Piatto con bandiera italiana, circondato da prodotti tipici: ciotola di olive, pomodori, pane, olio extravergine di oliva, basilico, grissini, salame e ciotola di mozzarelline; concept: origine, cibo italiano, made in Italy

Le confezioni degli alimenti sono sempre più fitte di informazioni e dichiarazioni di ogni tipo, a volte piuttosto confuse, tanto che recentemente la Corte dei conti europea ha pubblicato un documento dal titolo “Etichettatura degli alimenti nell’UE. I consumatori possono perdersi nel labirinto delle etichette”. È importante che queste informazioni siano chiare e veritiere, perché leggendo questi claim ognuno di noi decide che cosa acquistare. Quali sono allora gli alimenti di maggiore successo? Da 10 anni, l’Osservatorio Immagino tenta di rispondere a questa domanda incrociando le informazioni riportate sulle confezioni dei prodotti – alimentari, cura casa e cura persona – con i dati di vendita, ricavati dalle scansioni dei codici a barre che passano alle casse. Per l’ultima edizione (dicembre 2024), che utilizza i dati relativi al periodo che va da giugno 2023 a giugno 2024, sono stati analizzati oltre 138 mila prodotti, di cui 94.600 appartenenti al settore food.

I claim sull’italianità

I claim che compaiono sul maggior numero di prodotti (quasi 28 prodotti su 100) sono quelli legati all’italianità: la bandiera italiana, le scritte “100% italiano”, “made in Italy” oppure i marchi DOP, IGP ecc. Il fatturato generato da questi prodotti, pari a oltre 11 milioni di euro, aumenta del 2% rispetto all’anno precedente, ma i volumi calano del 2%. Questo purtroppo è un andamento generalizzato: la spesa aumenta ma i volumi calano, a causa dell’inflazione che ha determinato un aumento dei prezzi particolarmente importante nel 2023. La situazione è migliorata nel 2024, ma il peso dell’inflazione si riflette sui dati considerati.

Donna osserva un vasetto di passata di pomodoro o salsa nella corsia di un supermercato; concept: made in Italy, origine
I claim che compaiono sul maggior numero di prodotti sono quelli legati all’italianità

I prodotti “senza”…

Al secondo posto per numero di presenze (quasi 17 prodotti su 100), troviamo le dichiarazioni relative all’assenza o al ridotto contenuto di qualche sostanza: senza conservanti, pochi grassi, senza zuccheri aggiunti ecc. Questi prodotti hanno generato un fatturato di oltre 8 miliardi, in crescita del 3% sull’anno precedente, mentre i volumi sono in lieve calo (-0,9%). Nell’ambito della categoria, i claim che sono più presenti, e generano il fatturato maggiore sono “senza conservanti” e “pochi grassi”.

Le migliori performance sono state però quelle dei prodotti “con pochi zuccheri”, “senza zuccheri aggiunti” e “senza grassi idrogenati” che mostrano una crescita del 10% circa in valore e, ancora più importante, del 4-5% in volume. L’attenzione alla riduzione degli zuccheri era già in atto l’anno precedente, pare quindi un trend consolidato, un’apprezzabile tendenza salutistica che può indurre le aziende produttrici a modificare le formulazioni dei prodotti per andare incontro alla richiesta dei consumatori. Hanno un peso limitato ma mostrano una crescita interessante dichiarazioni come “senza glifosato” e “senza residui”.

…e i prodotti arricchiti

Dichiarazioni relative alla presenza o alla “ricchezza” in qualche ingrediente o sostanza nutritiva – “con vitamine”, “integrale”, “ricco di fibre”, “ricco di proteine” – sono presenti in quasi 13 prodotti su 100. Nel complesso il fatturato della categoria registra un +3,4% mentre i volumi calano di 1,3 punti percentuali. Il claim più rilevante, per numero di presenze e fatturato generato è “proteine”, seguito da “fibre”: entrambi vedono volumi di vendite stabili, mentre il valore cresce del 5% circa. La passione mostrata per gli alimenti proteici, che negli anni scorsi ha generato una forte crescita, è ancora importante, ma ora pare stabilizzata.

