“Greenwashing inaccettabile”. Trenta associazioni ambientaliste britanniche definiscono così la certificazione biologica del salmone scozzese. In una lettera aperta, le organizzazioni criticano aspramente la Soil Association, ente che certifica i prodotti biologici nel Regno Unito, accusandola di ingannare i consumatori sulle reali condizioni di allevamento del salmone e della trota in Scozia. Lo riporta un articolo del quotidiano The Guardian.
Le criticità del salmone scozzese bio
Già a dicembre, erano state lanciate accuse contro l’allevamento di salmoni scozzesi. Chris Packam, presidente della Royal Society for the Prevention of Cruelty to Animals (RSPCA), aveva affermato che l’acquacoltura in Scozia era “catastrofica” per il benessere dei pesci e l’ambiente. Dati ufficiali, inoltre, avevano suggerito che la mortalità dei salmoni d’allevamento aveva raggiunto livelli record nel 2023.
Gli allevamenti certificati come biologici dalla Soil Association, devono ridurre al minimo l’impatto sull’ambiente acquatico e mantenere una densità di popolazione inferiore ad altri standard del settore. Tuttavia, secondo Rachel Mulrenan, direttrice scozzese di WildFish, una delle associazioni che hanno firmato la lettera aperta: “Il cosiddetto salmone scozzese ‘biologico’ è una definizione sbagliata. I pesci sono allevati allo stesso modo di tutti i salmoni allevati in Scozia – in gabbie a rete aperta, dove tutti i rifiuti dell’allevamento, inclusi feci e mangime non consumato, fluiscono direttamente nei loch e nelle insenature”
L’acquacoltura intensiva del salmone è soggetto a infestazioni da parassiti, come i pidocchi di mare, e altre malattie. In caso di fughe, com’è accaduto in Islanda nell’agosto 2023, gli esemplari allevati possono minacciare le popolazioni selvatiche, non solo con le malattie e i parassiti di cui possono essere portatori, ma inquinandone il pool genetico.
Il rapporto di WildFish
Un rapporto pubblicato da WildFish nel settembre 2023, inoltre, afferma che un allevamento di salmoni certificato come biologico dalla Soil Association ha effettuato diversi trattamenti con l’antiparassitario deltametrina, altamente tossico per le specie marine. Secondo le associazioni che hanno firmato la lettera aperta, la Soil Association intende continuare a consentire l’uso di sostanze tossiche come la deltametrina e non sembra essere preoccupata dagli alti tassi di mortalità del settore, “indicativi di un’industria insostenibile”.
Le rassicurazioni dell’ente certificatore non sembrano convincere associazioni e società. Più di 160 chef e ristoranti, oltre a 50 gruppi comunitari, enti di beneficenza e ONG si sono uniti alla campagna Off the table di WildFish per rimuovere il salmone d’allevamento dai loro menu.
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Giornalista professionista, redattrice de Il Fatto Alimentare. Biologa, con un master in Alimentazione e dietetica applicata. Scrive principalmente di alimentazione, etichette, sostenibilità e sicurezza alimentare. Gestisce i richiami alimentari e il ‘servizio alert’.
Queste notizie sono sconfortanti. C’è da dire che gli enti di certificazione bio del Regno Unito applicano regole e controlli interni, mentre nella UE vige un nuovo regolamento 2018/848 sulla produzione biologica molto rigoroso, così come le norme del regolamento 2017/625 sui controlli. Le regole ci sono, almeno in UE, poi bisogna applicarle e fare controlli seriamente.
Questo dimostra (per l’ennesima volta) che non per forza il Bio si dimostra essere migliore dei prodotti non bio. Ciò vale in generale e a prescindere che ci sono sicuramente produttori di prodotti biologici che la qualità la fanno per davvero e la osservano.
Però la citazione del Guardian… è un giornale poco obiettivo che fa le pulci a tutti su benessere animale e allevamenti, finanziato da lobby contrapposte.