Il salmone affumicato, quello affettato sottile, che si mangia sulle tartine, è spesso presente sulla tavola delle feste, e non solo. Da qualche tempo si stanno diffondendo nuove tipologie di prodotto, come la tartare, il crudo al naturale per sushi o i tranci marinati, ma quello affumicato rimane il più apprezzato.
È un prodotto che non conosce crisi, nonostante siano periodicamente segnalate condizioni critiche in allevamenti di questi pesci (per esempio per il salmone scozzese biologico). I marchi e le tipologie sono numerosi in tutti i supermercati e non è facile districarsi in questa giungla, considerando anche che non sono prodotti economici. Con una rapida carrellata di ciò che si trova sulle piattaforme di vendita dei principali supermercati, abbiamo visto un prezzo medio di 60 €/kg per le confezioni da 100-150 g, con una forbice che va 26,5 €/kg a circa 80 €/kg. Proviamo a fare un po’ di chiarezza, considerando pro e contro di ciò che si trova nei supermercati.
Salmone affumicato, allevato o selvaggio?
Una prima distinzione riguarda la provenienza del pesce che può essere selvaggio oppure allevato. Il salmone selvaggio appartiene a diverse specie del genere Oncorhyncus e viene pescato di solito nell’Oceano Pacifico (in Alaska), mentre il salmone da allevamento appartiene al genere e alla specie Salmo salar e viene allevato in diverse parti del mondo, soprattutto in Scozia, Norvegia e Islanda.
Il salmone selvaggio si presenta con diverse gradazioni di rosso e rosato normalmente più cariche rispetto al salmone allevato e ha un sapore più spiccato e meno ‘cremoso’ di quest’ultimo perché, dato che proviene da animali che hanno avuto una vita più dinamica e hanno una carne più soda è meno ricco di grassi. Inoltre, ha un rapporto fra acidi grassi essenziali omega-3 e omega-6 più apprezzabile di quello allevato; quindi, dal punto dal punto di vista nutrizionale sarebbe preferibile.
Il parere di Valentina Tepedino
La grande maggioranza delle confezioni che troviamo in commercio contiene fettine ricavate da animali allevati, ma i prodotti non sono equivalenti e, come abbiamo visto, nemmeno i prezzi. Ne parliamo con Valentina Tepedino, veterinaria e direttrice di Eurofishmarket.
“Il primo aspetto da sottolineare è la differenza fra salmone allevato e selvaggio – dice Tepedino – non tanto per la qualità ma perché si tratta a tutti gli effetti di specie ittiche differenti. Il salmone selvaggio affumicato è considerato in generale più pregiato e dunque più costoso di quello allevato, il pregio dipende in particolare dalla specie del genere Oncorhynchus. Arrivano per la maggior parte congelati dall’Alaska o dal Canada per questioni di logistica e comunque, per legge, vengono bonificati ossia congelati, prima di essere affumicati a freddo per prevenire il rischio relativo al parassita Anisakis.”
“Considerando invece il salmone allevato, – prosegue Tepedino – si tratta sempre di Salmo salar e gli aspetti che incidono sul prezzo al consumo sono il luogo di origine, il sistema produttivo (certificazioni, ecc.), il Paese in cui è stato affumicato. La Norvegia è da anni all’avanguardia per quanto riguarda la normativa sull’allevamento e buona parte del salmone in commercio proviene proprio da questo Paese. Noi italiani siamo grandi consumatori di salmone e l’Italia è il terzo mercato di consumo di salmone norvegese, a livello mondiale. Nel 2023 ne abbiamo importate direttamente dalla Norvegia 66mila tonnellate ed altri circa 30mila da altri Paesi come Polonia, Danimarca e Paesi Bassi (Dati NSC).”
Salmone affumicato in Italia
“In Italia sono presenti diverse aziende che si occupano della lavorazione e affumicatura del salmone. – Continua l’esperta – Provenire da uno dei nostri stabilimenti rappresenta, nel nostro mercato, un valore aggiunto, mentre sono considerati meno ‘pregiati’, senza essere per forza di qualità inferiore, i prodotti lavorati in Polonia o Lituania, Paesi che vengono scelti essenzialmente per il costo di produzione più basso.”
Affumicatura e salatura
Fasi fondamentali della lavorazione sono l’affumicatura e la salatura. L’affumicatura può essere realizzata a caldo oppure a freddo. Nel primo caso il pesce raggiunge la temperatura di 60-70°C e si può considerare un prodotto cotto. Con l’affumicatura a freddo invece, che è la più diffusa, la temperatura si ferma a circa 30°C e il prodotto deve essere considerato crudo, con tutte le potenziali criticità di quest’ultimo.
L’affumicatura nella maggior parte dei casi viene effettuata in modo tradizionale sottoponendo il pesce a fumo di legna, in alternativa si può impiegare ‘fumo liquido’, una miscela aromatica che viene iniettata nelle carni. Il secondo sistema permette di accelerare i tempi e ridurre i prezzi, è considerato meno pregiato e deve essere indicato in etichetta l’utilizzo di fumo liquido o aroma di fumo. Donne in gravidanza, persone fragili e anziani non dovrebbero consumare il salmone affumicato a freddo perché più a rischio in caso di contaminazione da Listeria (ne abbiamo parlato in questo articolo su salmone affumicato e listeriosi).
La salatura può essere fatta a secco, cospargendo i filetti di sale e lasciandoli stagionare, oppure iniettando nel pesce una salamoia, metodo più rapido, che fra l’altro permette al prodotto di acquistare un po’ di peso. La salatura ‘a secco’ è ritenuta più pregiata della salamoia così come l’affumicatura tradizionale è ritenuta più pregiata rispetto a quella con fumo liquido.