Confezioni di pane senza glutine in un espositore con la scritta gluten free
Si ridimensiona anche l’interesse per gli alimenti correlati al mondo delle intolleranze alimentari, come quelli “senza glutine”

Claim legati a intolleranze

Si ridimensiona anche l’interesse per gli alimenti correlati al mondo delle intolleranze alimentari, come quelli “senza glutine”, “senza lattosio” o “senza uova”. La dichiarazione “senza glutine”, sotto forma di claim o di logo (spiga barrata), è presente sul 12% degli alimenti, una quota che li rende i più importanti dal punto di vista del fatturato. Questi negli anni scorsi hanno suscitato grande interesse anche fra chi, pur non essendo intollerante al glutine, preferiva eliminarlo dalla propria dieta, o ridurlo. Un interesse che ha portato alla comparsa di un numero sempre maggiore di prodotti senza glutine e alla moltiplicazione dei relativi claim, anche su alimenti che sono normalmente privi di glutine, come per esempio le patatine.

Ora, fermo restando che per le persone intolleranti questi alimenti sono preziosi, per gli altri, in generale, non sono più salutari né più digeribili, anzi a volte la formulazione di tali prodotti prevede un maggior numero di additivi rispetto agli analoghi ‘normali’. Evidentemente chi fa la spesa sta cominciando a comprendere questo aspetto; infatti, gli alimenti più specifici, destinanti agli intolleranti, continuano a crescere, mentre cala l’interesse per prodotti marginali, come carni o salumi senza glutine. Un’altra sostanza che tante persone devono evitare è il lattosio: i prodotti “senza lattosio”, a fronte di volumi stabili, crescono a valore del 5,5%.

Stili di vita

Ci sono poi claim che riguardano lo stile di vita, per esempio “vegano”, “veg”, “bio” o “halal”. Quasi 14 prodotti su 100 riportano una di queste scritte; il fatturato nel complesso cresce del 3,8% ma, anche qui, i volumi calano leggermente. Il marchio “bio”, che non è una semplice dichiarazione ma fa riferimento a una specifica normativa, è il più presente della categoria e compare sull’8,4% dei prodotti, ma quello che genera più fatturato è il claim “veg”. I volumi di vendita aumentano solo per i prodotti che si dichiarano “vegani” e “halal”, questi ultimi però hanno un peso minimo.

Nutella vegana Ferrero
Tra i claim legati agli stili di vita, i volumi di vendita aumentano solo per i prodotti che si dichiarano “vegani” e “halal”

Per quanto riguarda le dichiarazioni relative alla presenza di ingredienti ‘speciali’ o benefici, come mandorle, mirtilli, quinoa o avocado, crescono i volumi di vendita di prodotti contenenti anacardi, noci, mango e avocado – che consolida un trend positivo – mentre calano bacche di Goji, Kamut, canapa e curcuma.

Claim relativi alla sostenibilità

Meriterebbero un discorso a parte le dichiarazioni relative alla sostenibilità, riguardanti oltre 84 prodotti su 100. Buona parte di queste sono indicazioni pratiche relative alla raccolta differenziata, in molti casi obbligatorie, oppure consigli per la conservazione del prodotto. Seguono dichiarazioni sulle caratteristiche ambientali, come la riciclabilità o compostabilità della confezione, la presenza ridotta di plastica, la formulazione degli ingredienti oppure dichiarazioni relative a disciplinari di filiera. Claim generici come “sostenibile”, “green” o “ecologico” si trovano sul 7% dei prodotti analizzati. Nel complesso pare un settore molto confuso, in cui non è facile comprendere il peso e il senso delle diverse dichiarazioni, che richiede un attento riordino normativo.

© Riproduzione riservata Foto: AdobeStock, Ferrero

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