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Di tutti i sistemi adottati nei diversi paesi per segnalare la qualità di un alimento, il Nutri-Score è probabilmente quello più efficace, nell’aiutare i consumatori a fare scelte consapevoli. Pur non essendo esente da limiti, infatti, le decine di studi cui è stato sottoposto ne hanno confermato l’efficacia rispetto agli obbiettivi prefissati, da diversi punti di vista. Lo conferma ora una revisione sistematica di 72 studi effettuata dai ricercatori dell’università di Parma e pubblicata su Food Reviews International.
Nutri-Score e ricerche
Il Nutri-Score, com’è noto, è una classificazione che attribuisce una lettera e un colore su una scala di cinque unità, con lettere che vanno da A a E, e colori che virano dal verde, per i prodotti migliori, al rosso per quelli peggiori. Introdotta dal nutrizionista francese Serge Hecberg nel 2013, l’etichetta è stata adotta da alcuni paesi, ed è stata oggetto di decine di studi condotti sia in contesti di laboratorio, e quindi realistici, ma non reali, sia in setting quali supermercati e negozi, verificandone gli effetti prima e dopo l’apposizione sugli alimenti. I risultati sono stati praticamente sempre positivi, pur con le limitazioni del caso.
Ora i ricercatori di Parma guidati da Giulia Andreani hanno voluto confermare tutto ciò, studiando la risposta dei consumatori relativa alla comprensione, alla predisposizione e al comportamento, e cioè controllare quanto l’etichetta fosse capita, se influenzasse o meno l’opinione sui prodotti sui quali era presente, e se modificasse o meno le scelte di acquisto. Inoltre, hanno confrontato quanto emerso sugli stessi parametri con sistemi diversi, adottati da alcuni paesi o da singole aziende, come la Nutrinform Battery italiana o le GDA (da Guideline Daily Amounts).
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A tal fine hanno selezionato 72 studi condotti in Europa e in paesi extra europei tra il 2010 e il 2025, che avevano coinvolto campioni molto diversi, variabili dalle circa 500 alle 10.000 persone. I prodotti analizzati erano in larga misura cereali, pizza e yogurt, con una minore presenza di carni, latticini e altro, e questo potrebbe aver in qualche modo reso meno generalizzabili gli esiti.
I risultati
Per quanto riguarda l’aspetto relativo alla comprensione, il Nutri-Score è stato promosso a pieni voti: quando è presente, le persone, nella maggior parte dei casi, lo capiscono meglio rispetto ad altre segnalazioni. Questo è particolarmente importante per chi è più esposto al cibo di qualità nutrizionale inferiore e a basso prezzo, e ha un livello di scolarizzazione basso. Lo si vede appunto confrontando quanto accade per tre tipi di cibi: la pizza, i cerali da colazione e i dolci.
“Anche l’atteggiamento è positivo, e migliora parallelamente alla familiarità” sottolinea Andreani. “Quando i consumatori sono abituati a vedere il Nutri-Score, lo riconoscono e tendono a fidarsi, perché ritengono di avere più informazioni su ciò che stanno acquistando. L’effetto aumenta se, soprattutto all’inizio, sono realizzate anche campagne di informazione, che aiutano i clienti a conoscere il significato esatto di lettere e colori”. I dati lo confermano: per esempio, in Francia, dopo l’introduzione del Nutri-Score, il 90% dei consumatori si dice favorevole e l’87,5% pensa che dovrebbe essere obbligatorio.
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Il terzo parametro, relativo alle modifiche dei comportamenti, è anch’esso senza dubbio positivo: i risultati dimostrano che i prodotti classificati con una A hanno una probabilità superiore del 30% di essere acquistati se, appunto, recano un Nutri-Score che li identifichi.
Rilevante, poi, l’aspetto relativo alle riformulazioni: l’obbiettivo di ottenere una valutazione positiva spinge le aziende a fare ciò che, nonostante anni di impegni, prima non avevano fatto se non marginalmente: rivedere le ricette, migliorandole. Sempre in Francia, secondo altri studi, la concentrazione di zucchero e sale nei prodotti riformulati è scesa del 15%.
L’interpretazione
“Non bisogna considerare il Nutri-Score come un parametro assoluto, specie negli estremi” spiega ancora Andreani. “Piuttosto, è un indicatore di utilizzo, che aiuta a tenere presenti quantità e frequenza con la quale si dovrebbe consumare un certo prodotto. Così, se un alimento ottiene una E ed è rosso, non deve essere necessariamente escluso, ma è importante limitarne il consumo”.
Questo dipende dal fatto che il Nutri-Score si elabora in base a una serie di calcoli che dipendono dagli aspetti nutrizionali, costantemente aggiornati. Talvolta ciò comporta una semplificazione che può sembrare eccessiva – e su questo si basano molte polemiche strumentali – ma che dipende anche dal fatto che l’indicatore non valuta il livello di processamento. “Nessun metodo sarà mai perfetto” conclude Andreani “ma la nostra ricerca ha comunque mostrato risultati promettenti ed effetti positivi del Nutri-Score sui comportamenti di acquisto dei consumatori, e sulla loro capacità di confrontare alimenti cin caratteristiche nutrizionali differenti”.
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Giornalista scientifica