“Generalmente, quando si utilizzano i metodi tradizionali, quindi salatura a secco e affumicatura naturale, questo è indicato sulla confezione. – Fa notare Tepedino – Non è obbligatorio farlo, però è poco probabile che una ditta utilizzi un metodo di lavorazione più costoso e pregiato e non lo segnali.”
Salmone affumicato a fresco
Un altro aspetto valutato positivamente dal mercato, che quindi fa lievitare i prezzi al consumo, è il fatto che il salmone sia affumicato a fresco, senza essere congelato. Come abbiamo visto, la normativa europea prevede che tutti i prodotti ittici destinati a essere consumati crudi debbano essere abbattuti. Questo è obbligatorio a meno che un impianto di allevamento non dimostri che le proprie procedure escludono completamente il rischio del parassita Anisakis. Gli allevamenti che possono avere tale deroga attualmente sono quelli norvegesi se producono una attestazione utile a questo scopo; quindi, attualmente, solo il salmone norvegese potrebbe essere affumicato da fresco, senza essere prima abbattuto. Come possiamo sapere se un salmone è stato o meno congelato?
“Se viene congelato prima di essere affumicato, a scopo di bonifica, non vi è l’obbligo di indicarlo in etichetta – specifica Tepedino – è diverso invece se viene congelato dopo essere stato affumicato, per formare scorte in vista, ad esempio, dei momenti di maggiore richiesta. In quest’ultimo caso va commercializzato come decongelato ben indicando lo stato fisico in etichetta.”
Salmone a fetta lunga
Sul prezzo incide anche la forma delle fette: il prodotto a ‘fetta lunga’ è più pregiato, mentre in commercio si trovano anche ‘ritagli’, utili per preparare una mousse o condire la pasta. Le fette inoltre sono più pregiate quando correttamente rifilate, prive di parti scure.
Per quanto riguarda la conservazione, ricordiamo che si tratta di un prodotto delicato, bisogna rispettare la catena del freddo in modo rigoroso, non andare oltre la data di scadenza e, una volta aperta la confezione, consumarlo entro 24 ore.
Riassumendo, dobbiamo valutare se il prodotto è selvaggio o allevato, il luogo di origine e dove è stato affumicato, il metodo di salatura e affumicatura, forma e colore delle fette. Dopo tutte queste considerazioni, possiamo mettere in tavola il nostro salmone e assaggiarlo.
Confronto tra marchi di salmone affumicato
Abbiamo confrontato alcuni prodotti visti sui siti delle principali catene di supermercati (vedi tabella). Tutte queste propongono diversi tipi di salmone con il proprio marchio (di solito uno scozzese e uno norvegese) oltre a qualche prodotto premium. Abbiamo visto prodotti più economici della media, come i ritagli a marchio Riunione (32 €/kg), il salmone Gastronomia di Mare (38 €/kg) e il salmone Smart (26,5 €/kg). Si trovano anche buste di salmone certificato bio, e queste sono le più costose (anche perché di peso inferiore ai 100 g), insieme al salmone selvaggio e ai prodotti a fetta lunga, che si avvicinano a 80 €/kg.
Ingredienti ed etichette
Gli ingredienti sono solamente salmone e sale, tranne che nel prodotto a marchio Gastronomia di Mare (Lidl) in cui è presente lattato di sodio come correttore di acidità. Dal punto di vista nutrizionale, la percentuale di grassi varia dal 9 al 14% per il salmone allevato, mentre si ferma sotto al 3% per quello selvaggio. Il sale, che in questi prodotti è un fattore critico, rimane di solito intorno al 3%, fanno eccezione il salmone Smart, con il 4,5% e il prodotto a marchio Food From The World con l’1,3%.
Le etichette riportano sempre il luogo di allevamento o di pesca del salmone, mentre a volte mostrano una certa ambiguità sul luogo di produzione. Si può leggere, per esempio, che il salmone è lavorato in Scozia ma ‘prodotto’ in Italia. In questo caso, probabilmente, il pesce viene lavorato all’estero e confezionato in Italia. Altre volte il pesce è lavorato e confezionato all’estero, per esempio in Polonia per i prodotti a marchio Coop. In molti prodotti sono indicate la salatura a secco e la legna usata per l’affumicatura, quando non è specificato si presume che siano utilizzati metodi più rapidi ed economici. In ogni caso, non abbiamo mai visto indicato l’uso di aroma di fumo.
Un’alternativa al salmone affumicato
“Un’ultima considerazione o meglio un invito – aggiunge Tepedino – a chi ama il salmone sia fresco che affumicato ad assaggiare anche la trota iridea di cui l’Italia è il primo produttore europeo. Questo pesce ha caratteristiche simili al salmone e viene allevato, in modo rigoroso, nelle acque dolci limpide e correnti di diverse regioni d’Italia. È commercializzata prevalentemente intera ma comincia a trovarsi anche in filetti, fresca e affumicata.”
Prezzo rilevato a metà dicembre 2024, sulle principali piattaforme di vendita online.
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Giornalista pubblicista, laureata in Scienze biologiche e in Scienze naturali. Dopo la laurea, ha collaborato per alcuni anni con l’Università di Bologna e con il CNR, per ricerche nell’ambito dell’ecologia marina. Dal 1990 al 2017 si è occupata della stesura di testi parascolastici di argomento chimico-biologico per Alpha Test. Ha collaborato per diversi anni con il Corriere della Sera. Dal 2016 collabora con Il Fatto Alimentare. Da sempre interessata ai temi legati ad ambiente e sostenibilità, da alcuni anni si occupa in particolare di alimentazione: dalle etichette alle filiere produttive, agli aspetti nutrizionali.