie veramente
L’autoconvincimenti è fortissimo, per tutti. Difficile sradicarlo, forse con l’aiuto di uno psicologo
Grazie, davvero!!!!